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Natale a Gaza
Secondo un retroscena di Axios, l’amministrazione Trump si sta preparando ad annunciare l’inizio della seconda fase degli accordi di Sharm sulla Striscia di Gaza entro Natale. Nonostante le continue infrazioni della cessate il fuoco da parte delle IDF, che hanno ucciso più di 366 persone dallo scorso 11 ottobre, le autorità statunitensi considerano la fase uno dei piano effettivamente conclusa — Hamas ha consegnato tutti i prigionieri, e manca ancora solo il corpo di uno dei prigionieri israeliani morti durante l’aggressione di Gaza. È difficile prendere sul serio le ambizioni della Casa bianca: la seconda fase dell’accordo prevede un ulteriore ritiro israeliano dalla Striscia, mentre le IDF stanno facendo il contrario, stanno espandendo i territori che occupano. Ci sono diverse strutture che vanno formate, in quello che sono ormai poche settimane: il Consiglio di pace, che sarà guidato da Trump, insieme a un gruppo di circa 10 leader arabi e occidentali, un Consiglio esecutivo che dovrebbe includere, tra gli altri, Tony Blair, Jared Kushner e Steve Witkoff, e un governo tecnico palestinese, composto da un gruppo di 12-15 membri non affiliati ai partiti palestinesi. C’è anche da organizzare la Forza di stabilizzazione internazionale che dovrebbe occuparsi della sicurezza della Striscia, e ad ascoltare le ambizioni di Washington, sostituire sia la presenza delle IDF che delle forze di sicurezza di Hamas. Come sempre, sarà necessario vedere quale sarà la differenza tra la teoria e la realtà a terra a Gaza: l’accordo prevedeva già nella fase uno l’ingresso ingente di aiuti umanitari, ma in queste settimane le organizzazioni umanitarie e le ONG hanno più volte denunciato che le autorità israeliane continuano a limitarne drasticamente l’ingresso. (Axios / the New Arab) È di queste ore la notizia dell’uccisione di Yasser Abu Shabab, il miliziano salito alla ribalta nel 2024, alla guida di del gruppo prima noto come “Servizio antiterroristico” e poi come “Forze popolari,” attivo nelle aree di Gaza controllate da Israele — e che operava a tutti gli effetti come una gang criminale filoisraeliana. Abu Shabab cercava di presentarsi come alternativa ad Hamas, anche sui media internazionali: lo scorso luglio aveva firmato un editoriale sul Wall Street Journal dicendo che le sue Forze popolari — materialmente, un centinaio di persone — erano “pronte a costruire un nuovo futuro” a Gaza. Netanyahu ha ammesso lo scorso giugno che Israele sosteneva “clan armati” per combattere Hamas. Un memorandum interno delle Nazioni Unite, visto dal Washington Post, lo descriveva come “il principale e più influente attore dietro i saccheggi sistematici e massicci” degli aiuti umanitari, poi rivenduti a caro prezzo ai civili. (Al Jazeera / the Wall Street Journal / the Washington Post) Nelle scorse ore le IDF hanno condotto una nuova escalation degli attacchi, in rottura degli accordi di cessate il fuoco. Mentre scriviamo sono in corso attacchi pesanti a est di Khan Yunis. L’obiettivo degli attacchi è continuare le azioni di demolizione anche fuori dalla “linea gialla” che segna i territori ancora occupati dai militari israeliani. L’IAF ha condotto anche tre bombardamenti, sulla città di Gaza, a rafah e sul campo profughi al-Maghazi, nel centro della Striscia. (WAFA)  L’European Broadcasting Union ha confermato che Israele potrà partecipare all’Eurovision del 2026, archiviando le molte richieste di escludere lo stato per i documentati crimini di guerra condotti durante l’aggressione di Gaza. In risposta alla notizia, le emittenti di Spagna, Irlanda, Paesi bassi e Slovenia hanno annunciato che non prenderanno parte alla prossima edizione dell’Eurovision. Taco Zimmerman, direttore generale dell’emittente olandese AVROTROS ha commentato in modo secco: “La cultura unisce, ma non a tutti i costi.” Il presidente della spagnola RTVE, José Pablo López, ha spiegato in modo ancora più netto la situazione: “Quello che è successo all'Assemblea dell'EBU conferma che l'Eurovision non è un concorso musicale, ma un festival dominato da interessi geopolitici e frammentato.” Frammentato, perché a sua volta la Germania aveva minacciato che avrebbe boicottato il festival se si vietava la partecipazione di Israele. (EBU / POLITICO)
In sospeso
In un’intervista con Al Jazeera Mubasher il funzionario di Hamas Husam Badran ha denunciato come le autorità israeliane siano l’unico ostacolo all’avanzamento degli accordi di Sharm el-Sheikh. Badran sottolinea come sia ormai evidente che la sospensione della trattativa fino al termine del recupero dei corpi esanimi dei prigionieri israeliani sia un pretesto: i gruppi militanti palestinesi hanno finora ritrovato 26 dei 28 corpi — ma le autorità israeliane in realtà ne stanno aspettando solo uno, perché l’ultimo è di un lavoratore straniero. Badran sottolinea che, mentre i gruppi palestinesi cercavano di portare a termine la difficilissima ricerca dei corpi, le autorità israeliane hanno infranto l’accordo “su ogni livello,” tenendo chiuso il valico di Rafah, continuando quotidianamente gli attacchi sulla Striscia, bloccando l’ingresso di aiuti umanitari e continuano le demolizioni, anche oltre la linea gialla concordata nel piano di Trump. Badran ha sottolineato che il continuo ritardare l’attuazione del piano alimenta “l’instabilità” di tutta la regione, e ha ricordato che l’accordo — almeno teoricamente — avrebbe importanti garanti internazionali. “Prima di parlare della fase 2, il mondo dovrebbe costringere Israele a rispettare la fase 1.” (Al Jazeera Mubasher) La repressione e le violenze continuano sia a Gaza che in Cisgiordania: nelle scorse ore nella Striscia sono state uccise altre due persone, mentre in Cisgiordania in due raid separati sono state arrestate 55 persone. Netanyahu, nel frattempo, ha altre urgenze: il Primo ministro ha chiesto al presidente di graziarlo dalle accuse di corruzione — è imputato per frode, abuso d’ufficio e tangenti in 3 casi diversi, per i quali non è stato ancora condannato. La presidenza ha sottolineato che la richiesta avrebbe “implicazioni significative” (sic), ma che il dossier era stato passato al ministero della Giustizia per pareri tecnici. Secondo Netanyahu la grazia è necessaria perché i suoi processi “dividono il paese” e rendono difficile governare. Non serve specificare che la conferma di una grazia ancora prima della condanna costituirebbe una minaccia non piccola allo stato di diritto. Lapid ha commentato la notizia duramente: “Non puoi concedergli la grazia senza che lui si dichiari colpevole, mostri rimorso, e si ritiri subito dalla vita politica.” (WAFA / Associated Press) Prevost si è unito alle voci in sostegno della soluzione dei Due Stati: parlando con la stampa in volo tra Ankara e Beirut il papa ha dichiarato che “sappiamo tutti che al momento Israele non accetta ancora questa soluzione, ma noi la consideriamo l'unica possibile.” Prevost ha aggiunto che il Vaticano resta “un amico di Israele,” ma vorrebbe essere “una voce di mediazione tra le due parti.” (the new Arab) Oggi si apre l’Assemblea degli Stati parte della Corte penale internazionale, e c’è grande incertezza su cosa fare per Karim Khan, il procuratore capo in congedo da maggio per un’indagine esterna sulla denuncia di presunta condotta sessuale impropria, che non è ancora arrivata a una conclusione. La Corte, sotto pesanti pressioni e minacce legate alle indagini sui crimini di guerra condotti dalle forze israeliane a Gaza, è funzionalmente bloccata. L’Assemblea ha deciso di procedere in modo senza precedenti, bypassando il meccanismo interno di controllo, e affidando l’inchiesta all’ufficio preposto delle Nazioni Unite. (Middle East Eye) 
Indagare i torturatori israeliani
Il Comitato ONU contro la tortura, composto da 10 esperti indipendenti, chiede alle autorità israeliane di creare “una commissione d'inchiesta ad hoc indipendente, imparziale ed efficace incaricata di esaminare e indagare su tutte le accuse di tortura e maltrattamenti commessi durante l'attuale conflitto.” Gli esperti avvisano le autorità di Tel Aviv che la situazione si è “gravemente intensificata” dall’inizio dell’aggressione a Gaza. Lo stesso Comitato ammette implicitamente che difficilmente ci saranno azioni in merito, descrivendo la situazione come “una politica di fatto statale di tortura e maltrattamenti organizzati e diffusi.” Gli esperti indicano che le politiche volute dal governo Netanyahu VI rischiano di tradursi in “condizioni di vita crudeli, disumane o degradanti per la popolazione palestinese.” Parlando in audizione a Ginevra, il relatore Peter Vedel Kessing ha dichiarato di essere rimasto “profondamente sconvolto dalle descrizioni che abbiamo ricevuto.” Il rapporto elenca accuse di pestaggi gravi ripetuti, attacchi di cani, elettroshock, waterboarding, posizioni di stress prolungate e violenze sessuali. La risposta dell’ambasciatore israeliano all’ONU, Daniel Meron, è quella che potete aspettarvi. Le accuse avanzate dal Comitato sarebbero “disinformazione”: Meron ha dichiarato che Israele “è impegnato a rispettare i propri obblighi in linea con i nostri valori e principi morali, anche di fronte alle sfide poste da un'organizzazione terroristica.” (OHCHR / the New Arab) “In linea con i nostri valori e principi morali”: i soldati che erano stati fermati in seguito alla circolazione del video in cui uccidevano a sangue freddo 2 palestinesi che si erano arresi sono stati rilasciati. I militari hanno dichiarato di aver percepito un “pericolo reale per la loro vita” — entrambi i palestinesi erano disarmati, e avevano anche mostrato di non avere esplosivi addosso — e che hanno aperto il fuoco con l’obiettivo di “neutralizzare” i due uomini, e non con l’intento di uccidere. La loro versione è stata considerata credibile e coerente. Poche ore prima il portavoce ONU Jeremy Laurence aveva dichiarato che le uccisioni costituivano “un’ulteriore esecuzione sommaria.” (X / Reuters)  A Gaza, nel frattempo, si continua a morire: due bambini sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco dalle forze israeliane a Bani Suheila, un centro abitato a est di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Un terzo bambino, un neonato, è morto mentre era in attesa di essere portato fuori dalla Striscia di Gaza per ricevere le cure di cui avrebbe avuto bisogno per sopravvivere. Era stato ferito in un attacco — di pochi giorni fa, condotto durante il cessate il fuoco — in cui avevano perso la vita anche sua madre e sua sorella. (WAFA / Instagram. Il link contiene un video che può urtare la vostra sensibilità, di cui vi sconsigliamo la visione)
Il genocidio continua
Sta circolando online un video, da una telecamera a circuito chiuso, in cui si vede un gruppo di 3 soldati israeliani assassinare 2 palestinesi che si erano arresi e non costituivano nessuna minaccia — con le mani alzate e con il torso scoperto, e poi direttamente inginocchiati a terra. L’omicidio si è svolto nella città di Jenin, in Cisgiordania. Le autorità israeliane hanno ammesso le uccisioni, e la giustificazione per aver utilizzato forza letale sarebbe che i due uomini avrebbero contraddetto gli ordini dei 3 militari, cercando di rientrare nella struttura da cui erano stati fatti uscire. Il ministro della Sicurezza nazionale Ben-Gvir è intervenuto per difendere i militari assassini, dicendo che forniva loro “il pieno supporto,” perché “hanno agito esattamente come ci si aspettava da loro: i terroristi devono morire!” L’Autorità palestinese ha condannato le uccisioni, sottolineando come si tratti di un crimine di guerra, mentre Hamas ha parlato espressamente di una “campagna di sterminio sistematica” in corso contro i palestinesi della Cisgiordania. (X / Middle East Eye) La campagna di sterminio continua: lo denuncia anche Amnesty International, in un nuovo report, che documenta come nonostante il cessate il fuoco e la liberazione di tutti i prigionieri israeliani ancora in vita, le autorità israeliane non abbiano effettivamente sospeso la propria campagna genocida, continuano a imporre alle persone che vivono nella Striscia “condizioni di vita costruite per provocarne la distruzione fisica.” Oltre alle numerose infrazioni alla tregua — in cui sono state uccise più di 327 persone — Tel Aviv continua a violare gli ordini della Corte internazionale di giustizia, limitando quasi completamente l’accesso agli aiuti, ai servizi essenziali e bloccando l’ingresso di materiali con cui ripristinare le infrastrutture. Amnesty denuncia anche l’assenza di indagini e procedimenti contro i responsabili di atti di genocidio e segnala un allentamento della pressione internazionale. La segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard commenta seccamente: “Il cessate il fuoco non può diventare una cortina di fumo per nascondere il genocidio in corso da parte di Israele.” (Amnesty International) Nel contesto del cessate il fuoco, invece, la risposta internazionale è regredita alle azioni simboliche e vuote degli anni scorsi, quando i crimini di Israele erano difesi o largamente ignorati dalla politica occidentale. Giovedì Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno pubblicato una nota congiunta condannando la violenza contro i palestinesi da parte dei coloni israeliani. I governi del gruppo, l’E4, denuncia il numero sempre più alto di attacchi — solo nello scorso mese 264: “Questi attacchi vanno fermati.” “Seminano il terrore tra i civili, danneggiano gli sforzi di pace in corso e compromettono la sicurezza duratura dello stesso stato di Israele.” Il documento stesso fatica a negare che il problema sia politico, e non limitato alle azioni di alcuni coloni violenti: “Accogliamo con favore la chiara opposizione del presidente Trump all'annessione e ribadiamo la nostra opposizione a qualsiasi forma di annessione, sia essa parziale, totale o di fatto, e alle politiche di insediamento che violano il diritto internazionale.” (Governo britannico)
Verso la fase 2, in qualche modo
Un retroscena di Ultra Palestine riporta che i mediatori dell’accordo per la tregua a Gaza stanno facendo pressione perché venga lanciata la fase 2 degli accordi di Sharm. Hamas ha confermato a Qatar, Egitto, Turchia e Stati Uniti la propria disponibilità, nonostante la fase 1 dell’accordo sia stata segnata da costanti infrazioni da parte delle autorità israeliane, che non solo lanciano attacchi militari regolarmente sulla Striscia di Gaza, ma continuano a ostacolare l’ingresso di aiuti umanitari. Durante una sessione con il capo dell’intelligence egiziana Hassan Rashad, i rappresentanti di Hamas hanno chiesto che siano prodotti chiarimenti sull’organizzazione della fase 2 — in particolare, ovviamente, sugli effetti poteri delle forze internazionali che dovrebbero essere stanziate nella Striscia. Le varie fazioni palestinesi in questo momento si stanno rimbalzando proposte per arrivare a una posizione nazionale unitaria su una soluzione per il governo di Gaza. L’obiettivo è limitare i danni dell’accordo chiuso con la risoluzione approvata in Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – la fonte di Ultra Palestine riporta che le fazioni sanno che “i palestinesi non sono in grado di affrontare il mondo intero e non possono opporsi a una risoluzione internazionale che gode del consenso globale.” Di fronte al rischio reale che la popolazione palestinese smetta di essere in grado di decidere del destino della Striscia di Gaza, le fazioni palestinesi sono pronte a organizzarsi in una coalizione ombrello che si estenda fino a Fatah. Un ulteriore round di dibattito tra le fazioni palestinesi dovrebbe avvenire a giro strettissimo, in modo da essere pronti per confrontarsi di nuovo con i garanti della tregua. (Ultra Palestine) Nel frattempo, i combattenti di Hamas intrappolati nei tunnel sotto Rafah sono ancora intrappolati nei tunnel sotto Rafah. Mercoledì Hamas ha diffuso una dichiarazione in cui per la prima volta chiede ai paesi mediatori di fare pressione su Israele perché ne permetta il rientro. L’appello arriva dopo l’annuncio da parte delle IDF di aver ucciso altri 20 combattenti, e di averne arrestati 8, tra quelli che stavano cercando di sfuggire dalla rete sotterranea della zona, dove sarebbero ancora costrette un numero tra le 100 e le 200 persone. Si tratta, ovviamente, di una tematica particolarmente delicata: l’esercito israeliano ha più volte espresso l’intento di voler uccidere tutti i miliziani intrappolati a Rafah, ma tutti i mediatori della tregua, compresi gli Stati Uniti, riconoscono che si tratterebbe di una infrazione troppo grande da parte di Tel Aviv — e che metterebbe duramente alla prova la tenuta del cessate il fuoco. (the New Arab) Anche negli Stati Uniti cresce la pressione sul supporto politico al genocidio a Gaza: un gruppo di senatori democratici ha chiesto al segretario di Stato Rubio perché avvii rapidamente un’indagine sulle “centinaia” di violazioni di diritti umani compiute dalle IDF di cui il dipartimento di Stato avrebbe raccolto prove in un rapporto ancora classificato. Gli 11 senatori chiedono di agire con rapidità perché l’inazione svuoterebbe le leggi che vietano agli Stati Uniti di sostenere militarmente eserciti accusati di violare i diritti umani. Tra i casi in esame ci sono l’uccisione dei lavoratori della World Central Kitchen, e il più grande massacro degli affamati documentato nei mesi scorsi, quando le IDF hanno ucciso più di 100 civili in un attacco contro un convoglio di aiuti umanitari. Il rapporto evidenzia come il lunghi processi di revisione avvantaggino Israele in modo unico tra gli alleati statunitensi, perché i casi si trascinano funzionalmente all’infinito, senza esito. (the Washington Post)
Quanti cessate il fuoco si possono infrangere in un giorno?
L’esercito israeliano ha condotto un attacco a sorpresa su un’area particolarmente densamente popolata di Beirut, uccidendo 5 persone e lasciando altri 28 feriti. Le autorità israeliane hanno dichiarato che l’obiettivo dell’attacco era Haytham Ali Tabatabai, il capo dello staff di Hezbollah, parte della leadership del gruppo. Solo due giorni prima, il presidente del paese, Joseph Aoun, aveva dichiarato che il paese era pronto a trovare un accordo per una tregua stabile con Israele: “Lo Stato libanese è pronto a negoziare sotto l'egida delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti o di un patrocinio internazionale congiunto qualsiasi accordo che stabilisca un quadro per porre fine in modo definitivo alle aggressioni transfrontaliere.” Tra i due paesi è in corso una fragile tregua da quasi esattamente un anno, era il 27 novembre 2024. Venerdì Aoun aveva specificato che le forze che sono garanti del cessate il fuoco — Stati Uniti, Francia, l’Unifil e gli stessi Libano e Israele — avrebbero potuto verificare che lungo il confine con Israele erano stanziate solo truppe statali libanesi, e non militanti di Hezbollah, come sostengono al contrario le autorità israeliane. Secondo i dati aggregati dalle Nazioni Unite durante gli scorsi 12 mesi le IDF hanno ucciso più di 300 persone, tra cui almeno 127 civili. Per capire quanto in questo momento Israele si senta in una posizione di forza basta sottolineare che l’attacco su Beirut è stato lanciato tra le celebrazioni del giorno dell’indipendenza e la visita del papa, prevista per il fine settimana. (Al Jazeera / the National / Xinhua / Vatican News) L’esercito israeliano ha condotto anche una serie di attacchi sulla Striscia di Gaza, in infrazione degli accordi di Sharm. Questi attacchi in realtà sono la quotidianità da quando è stato dichiarato il cessate il fuoco tra Tel Aviv e Hamas — che ha portato sì a una riduzione drastica degli attacchi, ma che non ha mai fermato l’aggressione. Nelle scorse ore due persone sono state uccise in attacchi a est di Gaza città e a nei dintorni di Khan Yunis. Nella città di Gaza le IDF continuano a far esplodere veicoli. Sono stati condotti anche bombardamenti su Rafah, che sembra non abbiano provocato ulteriori vittime. In meno di un mese e mezzo di “cessate il fuoco” le IDF hanno ucciso 340 persone. In Cisgiordania è stata uccisa una terza persona, un giovane di 20 anni che è stato colpito da fuoco delle IDF e dei coloni israeliani, nel centro di abitato di Deir Jarir, a est di Ramallah. (WAFA) Se non si può non sottolineare l’inazione degli stati che dovrebbero monitorare i due cessate il fuoco, è anche vero che perché si arrivi a un cambiamento materiale serve un cambiamento politico in Israele. Un nuovo sondaggio dell’Israel Democracy Institute dimostra che sarà molto difficile: tra gli intervistati, l’82% ritiene che la condotta delle IDF a Gaza sia stata molto buona o addirittura eccellente, e il 53,8% si è dichiarato a favore di usare i civili palestinesi come scudi umani per esplorare strutture dove potrebbero essere presenti trappole. Il 55,3% è a favore di bombardamenti pesanti in aree densamente popolate, e il 62% è a favore dell’uccisione i combattenti che non in quel momento non rappresentano una minaccia. Il 60,6% degli intervistati è contrario all’avvio di indagini sui soldati che abusano dei palestinesi detenuti. (Israel Hayom)
500 infrazioni del cessate il fuoco in 44 giorni
21 persone sono state uccise in un’altra serie di bombardamenti dell’aviazione israeliana, che hanno colpito Dayr al-Balah e la ziona di Nuseirat. Tra gli obiettivi colpiti ci sono diverse abitazioni civili dove vivevano famiglie intere, negli ennesimi attacchi in realtà precisissimi, con cui le IDF colpiscono specificamente i civili. Oltre ai morti c’è un numero imprecisato di feriti. L’ufficio stampa del governo di Gaza ha denunciato che in questi 44 giorni di cessate il fuoco le IDF hanno infranto gli accordi di Sharm quasi 500 volte — 497 per la precisione, ma potremmo aver superato i 500 nel tempo tra cui scriviamo e quando leggete, sono 11 attacchi al giorno in media. Negli attacchi sono stati uccisi 342 civili, in maggioranza minori, donne e anziani. Il governo di Gaza sottolinea che si tratta di “una flagrante violazione del diritto internazionale umanitario e del protocollo umanitario allegato all’accordo,” che le parti dell’accordo che dovrebbero fare da garanti della tenuta della tregua stanno completamente ignorando. Le autorità israeliane sostengono che gli attacchi di sabato sarebbero rappresaglia per un azione di un singolo combattente di Hamas, che avrebbe condotto un attacco oltre la “yellow line.” Izzat al-Risheq, della direzione politica del gruppo, ha accusato le autorità israeliane di “inventare pretesti per eludere l'accordo e tornare a una guerra di sterminio.” (WAFA / +972 Mag / Al Jazeera) Come tutti i giorni, le violenze non si fermano ai territori della Striscia di Gaza. Il ministero della Salute palestinese ha denunciato che le forze di occupazione israeliane hanno ucciso 2 giovani palestinesi, di 16 e 18 anni, a Kufr Aqab, nella periferia di Gerusalemme Est. La polizia israeliana sostiene di aver aperto il fuoco contro 4 persone che “costituivano una minaccia materiale al personale.” Poche ore prima una terza persona, di 24 anni, era stata uccisa nei pressi di Nablus — in questo caso il giovane ucciso è stato direttamente bollato come “terrorista” da parte delle autorità israeliane. (the New Arab) Un gruppo che si identifica come di “hacker iraniani” ha pubblicato nomi, foto e informazioni riservate di 10 ingegneri che occupano posizioni di alto rango nell’industria della difesa israeliana, offrendo pagamenti di 10 mila dollari a chiunque sia in grado di fornire informazioni su dove vivano. “Smascheriamo coloro che credevano che i loro crimini potessero rimanere nascosti nell'oscurità,” ha scritto il gruppo anonimo, descrivendo la propria minaccia come “un avvertimento che riecheggia in ogni corridoio che percorrete, in tutte le case di cui vi fidate, in ogni segreto che custodite.” (Ynet)
Gli altri morti a Gaza
Nell’ultimo mese, dall’inizio del cessate il fuoco forzato dall’amministrazione Trump II su Tel Aviv, si è dato grande spazio alle notizie sulla ricerca dei corpi esanimi dei prigionieri israeliani morti nella Striscia di Gaza durante i due anni di aggressione delle IDF. Ovviamente, in parallelo alle ricerche per quei corpi — considerati dalle autorità israeliane come necessari per far avanzare l’accordo a una fase di tregua più stabile — si stanno cercando i corpi anche delle migliaia di persone morte e mai recuperate negli scorsi mesi, che finora sono state contate come disperse invece che morte. Dall’inizio del cessate il fuoco a ottobre, le autorità palestinesi hanno confermato di aver recuperato circa 500 persone decedute tra le macerie. Si tratta, però, di un numero piccolissimo rispetto anche solo ai dispersi — secondo la Protezione civile palestinese i dispersi sono almeno 9.500. Ora, il portavoce della Protezione civile, Mahmoud Basal, ha annunciato che da oggi inizierà la prima fase di ricerca di massa per recuperare i corpi dei dispersi. L’operazione sarà condotta con la collaborazione della Croce rossa, di personale egiziano e con la presenza di polizia e gruppi locali. Sarà un’operazione lunga e molto difficile: la Protezione civile continua a non essere in possesso dei mezzi pesanti necessari per muovere le macerie — l’ingresso di nuovi mezzi è bloccato dalle autorità israeliane, così come strumentazione per condurre test del DNA, necessari per l’identificazione di molte delle persone uccise.  (Al Monitor / WAFA / Asharq Al-Awsat)
34 morti di cessate il fuoco
In una delle più plateali infrazioni degli accordi di Sharm da un mese a questa parte, mercoledì le IDF hanno condotto una serie di attacchi nella Striscia di Gaza, uccidendo almeno 30 persone e ferendone 77. Si tratta di numeri che sono destinati a crescere: solo nelle ultime ore, in ulteriori attacchi, sono state uccise altre 4 persone. Secondo i militari israeliani gli attacchi sarebbero stati lanciati come risposta all’apertura del fuoco da parte di Hamas in un’area in cui stavano lavorando soldati israeliani. Come sempre, le autorità israeliane non hanno sostanziato le proprie accuse, e il gruppo palestinese nega di essere stato coinvolto in un incidente. Hamas ha rilasciato due dichiarazioni, ricordando che Stati Uniti e Egitto, Qatar e Turchia dovrebbero essere garanti dell’accordo di cessate il fuoco, e dovrebbero fare pressione su Tel Aviv perché interrompa le violazioni che, in modo meno eclatante, in realtà sono quotidiane. (Al Jazeera / the New Arab) D’altronde le autorità israeliane non hanno mai rispettato nei dettagli il piano di Trump: mercoledì la Knesset ha approvato in prima lettura un disegno di legge governativo per impedire ai fornitori di erogare acqua ed elettricità agli immobili registrati all’UNRWA. Inoltre, le autorità statali potranno prendere il controllo del terreno che ospita gli stabilimenti dell’agenzia ONU, con particolare interesse ai terreni di Gerusalemme Est. La giustificazione formale per la stretta si poggia su due leggi del 2024, che vietavano all’agenzia di operare su territorio israeliano. In realtà, la risoluzione statunitense approvata all’ONU era stata rivista proprio per rimuovere il testo che avrebbe impedito all’UNRWA di continuare a fornire i propri servizi nella Striscia di Gaza. (the Times of Israel) La risoluzione, subito condannata dai movimenti partigiani palestinesi, è guardata con sempre più scetticismo dalla popolazione palestinese. Middle East Eye ha parlato con alcuni residenti di Gaza, che sottolineano come l’accordo “ignora tutte le esigenze umanitarie,” perché “le ha subordinate a considerazioni politiche, collegando la ricostruzione al disarmo” di Hamas e degli altri gruppi armati. Nermin Basel, una residente di Gaza che è stata costretta a lasciare la città durante gli attacchi dell’anno scorso, sintetizza: “Non è un piano pensato per fare giustizia e portare alla pace.” (Middle East Eye)
La falsa promessa di uno stato palestinese
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato con 13 voti a favore, grazie all’astensione di Russia e Cina, la risoluzione proposta dagli Stati Uniti in sostegno agli accordi di Sharm el-Sheikh. Il testo prevede la creazione di una “Forza di stabilizzazione internazionale,” l’ISF, che dovrà gestire la sicurezza nei territori della Striscia di Gaza in vista dello “disarmo definitivo dei gruppi armati non statali,” e di un “Consiglio di pace,” che svolgerà un ruolo di governo di transizione per i territori devastati dalle IDF, almeno fino alla fine del 2027. Con la modestia che lo contraddistingue, Trump ha postato che l’approvazione sarà ricordata come “una delle più importanti della storia delle Nazioni Unite,” e che “porterà alla Pace nel Mondo.” Il testo approvato è quello della seconda revisione della diplomazia di Washington, che menziona senza nessun impegno materiale la formazione di un futuro stato palestinese. Nell’immediato, il cambiamento più rilevante per le persone a Gaza è che la risoluzione dovrebbe garantire il passaggio della gestione degli aiuti umanitari dal COGAT israeliano alla coalizione internazionale che formerà il Consiglio di pace. L’inviato cinese alle Nazioni Unite Fu Cong ha descritto la risoluzione approvata come “molto preoccupante,” e “incompleta,” siccome “non dimostra il principio fondamentale che a governare la Palestina ci siano i palestinesi”: “Gaza appartiene al popolo palestinese, e nessun altro.” Pechino ha espresso preoccupazione anche per la formazione del Consiglio di pace, sottolineando come la risoluzione non ne descriva “struttura, composizione, termini di riferimento e criteri di preparazione.” L’ambasciatore russo Vasilij Nebenzja ha dichiarato che gli Stati Uniti non si stavano comportando in “buona fede” riguardo alla pace a Gaza. “La cosa più importante è che questo documento non diventi una foglia di fico per gli esperimenti sfrenati condotti dagli Stati Uniti in Israele, nei territori palestinesi occupati.” (UN News / Nazioni Unite / Truth Social / Maktoob) È difficile vedere nella menzione della possibile, futura, formazione di uno stato palestinese niente di più di un contentino per placare gli alleati più scettici del piano di Trump. Da Israele — che resta ovviamente l’unico ostacolo reale alla formazione di uno stato di Palestina — la reazione all’imminente approvazione della risoluzione è stata quella che potete immaginare. Poco prima del voto il ministro della Sicurezza nazionale Ben–Gvir ha dichiarato che “se viene accelerato il riconoscimento di uno stato terrorista di Palestina” (sic) “bisogna dare gli ordini per le uccisioni mirate dei più alti funzionari dell’Autorità Palestinese, che sono terroristi a tutti gli effetti, e anche per l’arresto di Abbas. C’è una cella di isolamento pronta per lui nel carcere di Ketziot.” Gli ha fatto eco il ministro delle Finanze Smotrich, che ha promesso ai membri della sua sigla estremista Sionismo religioso che “il piano per un percorso verso lo stato palestinese non si concretizzerà.” Smotrich ha dichiarato: “La missione della mia vita è impedire la creazione di uno stato palestinese nel cuore della nostra terra.” L’idea di uno stato palestinese va “uccisa,” ha spiegato Smotrich, dicendo che al massimo si potrebbe costruire uno stato palestinese “in uno qualsiasi dei numerosi paesi arabi, o anche in diversi paesi europei... ma non qui.” (the Times of Israel) Hamas ha rilasciato una dichiarazione denunciando le molte lacune della risoluzione: “Questa risoluzione non è all'altezza delle richieste e dei diritti politici e umanitari del nostro popolo palestinese, in particolare nella Striscia di Gaza, che per due anni ha sopportato una brutale guerra genocida e crimini senza precedenti commessi dall'occupazione terroristica di fronte al mondo intero, i cui effetti e ripercussioni persistono nonostante la dichiarazione di fine della guerra secondo il piano del presidente Trump.” “Questa risoluzione separa la Striscia di Gaza dal resto della geografia palestinese e tenta di imporre nuove realtà lontane dai principi e dai legittimi diritti nazionali del nostro popolo, privando così il nostro popolo del diritto all'autodeterminazione e alla creazione del suo Stato palestinese con Gerusalemme come capitale.” “Resistere all'occupazione con ogni mezzo è un diritto legittimo garantito dalle leggi e dalle convenzioni internazionali.” “Assegnare alla forza internazionale compiti e ruoli all'interno della Striscia di Gaza, incluso il disarmo della resistenza, la priva della sua neutralità e la trasforma in una parte del conflitto a favore dell'occupazione. Qualsiasi forza internazionale, se istituita, deve essere dispiegata solo ai confini per separare le forze, monitorare il cessate il fuoco e deve essere sotto la piena supervisione delle Nazioni Unite.” “Le operazioni di soccorso e di assistenza non possono rimanere soggette a politicizzazione, ricatto e sottomissione a meccanismi complessi nel contesto della catastrofe umanitaria senza precedenti creata dall’occupazione, che richiede di accelerare l'apertura dei valichi di frontiera e di mobilitare tutte le risorse per affrontarla attraverso le Nazioni Unite e le sue agenzie, in primis l'UNRWA.” (X)