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Tornare a ‘bloccare tutto’: assemblea nazionale a Roma, domenica 16 novembre
Mentre in ogni città si vanno organizzando le assemblee operative per decidere come proseguire la mobilitazione contro lo Stato terrorista di Israele e continuano a moltiplicarsi le iniziative di lotta e di boicottaggio per isolare il sionismo e le mille complicità di cui gode anche nel nostro Paese, è ora di realizzare un primo grande momento di confronto tra tutte le realtà che hanno dato vita allo straordinario movimento che si è manifestato attorno alla parola d’ordine “blocchiamo tutto”. Che la tregua voluta da Trump rappresenti una boccata d’ossigeno per una popolazione martoriata da un genocidio, che solo il governo Meloni si ostina a negare, è un dato oggettivo almeno quanto il suo carattere discriminatorio e coloniale nei confronti del popolo palestinese. Non è in discussione, quindi, la necessità di continuare a lottare per la libertà della Palestina e per il pieno riconoscimento di tutti i diritti del popolo a cui quella terra appartiene. Ciò che va discusso, invece, è come continuare la lotta e come dare a questo movimento la capacità di allargare lo sguardo e quindi l’iniziativa a quei temi che le piazze hanno richiamato, primo fra tutti la corsa al riarmo e le sue inevitabili ricadute di natura economica, culturale e repressiva. Lo smascheramento della vera natura di Israele ha messo in evidenza non solo la complicità del governo italiano ma anche perché un intero sistema politico ed economico senta la necessità di continuare a sostenere uno Stato genocida. Gli intrecci economici e militari con Tel Aviv ci raccontano di una relazione funzionale alle scelte di riarmo che sono in corso in tutto l’Occidente e, in particolare, nei paesi dell’Unione Europea. Gli investimenti supermiliardari programmati dalla UE per i prossimi dieci anni costituiscono l’asse fondamentale di una politica bellicista che è destinata a trascinare tutto il continente verso un futuro da incubo. E il sostegno ad Israele è la conferma che questo indirizzo è la linea maestra alla quale ci vogliono piegare. La linea di riarmo ipoteca il nostro futuro e conforma tutto, dall’industria alla scuola, dalla ricerca ai media, dalle libertà ai servizi, alla logica della guerra. Non vogliono solo comprare e costruire nuove armi, vogliono militarizzare e irreggimentare tutta la società. È in atto un processo complessivo di riorganizzazione delle nostre vite, autoritario, soffocante, liberticida. Il movimento che ha realizzato innumerevoli mobilitazioni e due grandi scioperi generali ha dimostrato di possedere una forza gigantesca. E, soprattutto, ha dimostrato di non voler rimanere imbrigliato da quelle forze, salite sul carro all’ultimo minuto, che non hanno mai espresso parole chiare né su Israele né contro le politiche di riarmo. Ora questo movimento, però, deve riuscire ad operare un salto in avanti, facendo esprimere tutta la forza che ha saputo mettere in campo su un terreno molto più ampio di questioni. Tornare a praticare il “blocchiamo tutto” per cominciare a cambiare davvero. Proponiamo di vederci domenica 16 novembre a Roma (Nuovo Cinema L’Aquila, dalle ore 10:00) USB – CALP – Potere al popolo – Ex Opg – Movimento diritto all’abitare Roma – ARCI Roma – Cambiare rotta – CAU – OSA -Movimento migranti e rifugiati Napoli – Donne contro la guerra e genocidio – Casa del popolo Mariella Franco Pavia – Centro sociale Intifada – Ecoresistenze – Ecologia politica Napoli – Casa del popolo Silvia Picci Lecce – Spazio Catai Padova -Casa del popolo Estella Torino – SAC – Casa del popolo Marano, Mugnano, Calvizzano – Contropiano – Rete dei comunisti Le adesioni possono venire comunicate a: assembleablocchiamotutto@gmail.com Unione Sindacale di Base
Un appello dei COBAS a Cgil e sindacati di base: facciamo come il 3 ottobre
Riceviamo e volentieri diffondiamo Per uno sciopero unitario il 28 novembre contro la Finanziaria Nei giorni trascorsi dopo i due milioni di presenze in piazza il 3 ottobre scorso, in occasione dello sciopero nazionale più unitario che mai, abbiamo maturato alcune radicate convinzioni. Il 3 ottobre sono successe cose mai viste prima. La principale è stata – come mai accaduto nei circa quaranta anni dalla nascita del sindacalismo di base – l’indizione comune dello sciopero fatta da Cgil e sindacati di base, con una conferenza stampa comune e con l’invio delle convocazioni altrettanto comune. Nostra convinzione è che quella unità d’azione, che centinaia di migliaia di militanti/attivisti ci chiedevano da anni, abbia costituito il moltiplicatore delle presenze, che in media sono state al di sopra di ogni altra partecipazione a scioperi del passato. Le due ulteriori novità sono state: a) a differenza di quel che succede di solito negli scioperi “tradizionali” (dieci scioperano e uno/a va in piazza), la gran parte degli scioperanti è andata a manifestare; b) si è realizzata un’”eccedenza” di presenze, ben oltre il classico lavoro dipendente sindacalizzato: in generale; nei cortei gli spezzoni “sociali” sono stati anche più numerosi e partecipati di quelli delle strutture sindacali “tradizionali”. Ci pare indubbio che tutto questo si sia realizzato per essere riusciti, per la prima volta in quasi 40 anni, a mettere in campo, unito, tutto il sindacalismo “di sinistra”. La conclusione che ne abbiamo tratto per costruire lo sciopero generale verso la Finanziaria del governo Meloni – che non potrà avere come unico elemento trainante la Palestina o la guerra, ma che dovrà dare grande rilievo anche alle tematiche del lavoro, dei servizi pubblici e sociali, del salario, del precariato, delle pensioni, della scuola, sanità ecc. – è che esso non può retrocedere dall’unità realizzata il 3 ottobre. Ci siamo posti il problema della assoluta necessità di mettere in sinergia il sindacalismo di base, le aree sociali ampiamente mobilitatesi il 3, ma cercando di trovare un soddisfacente punto di incontro (sciopero nello stesso giorno e manifestazioni comuni) anche con la Cgil. Riterremmo dunque assai positivo che anche la Cgil promuovesse lo sciopero generale per il 28 novembre, data quasi obbligata, visti i tempi della Finanziaria e il calendario di scioperi di categoria e settore già proclamati. Qualora la Cgil facesse questa auspicabile scelta, riteniamo che sarebbe altrettanto importante promuovere unitariamente le manifestazioni territoriali per il 28 novembre. Tante aree sociali, movimenti, reti e associazioni, dove operano congiuntamente militanti Cgil, Fiom e dei sindacati di base, parteciperebbero da protagonisti e molto volentieri a manifestazioni unitarie; mentre, se dovessero dividersi tra cortei separati, probabilmente si sentirebbero ben meno motivati ad impegnarsi per la miglior riuscita della giornata. Potremmo concordare una prossima Assemblea nazionale, per ragionare congiuntamente su come costruire al meglio l’unità di sciopero e di piazza; o comunque, trovare luoghi e modi per dialogare al fine di ottenere il miglior risultato possibile nello sciopero contro questa Finanziaria e sugli altri temi internazionali in campo. Esecutivo Nazionale Confederazione COBAS       Redazione Italia