La parola della settimana. Fucile
(disegno di ottoeffe)
L’inizio ‘ell’anne Ottanta, ‘o boom d’a robba ‘int’e fiale,
‘na Delta dint’o viale riflette cu ‘e spurtielle undice piane.
‘Mmano ‘e principiante curtiell’, bravi guagliun’ cu ‘e bazooka,
nun bazzeca nisciuno, nun pavano e cunsumano.
(co’sang, 80-90)
Un paio di settimane fa l’esercito italiano ha organizzato un’iniziativa a
Rotonda Diaz, patrocinata dal comune di Napoli e dalla Regione, per celebrare i
duemila e cinquecento anni del capoluogo campano. Diciassettemila metri quadri
di fiera promozionale del riarmo, con macchine da guerra, robot, droni e fucili
ipertecnologici.
«Buongiorno a tutti! Siamo in diretta su Radio Esercito da una Napoli che ci
accoglie sempre calorosamente, vero Benito?», apre uno dei radio conduttori.
«Assolutamente, guarda quanta gente! Ricordiamo gli appuntamenti della
mattinata…».
In realtà, solo pochi e sparuti avventori si accostano alla quindicina di stand,
ben distanziati uno dall’altro. […] Tra loro c’è qualche scolaresca elementare e
superiore. Le giacche di generali, ammiragli e colonnelli sono tutte una gara di
coccarde, medagliette e gradi militari. […]
All’improvviso, un cane robot verde militare fa capolino sull’asfalto della
rotonda, alle sue spalle c’è la banda che scandisce le prime note di una
fanfara. Mi avvicino a due insegnanti che accompagnano una classe delle
superiori, chiedo perché abbiano scelto quest’iniziativa per una gita
scolastica: «È stata una scelta della dirigente», mi risponde con scoramento una
di loro, l’altra fa spallucce.
(edoardo benassai, riarmo e propaganda. in gita al villaggio esercito di napoli)
Se è vero che la realtà supera la fantasia, mi è venuto da pensare che
all’appello mancavano la suora che in Brazil chiede specifiche tecniche a un
militare su una bellissima nuova mitragliatrice, e Travis Bickle, ex Marine,
tassista di notte, pornomane, sceso a Napoli per candidarsi come nuovo eroe
metropolitano con la sua Colt Python 357 Magnum. Atteso invano a lungo anche il
soldato Palla di lardo, annunciato ospite d’onore.
(credits in nota 1)
A proposito di soldati. Leggo che il ministro della difesa Guido Crosetto,
notoriamente legato all’industria bellica, ha rilanciato la proposta di una
nuova leva militare, che presenterà come disegno di legge prima al governo e poi
al parlamento. L’idea è di un meccanismo volontario, ancora da definire.
L’obiettivo sarebbe quello di una riserva di almeno diecimila persone, per farsi
trovare pronti alla guerra.
Il ponte sullo Stretto rappresenterà un punto importante per il trasporto, per
l’evacuazione e per garantire la sicurezza nel caso di un attacco da Sud del
fronte Nato. […] Non è solo l’acquisto di armi, la sicurezza. Ho una visione
della sicurezza molto ampia. Le infrastrutture sono fondamentali per garantire
la sicurezza. Credo che si debbano inserire anche ospedali militari, e non solo,
negli interventi e nel conto della percentuale di spese per la sicurezza.
Immaginiamo un ospedale specializzato per le vittime di attacchi Nbc
(nucleare-batteriologico e chimico). Speriamo che non accada ma bisogna essere
pronti. (antonio tajani, ministro degli esteri)
Il livello di analisi di Tajani è pari al mio quando auspico che entro una
cinquantina d’anni il continente africano sarà stato ridotto talmente allo
stremo che la sua intera popolazione si riverserà via mare verso le coste
europee, e saranno talmente tanti e arrabbiati che nulla potranno i cannoni
della Nato per arginare l’invasione.
A questi ottimistici discorsi da bar fa da contraltare la retorica paradossale
per cui l’esercito sarebbe il più importante attore nel percorso verso la pace
universale nel mondo. Si sente in effetti sempre più in giro, questa roba, per
esempio a me è capitato nei venti minuti che ho dedicato qualche settimana fa
alla visione di una surreale serata promossa da Rai Uno e dall’esercito italiano
dal titolo: “La forza che unisce”, condotta da Fabio Rovazzi e Serena Autieri –
è giusto che si prendano le loro responsabilità di fronte ai posteri anche gli
altri partecipanti come Noemi (peccato, mi era simpatica), Enrico Brignano
(classico comico che non fa ridere), Pietro Mazzocchetti e Luca Cena (ignoro chi
siano).
Almeno dieci volte in pochi minuti ho sentito dire che l’esercito serve a
“garantire sicurezza, ma anche portare aiuto” e soprattutto “a costruire ponti”
(forse si riferiva a questo Tajani, parlando di quello sullo Stretto). Un po’
come in quei musicarelli tutta propaganda degli anni Sessanta, dove Morandi e i
suoi commilitoni, in servizio di leva sotto il Vesuvio, giocavano sulle brande
facendosi scherzi bonari, per poi fidanzarsi, da reclute, con le figlie dei
marescialli (povero Nino Taranto, doveva avere seri problemi di soldi per
ridursi a fare quella roba).
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/11/morandidef.mp4
(credits in nota 2)
Certe vecchie buone abitudini non vanno perdute. Fiction d’accatto, film su
presunti eroi in divisa e speciali televisivi non raggiungono tuttavia la
sfacciata ipocrisia delle istituzioni, che evidentemente non possono fare a meno
di una protezione fucile in spalla per sopravvivere.
Il 7 dicembre, il giorno di Sant’Ambrogio, santo patrono di Milano, il comune
assegnerà le benemerenze civiche o, come vengono chiamati di solito, gli
“Ambrogini d’oro”. Sono riconoscimenti che vengono dati tradizionalmente ogni
anno ai cittadini di Milano, agli enti o alle associazioni che “con atti di
coraggio e abnegazione civica abbiano giovato a Milano”. […] Tra queste c’è
anche il nucleo operativo radiomobile dei carabinieri del comando provinciale di
Milano. Non è strano che un riconoscimento del genere venga assegnato a un
reparto delle forze dell’ordine: questa unità si occupa del pronto intervento in
caso di emergenze, risponde alle chiamate del 112, pattuglia le zone della città
e fa i posti di blocco. La candidatura del nucleo radiomobile, però, era stata
fatta dalla consigliera leghista ed europarlamentare Silvia Sardone, che l’aveva
motivata sottolineando che i carabinieri di questo nucleo “rappresentano un
simbolo di affidabilità e credibilità nella Milano di oggi. Lo hanno dimostrato
anche la notte del 24 novembre 2024 durante un inseguimento che è poi finito
sulle cronache dei giornali alimentando assurde polemiche”. (redazione “il
post”, milano assegnerà un “ambrogino d’oro” molto compromettente)
Per chi non ricordasse, il 24 novembre è la data in cui un diciannovenne del
Corvetto, Ramy Elgamil, è morto cadendo dal motorino al termine di un
inseguimento per opera proprio del nucleo radiomobile; le inchieste giudiziarie
non hanno chiarito la dinamica dell’incidente, ma l’Arma era finita in enormi
polemiche per le modalità con cui gli agenti avevano portato avanti
l’inseguimento, testimoniate dalle dash-cam delle auto, e per i tentativi di
depistaggio: oggi cinque di loro sono indagati, ma soltanto uno per “omicidio
stradale” – per approfondire si consiglia la lettura di La Milano di Ramy e
quella delle zone rosse, di Rajaa Ibnou, pubblicato su Monitor il 13 gennaio
2025.
A proposito di militari e fucili, una cosa ancora: c’era un vecchio partigiano
che ho conosciuto quando ero ragazzo che una volta disse, in un umido box auto
allestito a sezione di un partito che si considerava impunemente comunista, che
il fucile in sé non è una cosa sbagliata. Bisogna solo che stia nelle mani
giuste.
Dalla tragedia cilena capimmo le gravi responsabilità dei partiti riformisti
che, non avendo dato fiducia alle masse proletarie che chiedevano armi per
difendere quel percorso di trasformazione sociale, riposero fiducia nelle
istituzioni rendendosi responsabili del massacro. Gli slogan chiarivano il
nostro pensiero: «Cile, Cile, mai più senza fucile!». (salvatore ricciardi,
maelstrom)
(credits in nota 3)
a cura di riccardo rosa
________________________
¹ Ronald Lee Ermey e i suoi aspiranti marines in: Full Metal Jacket, di Stanley
Kubrick (1987)
² Dolores Palumbo, Nino Taranto, Gianni Morandi e Laura Efrikian in: Se non
avessi più te, di Ettore Maria Frizzarotti (1965)
³ Diego Armando Maradona ferisce, sparandogli con un fucile ad aria compressa,
quattro tra le decine di giornalisti che, in accampamento fuori i cancelli della
sua villa di Buenos Aires, gli assediavano casa (1994)