Sullo scolasticidio. Il progetto politico sulla scuola italiana: dal pensiero critico all’obbedienza
Il 16 ottobre 2025, il giorno dopo l’ennesimo femminicidio – quello di Pamela
Genini -, arriva l’emendamento della Lega nel ddl Valditara. Il testo vieta i
progetti di educazione sessuo-affettiva nelle scuole primarie e secondarie di
primo grado e richiede il consenso preventivo dei genitori nelle scuole
secondarie di secondo grado.
In un momento storico in cui il dibattito sull’educazione all’affettività per
contrastare una cultura patriarcale e violenta è centrale, il governo presenta
un disegno di legge completamente scollegato dalle esigenze concrete della
società e della comunità educante.
La preoccupazione e lo sconcerto del personale della scuola alla notizia
confliggono con le dichiarazioni del ministro: le nuove Indicazioni Nazionali
prevedono l’educazione sessuale e affettiva, ma solo da un punto di vista
“biologico”. Chi lavora quotidianamente con bambine e adolescenti sa che la
sessualità non è solo una questione biologica, ma di identità. Un’identità che
non sempre, ci si sente liberi di dichiarare perché scandalizza più una donna
che si dichiara lesbica che un uomo che infligge coltellate sul corpo della
compagna. Chi vive la scuola tutti i giorni sa che l’affettività riguarda
competenze differenti da quelle che si possono acquisire durante l’ora di
scienze leggendo un paragrafo sugli apparati riproduttivi. Educare alla
sessualità e all’affettività significa educare al consenso e al rispetto di
tutte le identità, riconoscere le proprie emozioni, decostruire pregiudizi e
diseguaglianze. Al contrario, eliminarne l’insegnamento significa normalizzare
odio e violenza.
Tuttavia, la legittimazione tacita di una cultura patriarcale e violenta,
favorita anche da una scuola che non prepara all’educazione sessuale e
affettiva, non è da imputare solo a questo governo. È dai primi anni 2000 che
l’OMS chiede l’introduzione della “Comprehensive Sexuality Education” (CSE)
nelle scuole di ogni ordine e grado come parte integrante dei diritti umani,
della salute pubblica e dell’educazione alla cittadinanza responsabile, ma in
Italia non è mai esistito un programma nazionale obbligatorio sull’insegnamento
dell’educazione sessuo-affettiva. Sono previsti dei progetti extracurriculari da
attuare a discrezione delle scuole.
L’Italia rientra infatti insieme a Ungheria, Romania, Bulgaria e Grecia tra i
Paesi europei in cui l’educazione sessuo-affettiva non è obbligatoria ed è
fortemente limitata o del tutto assente. In tutti gli altri paesi europei
l’insegnamento è regolamentato e strutturato; tra gli esempi più avanzati vi è
l’Olanda in cui sono presenti programmi educativi sull’approccio affettivo e
relazionale già a quattro anni.
È invece da imputare a questo governo l’intenzione di costruire uno stato
autoritario a colpi di decreti che si configurano come manifesti politici in cui
i nemici sono chiari. Si è partiti nel 2022, con la legge “anti-rave” che
criminalizza chi si organizza per praticare soluzioni alternative dal basso e
modelli di vita accessibili compensando un welfare inesistente. Si è poi
passati, con la legge “sicurezza”, alla repressione feroce di migranti,
occupanti di case, tutti coloro a cui questo governo ha deciso di negare il
diritto ad una vita dignitosa creando un clima di paura contro qualsiasi forma
di protesta.
Ora, l’obiettivo è intervenire direttamente sui contenuti educativi per crescere
generazioni obbedienti.
Era chiaro sin dall’insediamento di questo governo il progetto politico sulla
scuola. Il primo passo è stato fatto passando da “Ministero della Pubblica
Istruzione” a “Ministero dell’istruzione e del Merito”. Ciò ha significato
cancellare il servizio pubblico a favore di una meritocrazia fittizia,
promuovere una scuola che non considera le differenze alimentando frustrazioni
nei più giovani mentre si è sempre più lontani dal tutelare uguaglianza e
diritti.
L’intervento successivo è stato sui contenuti disciplinari attraverso la
pubblicazione delle Nuove Indicazioni Nazionali. Anche in questo caso, il
contenuto è molto lontano da una scuola che formi cittadine per una società
inclusiva ed interculturale e privilegia la conoscenza dell’Occidente rispetto
alle altre civiltà. Le mobilitazioni e gli scioperi di questi ultimi mesi, a
partire dall’iniziativa del “minuto di silenzio per Gaza” il primo giorno di
scuola, hanno subito evidenti tentativi di boicottaggio e intimidazione tramite
comunicazioni riservate degli uffici scolastici, delegittimazione dei collegi
docenti, precettazioni di scioperi legittimi.
Per la prima volta dopo anni la scuola è stata di nuovo protagonista delle
piazze schierandosi apertamente contro il genocidio in Palestina e contro la
complicità del governo ed ecco allora imbastire i preparativi per nuove forme di
repressione. Il 25 settembre è stato assegnato in Senato il ddl Gasparri. Un
disegno di legge in cui compaiono obblighi formativi su cultura ebraica, Israele
e antisemitismo; sanzioni per il personale – dal provvedimento scritto fino al
demansionamento e alla destituzione – ; modifiche al codice penale che vedono
l’antisemitismo e l’antisionismo – che non sono affatto sinonimi – come
aggravante.
In questo quadro, il tassello in più che mette il ddl Valditara è depotenziare
la funzione centrale della scuola in uno stato democratico e svuotare il ruolo
educativo delle docenti.
È in tutto questo che si configura lo scolasticidio, termine coniato per
indicare la distruzione sistematica delle scuole palestinesi. Sebbene neanche
lontanamente paragonabile, ciò che accade a Gaza è la vetrina delle politiche
autoritarie ed escludenti dell’occidente, anche quelle scolastiche. Lo
scolasticidio è nello smantellamento del servizio pubblico a favore della
privatizzazione e del merito; nella prospettiva classista ed escludente della
scuola; nel depotenziamento dei luoghi di democrazia; nei corsi di formazione a
pagamento per ottenere il ruolo; nel precariato; nella repressione delle docenti
e delle studentesse; nell’attacco alla libertà d’insegnamento; nella promozione
dell’obbedienza invece che dello sviluppo del pensiero critico; nell’intervento
delle forze dell’ordine al posto di interventi didattici ed educativi.
Nell’intersezione tra la svolta autoritaria dell’occidente e l’oppressione del
popolo palestinese si colloca la militarizzazione della scuola e della società,
per crescere cittadini obbedienti in barba ai capisaldi di uno stato di diritto
e ai principi costituzionali di cui la scuola pubblica è portavoce.
Fare politiche distanti dai bisogni reali significa alimentare frustrazione nei
più fragili e indifferenza nei più forti. Chi invece, adulto o giovane, crede
ancora che un mondo migliore sia possibile e necessario a partire
dall’educazione, sa che la risposta del governo sarà sempre e solo repressione.
Fonti:
Nuove Indicazioni Nazionali Pubblicato il testo delle “Nuove indicazioni per la
scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025” – Materiali per il
dibattito pubblico – Pubblicato il testo delle “Nuove indicazioni per la scuola
dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025” – Materiali per il dibattito
pubblico – MIM
WHO Comprehensive sexuality education
DDL Gasparri Parlamento Italiano – Disegno di legge S. 1627 – 19ª Legislatura |
Senato della Repubblica
DDL Valditara Disegno di legge
Fulvia Difonte, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università, Milano