Contro l’autoritarismo della libertà finanziaria
«Non pensiamo sia una coincidenza il fatto che il concetto di libertà sia al
centro del capitalismo finanziario portato avanti dall’estrema destra, a sua
volta guidata dalle multinazionali che accumulano ricchezza nella sua forma
algoritmica ed estrattiva» scrivono Verónica Gago e Luci Cavallero. In questo
libro “Contro l’autoritarismo della libertà finanziaria“, approfondiscono la
loro ricerca sui profondi legami tra neoliberismo, autoritarismo e
antifemminismo, che trovano nella cosiddetta “libertà finanziaria” il loro
concetto-feticcio, il manto sgargiante ma perverso di fronte alla velocità
dell’impoverimento e alla crudeltà.
UN SAGGIO IN OTTO TESI
1. L’accumulazione di debito è indice della perdita di potere collettivo da
parte də lavoratorə, retribuitə o meno, e della definizione collettiva di chi
produce davvero ricchezza sociale. Da qui la sua funzione come dispositivo di
pacificazione. Ma questa pacificazione si ottiene attivando un potenziale per il
quale il debito esploderà.
Quando il debito diventa obbligatorio e imposto (il debito per vivere che
produce terrore finanziario a causa delle continue politiche di austerità)
diventa istanza di sovrapposizione tra espropriazione e sfruttamento.
Il debito, in relazione alla specificità presa in considerazione, assoggetta e
attiva una forza lavoro che non si limita al salario (non è quindi soggetta a
contratto di lavoro), creando stretti legami con il lavoro non retribuito,
razzializzato e subalternizzato. Questo innesca le dinamiche di quello che
abbiamo definito “estrattivismo finanziario”. Lo sfruttamento della forza
produttiva del lavoro (retribuito e non retribuito) trova nel debito uno
strumento versatile, che suggestiona positivamente chi è indebitatə,
riconoscendone le capacità imprenditoriali.
2. Da quì, il debito allena alla precarietà, infiltrandosi nella riproduzione
della vita quotidiana.
Parliamo di “allenamento” alla precarietà quando si verifica una abitudinarietà
ma anche un’inventiva quotidiana nel risolvere la mancanza di reddito dovuta
all’inflazione e al vivere seguendo l’economia del debito, di modo che la
precarietà venga vissuta, attraversata e, allo stesso tempo, ispiri soluzioni
alternative che utilizzino gli strumenti finanziari come elementi chiave.
Allenamento significa anche, per noi, coltivare abitudini modulate dalle app di
transazione finanziaria. In altre parole, gli strumenti della FinTech mitigano
la violenza della moneta, scarsa e inflazionata, mentre occupano tempo ed
energie per la loro gestione permanente, al punto tale da diventare, insistiamo,
abitudine e indirizzamento. È così che intervengono nella definizione delle
possibilità legate a questa ripetizione di abitudini e alla definizione dei
futuri possibili.
3. Il debito ti costringe a un lavoro finanziario non retribuito permanente.
Questo comporta una gestione non remunerata del debito e, anche, forme di
microspeculazione finanziaria quotidiana su piccola scala. Il lavoro finanziario
non retribuito ha una doppia dimensione: gestire i redditi scarsi e poco
retribuiti e i debiti conseguenti al lavoro di piattaforma e al dover ricorrere
ad ogni piccola occasione “speculative”. L’impatto in termini di utilizzo del
tempo e di conseguenze sulla salute mentale (a causa di stress, preoccupazioni e
ansia) è un elemento centrale. È essenziale riconoscere, quindi, come la
normalizzazione della crisi aggiunga una dimensione finanziaria non retribuita
al lavoro di riproduzione sociale. Introduce inoltre, sul piano della
riproduzione della forza lavoro, una soggettività speculativa con effetti
immediati: un “allenamento” alla precarietà che viene superata finanziariamente.
4. Il debito mette in discussione una capacità di agire che si oppone alla
vittimizzazione.
Il debito, in quanto strumento neoliberista, richiama, stimola e attiva una
propensione all’azione, confinandola al contempo nel quadro dell’individualismo
proprietario. Questo punto è fondamentale per comprendere cosa renda così
efficace l’appello dell’estrema destra alla “libertà”, attraverso l’allenamento
già esistente all’imprenditorialità basata sul debito. Questo porta a un altro
punto chiave: quanto risultino sempre più insufficienti certi discorsi politici
che, utilizzando il concetto dei diritti (oppure dietro la promessa di uno Stato
salvifico che risolve ogni problema), riducono i loro potenziali elettori a
“cittadini assistiti” o “vulnerabili”, quasi a voler mettere in primo piano
l’incapacità di chi viene assistitə.
La stabilizzazione di forme diffuse di imprenditorialità e di impiego multiplo,
insieme alla proliferazione di strumenti finanziari che consentono di superare
la quotidianeità della vita in condizioni di estrema precarietà, plasmano una
soggettività che si allontana dal vittimismo e si inserisce in quello che
abbiamo definito “neoliberismo dal basso”. Il rapporto con il futuro diventa
quindi fondamentale in questa eccitazione anti-vittimizzante all’azione, capace
di eludere l’etichetta del “parassitismo” utilizzata per categorizzare chi
riceve programmi sociali o beneficia delle politiche pubbliche.
5. Il debito individualizza i costi dell’austerità, intensificando le divisioni
classiste, sessiste e razziste.
Il debito è un dispositivo impersonale e al tempo stesso fortemente
individualizzato. Come già studiato (per esempio da Nietzsche e da Lazzarato),
il debito si individualizza attraverso la colpa e la responsabilità. Ma questa
modalità di individualizzazione è anche, da una lettura femminista, una modalità
di cancellazione della cooperazione sociale rafforzandone le divisioni di
genere, razza e classe. Ridefinendo l’individuo, lo trasforma in
creditore-imprenditore, mentre simula la fine dello sfruttamento ma al
utilizzandolo al tempo stesso in termini di imprenditorialità individuale.
Questa modalità di generare individui attraverso il debito è una dinamica chiave
nella produzione di “libertà” che l’autoritarismo neoliberista tradurrà,
mobiliterà e utilizzerà come forma di libertà finanziaria. L’austerità, quindi,
ricadrà sugli individui che dovranno tradurla in un incentivo alla propria
produttività e responsabilità.
6. Il debito come strumento di risoluzione della riproduzione sociale ripropone
i dettami della famiglia eterosessuale e la divisione sessista e razzista del
lavoro.
Il debito non è astratto; agisce su corpi genderizzati e razzializzati. Il
debito è basato, costruito e articolato in base alla divisione sessista e
razziale del lavoro. Questo è reso evidente dalle diverse modalità che abbiamo
evidenziato: il maggiore indebitamento si riscontra nelle famiglie dove più è
presente il lavoro non retribuito; lì si radica l’indebitamento più informale e
con livelli più elevati di esposizione alla violenza in caso di mancato
pagamento; il tasso di interesse funziona come indice esplicito del razzismo e
del sessismo data la conseguente creazione di gruppi sociali “a rischio”,
contrariamente a tutte le prove empiriche. Il debito sfrutta e ribadisce i
dettami di genere e si articola con essi: chi sostiene il peso delle economie
domestiche si assume spesso anche il debito come risorsa per sostenere la
famiglia in un contesto di crisi. Il debito mira a catturare, sfruttare e negare
la condizione di interdipendenza che donne, lesbiche, trans e persone non
binarie hanno tradotto in tecnologie vincolanti che vanno oltre i confini della
famiglia eterosessuale.
7. La pandemia ha offerto l’opportunità di ampliare la cosiddetta “inclusione
finanziaria”. Questo ha accelerato la digitalizzazione come mezzo di accesso ai
sussidi di emergenza e all’estrazione di dati. Le informazioni generate sono
state poi utilizzate per monitorare e sanzionare le “transazioni finanziarie”
relative a determinati consumi in determinati settori.
È necessario problematizzare la situazione di uno Stato che sembra associare
l’inclusione finanziaria (in un momento di emergenza) ai programmi sociali per
poi utilizzare le informazioni contenute in quei conti come strumento di
penalizzazione delle transazioni finanziarie tra i settori più poveri. Alla fine
dei conti, l’accesso ai sussidi condiziona gli utenti verso determinati modelli
di comportamento e consumo. La penalizzazione a cui ci riferiamo non è solo
selettiva, ma punisce anche le “transazioni finanziarie” effettuate per la
sussistenza dopo che tali strumenti (come le app di transazione finanziaria o i
portafogli virtuali) sono stati promossi nell’ambito dell’idea di inclusione
finanziaria. Questo rivela che la digitalizzazione è uno strumento fondamentale
per il controllo dei consumi a favore della penalizzazione che abbiamo
segnalato. E tali consumi, penalizzati dalla dollarizzazione, rafforzano la
moralizzazione quando si tratta di settori impoveriti e femminilizzati.
8. La stabilizzazione del debito nella gestione della vita quotidiana opera in
vari modi, dalla differenziazione dei consumi come forma di resistenza alla
precarietà, fino al tentativo, in ultima analisi, di interiorizzare l’austerità.
Il debito, inoltre, funziona specificamente in un contesto di inflazione e
deregolamentazione.
La retorica dell’austerità utilizzata dal governo “anarco-capitalista” durante
la campagna elettorale è entrata ormai nel linguaggio comune interiorizzando il
sacrificio sotto il monitoraggio costante del FMI. Così, il debito delle
famiglie è diventato paradossalmente un modo di “resistere” e di gestire la
precarietà attraverso dispositivi finanziari. Il debito svolge funzioni
specifiche in sequenze temporali specifiche. La possibilità di posticipare
temporaneamente gli effetti dell’aggiustamento strutturale ha creato le
condizioni per la privatizzazione in ogni famiglia degli impatti dell’austerità.
Oggi, il debito è un acceleratore dell’economia digitale e delle piattaforme.
Gilles Deleuze ha demonizzato la moneta per riflettere sulla transizione da una
società disciplinare a una società di controllo. Ha affermato che «la vecchia
talpa monetaria è l’animale degli ambienti di internamento, mentre quello delle
società di controllo è il serpente monetario». Cosa possiamo dire sui portafogli
virtuali, sul credito algoritmico e sul debito come moneta popolare? Quale tipo
di animale potrebbe essere all’altezza dei loro standard e delle loro dinamiche?
Senza ombra di dubbio, l’avvoltoio.
Articolo pubblicato sul sito della casa editrice indipendente Tinta Limón
Ediciones, che ringraziamo per la gentile concessione. Traduzione in italiano di
Michele Fazioli per DINAMOpress
Immagine di copertina: particolare della copertina del libro. Immagine di
copertina di Alicia Herrero. Saggi su un tribunale. Al potere dell’economia
politica, Parque de la Memoria, Buenos Aires (2019).
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