La montagna che partorì il contratto
Di recente sono andato a sentire la presentazione del libro “Il contratto della
montagna” di Roberto Pietrobon. Insomma è già passato quasi un mese, ma il tempo
vola.
Il libro racconta la storia del movimento operaio nel Biellese e il titolo si
riferisce al contratto di lavoro dei tessili che nel 1944, durante un difficile
periodo di guerra, sancì la parità di trattamento economico tra donne e uomini.
Un grande risultato in un periodo difficilissimo.
Nel corso della presentazione a Sala Biellese, al Museo della Resistenza,
Roberto lo ha spiegato raccontando che nel nostro territorio, dalla fine
dell’ottocento in poi, gli scioperanti resistettero per dei tempi di
mobilitazione particolarmente lunghi.
Quella Biellese fu una classe operaia molto combattiva, a quanto pare.
Riuscirono ad esserlo anche perché le famiglie che, passate dall’essere
agricoltori al ricavare reddito dal lavoro di fabbrica, mantennero anche una
quota di autoproduzione contadina: curando l’orto, allevando due o tre mucche,
qualche gallina e i conigli. Così, quando dovettero reggere tempi lunghi senza
salario a causa delle lotte in fabbrica, furono anche in grado di sopravvivere
grazie proprio all’autoproduzione. Una resistenza all’assimilazione della
modernità che ha prodotto anche il mantenimento del paesaggio del Biellese,
luogo unico del Nord Ovest d’Italia.
Credo che ne gioirebbe anche Pier Paolo Pasolini che chiuse il suo articolo
sulla scomparsa delle lucciole del primo febbraio 1975 sul Corriere della sera
affermando:
> “Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia
> chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una
> lucciola.”
Pasolini mise, in tempi non sospetti, il dito nella piaga: la crescita economica
non è di per sé emancipazione, lo sviluppo non è necessariamente il progresso.
Leggere, invece, come la lotta di classe abbia portato a emancipazioni reali,
come la parificazione delle condizioni salariali tra donne e uomini già nel
1944, di come questo sia avvenuto grazie a un lungo processo di battaglie e
relazioni sindacali dà la misura di quanto sia utile mantenere la memoria del
passato per costruire un futuro di giustizia e equità.
Ettore Macchieraldo