Crisi climatica: le emissioni dei super ricchi minacciano il pianeta
Un individuo appartenente allo 0,1% più ricco del pianeta emette in un solo
giorno più CO2 di quanto il 50% più povero della popolazione mondiale ne produce
in un anno. Dal 1990, la quota di emissioni dei super ricchi è cresciuta del
32%, mentre quella della metà più povera si è ridotta del 3%. Se tutti vivessimo
come lo 0,1% più ricco, il “bilancio di carbonio” globale si esaurirebbe in meno
di tre settimane, portando il pianeta verso il disastro climatico.
E’ quanto si legge nell’ultimo report di OXFAM pubblicato in vista della
Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 2025 (Cop30) che si
terrà dal 10 al 21 novembre a Belem, in Brasile. I super ricchi emettono una
quantità enorme di CO2 a causa del loro stile di vita, ad esempio con l’uso di
jet e yacht privati; ma non è solo il loro stile di vita a pesare. Essi,
infatti, investono anche in attività economiche tra le più inquinanti e ne
traggono profitto. Il 60% degli investimenti dei miliardari globali è
concentrato in settori devastanti per il clima, come petrolio e miniere. Le
emissioni prodotte dagli investimenti di soli 308 miliardari superano quelle di
118 Paesi messi insieme. Il report rileva infatti come in media attraverso i
propri investimenti un miliardario sia responsabile dell’emissione di 1,9
milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Una quota di emissioni paragonabile a
quella prodotta da un jet privato che facesse 10 mila volte il giro del pianeta.
Stiamo parlando di un’élite che esercita una forte influenza sui negoziati
internazionali sul clima, spesso ostacolando le politiche di transizione
ecologica.
Alla Cop29 di Baku, ad esempio, risultavano accreditati ben 1.773 lobbisti delle
industrie del carbone, del petrolio e del gas, più di quanti fossero i delegati
dei 10 Paesi più colpiti al mondo dalla crisi climatica. “Bastano alcuni dati,
sottolinea OXFAM, per rendere evidente la deriva che stiamo percorrendo: da qui
alla fine del secolo le sole emissioni causate dall’1% più ricco del pianeta
potrebbero causare 1,3 milioni di vittime per l’aumento delle temperature e
anche un danno economico per oltre 44 trilioni di dollari nei Paesi a basso e
medio reddito entro il 2050”. L’impatto della crisi climatica, inoltre, è sempre
più forte sulle donne sia nei Paesi ricchi che, soprattutto, in quelli del Sud
globale: oggi nel mondo 4 migranti climatici su 5 sono donne, che hanno in media
una probabilità 14 volte più alta di restare vittime di disastri naturali
rispetto agli uomini; anche nelle città europee ondate di calore sempre più
forti e frequenti producono un maggior numero di decessi tra le donne.
Per questo, in occasione della Cop30, OXFAM ha lanciato la campagna di
sensibilizzazione e attivismo “Climate Justice Is Gender Justice” con
l’obiettivo di portare l’attenzione su un tema cruciale come la rilevanza degli
aspetti di genere nel contrasto ai cambiamenti climatici. Un tema poco
considerato nelle politiche di lotta al cambiamento climatico, definite
prevalentemente da uomini: in Europa, ad esempio, meno del 27% dei ministri con
delega all’ambiente sono donne. La campagna coinvolgerà centinaia di giovani con
tante iniziative e attività di sensibilizzazione fino al Climate Pride del 15
novembre a Roma, in occasione della giornata di mobilitazione globale per il
clima che si svolge in simultanea in molti Paesi europei. La Cop30 arriva
esattamente a 10 anni dall’approvazione dell’Accordo di Parigi del 2015. In
questo lasso di tempo, l’1% più ricco del mondo ha consumato più del doppio del
bilancio di carbonio della metà più povera dell’umanità.
OXFAM lancia un appello urgente ai governi per un’azione che porti a:
* ridurre drasticamente le emissioni dei super ricchi e dei maggiori
inquinatori, attraverso una tassazione più marcata dei grandi patrimoni e dei
profitti in eccesso delle società di combustibili fossili, sostenendo in
particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sulla Cooperazione Fiscale
Internazionale
* ridurre l’influenza economica e politica dei super ricchi, vietando alle
società che operano nel settore dei combustibili fossili di partecipare ai
negoziati sul clima come la Cop
* rafforzare la partecipazione dei Paesi del Sud globale e delle comunità più
colpite ai negoziati per il clima, con l’obiettivo di ridurre l’impatto
sempre più disuguale della crisi climatica
* adottare un approccio equo nella gestione del budget climatico residuo –
riflettendo nei piani nazionali le responsabilità storiche e le diverse
capacità di azione dei singoli Stati – e assicurando che i Paesi ricchi
contribuiscano alla lotta al cambiamento climatico con finanziamenti
consistenti, che vengano effettivamente erogati.
Qui il Report:
https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2025/10/Climate-Plunder-EN-Final-Paper.pdf
Giovanni Caprio