Sulle dichiarazioni di Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo SpAL’amministratore delegato di Leonardo SpA, Roberto Cingolani, dopo la esclusione
dal Festival della Scienza di Genova, ha rilasciato giorni or sono una
intervista al quotidiano Il Corriere nella quale dichiara false le accuse di
vendere le armi ad Israele e rinvia al mittente le accuse di «complicità nel
genocidio».
Una intervista non casuale per tempistica e contenuti, in queste ultime
settimane sono assai diffuse le contestazioni all’operato di quella che oggi
possiamo definire tra le principali aziende produttrici di armi nell’Unione
Europea, un gruppo che 30 anni fa riservava i tre quarti della produzione al
civile e oggi invece la stessa percentuale arriva dal militare.
L’indignazione di Cingolani per quanto avviene a Gaza non lo porta a parlare di
genocidio (sulle accuse di genocidio saranno gli storici a doversi pronunciare),
giudica l’accusa di complicità invece una montatura gravissima ci sono troppe
inesattezze e falsità che vengono utilizzate per demonizzare Leonardo.
Il rapporto presentato da Francesca Albanese all’ONU fa intendere che siamo
davanti alla violazione della legge 185\90 la quale proibisce la vendita di armi
ai paesi in guerra, non è dunque casuale che proprio questa legge sia nel mirino
di parlamentari della Maggioranza desiderosi di modificare le regole vigenti. Ma
cosa risponde Cingolani, pur indirettamente, all’utilizzo del caccia F35 alla
cui realizzazione partecipa anche l’Italia?
«Quel rapporto nomina Leonardo in quattro pagine in maniera abbastanza
superficiale, con accuse strumentali e forzate. Si dice che poiché abbiamo
contribuito a costruire i caccia F-35 venduti in tutto il mondo – incluso
Israele – e poiché alcuni di questi F-35 sono utilizzati in questo orrendo
conflitto, allora siamo complici di genocidio. Certo, partecipiamo a consorzi
per la costruzione di tante tecnologie e piattaforme per la difesa. Ma dire che
siamo corresponsabili di genocidio mi pare una forzatura inaccettabile».
Soffermiamoci su queste considerazioni. Nessuno accusa i vertici di Leonardo per
odio atavico verso i produttori di armi, le industrie belliche sono all’interno
di consorzi, join venture e alla fine diventa arduo comprendere quale impresa, e
di quale paese, sia più responsabile della realizzazione di un prodotto di morte
(gli aerei da guerra sono concepiti non certo per la pace), quanto dichiara
Cingolani ci riporta ad una realtà poco conosciuta ossia una vasta rete di
piccole , medie e grandi aziende indispensabili per il prodotto finale con la
partecipazione attiva anche di ricercatori pubblici e privati.
Chiedere, anzi esigere, di non rendersi complice di questi sistemi di arma
significherebbe danneggiare economicamente l’azienda e il suo titolo in borsa
che da anni permette agli investitori lauti guadagni come del resto avviene per
ogni altra multinazionale del settore bellico. Ma senza giocare con le parole,
Leonardo ammette alla fine di partecipare alla realizzazione di armi utilizzate
da Israele (se non le vende l’Italia qualche altro paese è sempre pronto a
farlo), da qui l’accusa di corresponsabilità con il Genocidio che tanto fa
indignare Cingolani.
Forse dovremmo tutti, nessuno escluso, riflettere ulteriormente su quanto scrive
Francesca Albanese nel suo Rapporto sulle innumerevoli forme di collaborazione
di cui Israele da sempre beneficia. Forse anche da parte nostra, come movimenti
contro la guerra, sono stati talvolta utilizzati termini inappropriati specie se
rabbia e indignazione, legittime, prendono il sopravvento. Possiamo anche
accettare (ma fino a un certo punto) che Israele non abbia ricevuto esportazioni
militari italiane dal 7 Ottobre, come dichiarano anche esponenti della
Maggioranza governativa, ma leggendo ancora la intervista a Cingolani
scaturiscono ulteriori elementi di analisi e riflessione che poi ci riportano
all’accusa di connivenza con il colonialismo da insediamento e con il genocidio
Riportiamo integralmente due passaggi (il lettore potrà verificare la
correttezza dello scrivente nel citare le fonti andando direttamente a questo
link): «Abbiamo in essere due contratti di manutenzione per elicotteri e
aeroplani da addestramento non armati per piloti che prendono il brevetto.
Questi contratti consistono in 4 tecnici che sono in Israele per la manutenzione
ordinaria dei velivoli. Per gli elicotteri l’accordo risale al 2012, per gli
aerei al 2019. Questi contratti dobbiamo onorarli per legge, anche in questa
situazione tremenda. Per fortuna adesso il ministero degli Esteri e la Uama
stanno guardando se sia possibile trovare un provvedimento che ci consenta di
sospendere le vecchie licenze sulla falsariga della legge 185. Anche usare come
prova di partecipazione al genocidio due contratti pregressi di manutenzione su
velivoli da addestramento non armati è un’inaccettabile forzatura».
E ancora: «Si può fare un provvedimento che ci consenta di sospendere legalmente
i contratti sotto un ombrello istituzionale. In sua assenza qualunque recesso
unilaterale di un’azienda quotata da un contratto in essere sarebbe un illecito
che porterebbe a un contenzioso legale. Serve una copertura istituzionale. Noi
stiamo cercando di fare del nostro meglio, ma queste questioni richiedono tempo
e un grande lavoro da parte delle istituzioni».
Un contratto può essere anche unilateralmente disdetto, ci sarà da sostenere dei
contenziosi legali ma davanti a oltre 60 mila morti quanto tempo dobbiamo ancora
aspettare? Che sia ultimata la pulizia etnica in Palestina?
Quanto poi alla accusa mossa a Finmeccanica, ora Leonardo, di partecipare alla
costruzione dei sistemi radar utilizzati da Israele ricordiamo che nel 2008 la
multinazionale italiana acquistava la maggioranza delle quote di DRS
Technologies (una azienda statunitense che tre anni fa ha acquistato la impresa
di radar israeliana denominata Rada) che produce sistemi elettronici per la
difesa. Leonardo, azionista di maggioranza di DRS la quale a tutti gli effetti è
una impresa statunitense che a sua volta segue le indicazioni del suo governo e
quindi può vendere le armi a Israele senza limite alcuno e senza rispettare la
legge 185 vigente in Italia.
L’Amministratore delegato di Leonardo giudica inammissibile l’accusa di
complicità mossa a Leonardo ma siamo sicuri che per mettersi l’anima in pace sia
sufficiente asserire che una multinazionale è tenuta a rispettare le leggi di
altri paesi dove sorgono i suoi stabilimenti? Prendiamo ad esempio le imprese
che hanno delocalizzato produzioni pericolose in paesi dove le norme ambientali
sono blande, sbaglieremmo a criticare queste aziende per non avere salvaguardato
l’ambiente oppure dovremmo limitarci a riconoscere la non colpevolezza di questa
azienda ritenendo il paese ospitante come unico responsabile?
E nella parte finale dell’intervista Cingolani annuncia il core business per i
prossimi anni di Leonardo e anche questa volta citiamo testualmente le
dichiarazioni dell’amministratore delegato di Leonardo menzionando prima la
domanda del giornalista del Corriere: Serve una riflessione sui sistemi di
difesa di fronte alla minaccia dei droni?
«Molto più di una riflessione. In Leonardo questo problema l’abbiamo toccato
prima degli altri, parlando di “bullets and bytes”, proiettili e dati. Non è
solo una questione di armi, ma di satelliti, intelligenza artificiale, droni.
Gli ucraini ci insegnano quanto è possibile innovare quando si lotta per
sopravvivere. Oggi gli attacchi aerei con missili o droni possono essere
rapidissimi e costare dieci volte meno della difesa. A maggior ragione per
essere più pronti sui temi del digitale, dei droni automatizzati, dell’AI e dei
satelliti dovremmo dedicare una parte importante del 5% del Pil richiesto dalla
Nato allo sviluppo di queste tecnologie che hanno una valenza duale: civile e
non solo militare».
Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università