Territori Resistenti: le connessioni tra caccia e militarismo a Bologna
Dal 26 al 28 settembre si è svolta a Monte San Pietro, in un luogo immerso nella
natura dei colli intorno a Bologna, una 3 giorni organizzata da RIOTDOG con la
collaborazione di altre realtà, denominata Territori Resistenti e dedicata alla
lotta contro dominio, caccia e colonizzazione.
In particolare, durante la seconda giornata dei lavori, i partecipanti sono
stati invitati ad un dibattito teorico sulla caccia, volto a declinare il tema
in relazione a cinque diverse prospettive: il militarismo, il colonialismo, il
patriarcato, lo specismo e l’industria agroalimentare.
Per il nostro Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università è intervenuto Giuseppe Curcio, al quale è stato chiesto di coordinare
il gruppo che aveva il compito di analizzare le connessioni tra caccia e
militarismo.
Ciascun gruppo ha preso posto in un angolo diverso del suggestivo luogo in cui
si è svolto il weekend di lotta e riflessione e dall’analisi sviluppata dal
confronto sono emersi alcuni aspetti principali che sintetizziamo di seguito.
Innanzitutto, si è pensato di distinguere un piano cognitivo ed un piano più
fisico e materiale nelle quali operano le dinamiche e le strategie messe in atto
negli ambiti del militarismo e della caccia, anche se talvolta questi piani si
intrecciano:
* analogamente a quanto avviene nel processo di militarizzazione, anche chi
sostiene la caccia opera su un piano cognitivo e necessità di legittimazione
del proprio ruolo e della propria presenza e la sua azione adducendo elementi
che vadano a favore della collettività collaterali e complementari al
semplice uso delle armi per uccidere. Ad esempio, se i militari evidenziano i
compiti che hanno a che fare con la protezione civile e gli interventi in
materia di tutela ambientale, anche i cacciatori cercano di autolegittimare
la propria funzione affermando che la loro presenza sul territorio aiuti a
mantenere puliti i boschi e protetti i luoghi naturali grazie alla loro
opera;
* il tema del dominio e del controllo del territorio sono caratteri peculiari
che contrassegnano sia la caccia che quello della militarizzazione: entrambi
questi mondi vedono i territori come target da conquistare e da predare per
esercitare il loro dominio su altri esseri viventi, umani nel caso della
guerra e non umani nel caso della caccia. Nell’ottica del dominio il
controllo del territorio diventa un elemento chiave: una battuta di caccia o
un’esercitazione comporta l’espulsione di ogni altro essere umano da quel
pezzo di territorio per avere mano libera col pretesto della sicurezza;
* anche la caccia tende a mettere in atto, come avviene con il militarismo, un
processo di normalizzazione della sua presenza nella società per farla
percepire come un’attività legittima e del tutto intrecciata con la presenza
umana nei territori, come una forma normale di gestione e regolazione della
sicurezza dei luoghi per mantenere alcuni equilibri, che non sono poi
veramente tali (ad esempio, gli abbattimenti programmati di alcune specie di
animali come i cinghiali, quando superano determinate dimensioni);
* l’aspetto ludico-sportivo rappresenta poi un elemento chiave su entrambi i
versanti, soprattutto per avvicinare i giovanissimi, nell’ottica di far
percepire loro come la caccia o la vita militare possano essere una naturale
prosecuzione di quel gioco “sparatutto” o di quello sport praticato in
gioventù (tiro al piattello, tiro con l’arco o con la balestra, orienteering,
sopravvivenza, etc.) e rappresenta anche un percorso per testare capacità ed
abilità ai fini di un “reclutamento” successivo. Non a caso, l’attività di
propaganda nelle diverse iniziative pubbliche di divulgazione del mondo della
caccia e del mondo militare prevedono la presenza di aree adibite a mettersi
alla prova in tali specialità o anche nei poligoni di tiro. Una propaganda
volta sia a normalizzare che a reclutare;
* la spettacolarizzazione dell’attività svolta ha poi la funzione di
affascinare e coinvolgere rendendo più “leggero” l’impatto sulla percezione
della cittadinanza e dell’opinione pubblica in generale. La morte viene
spettacolarizzata per abbassare il livello delle pregiudiziali morali contro
queste attività: si sono menzionate anche le gite via terra e via mare, i
tour sui colli o i tour in barca degli israeliani di fronte a Gaza dove, come
in un orrendo safari, una guida mostra come l’esercito israeliano bombarda i
civili palestinesi nelle loro case, mentre i “turisti” osservano tutto con
l’ausilio di un binocolo, come avviene appunto anche nelle battute di caccia;
* si osserva inoltre una connessione legata alla prospettiva specista: nelle
grandi guerre o ad esempio nel genocidio in corso a Gaza si tende a
giustificare le stragi perpetrate con un processo di animalizzazione e quindi
deumanizzazione delle vittime. Si considerano gli esseri umani uccisi quasi
come bestie, come animali per togliere valore alle loro vite. E così succede
nella piattaforma di giustificazione della caccia, dove si tratta realmente
di animali, i quali vengono ingiustamente presentati come esseri viventi
legittimamente sacrificabili, quasi come se fossero nati per essere puntati e
uccisi senza riconoscere la dignità e la sacralità della loro vita;
* ma anche nell’approccio più fisico e materiale, si tende in entrambe le
categorie del militarismo e della caccia a far passare l’uso delle armi come
qualcosa che rientri nella quotidianità e lo si fa talvolta anche avvicinando
con pratiche, tecniche e strategie di marketing operativo portando ad esempio
i consumatori ed i cittadini a frequentare i luoghi nei quali sono presenti
le armi e tutto ciò che è connesso ai mondi della caccia e del militarismo
(ad es. le armerie o semplicemente i reparti caccia e pesca di negozi di
articoli sportivi ed i tanti luoghi “vestiti” con i colori del camouflage,
anche nel settore dell’abbigliamento). Per comprare un fumogeno da portare in
un corteo di protesta bisogna recarsi in armeria per via della specificità
del prodotto legato a specifiche licenze, ma anche per un semplice coltellino
per tagliare delle corde occorre recarsi in un negozio che abbia articoli di
caccia e pesca e acquistare un “tagliabudella”;
* il ruolo dell’innovazione tecnologica rappresenta un altro ambito di
connessione fra caccia e militarismo. Dal progresso di alcune tecnologie
nascono prodotti sempre più performanti e di conseguenza più impattanti
nell’opera di distruzione e devastazione che pongono in essere: ad esempio
1) visori notturni utilizzati in guerra vengono adottati anche da
chi caccia al buio;
2) l’intelligenza artificiale usata dai militari per mappare la
morfologia dei territori viene utilizzata per individuare tane di animali o
luoghi ideali per posizionarsi e cacciare;
3) le fototrappole possono essere utilizzate indistintamente in
guerra contro soldati o civili, ma anche nella caccia per gli animali;
* l’uso delle armi comporta poi un certo numero di “danni collaterali”, cioè
anche esseri umani che ci rimettono la vita per un proiettile o un colpo
partito per caso oppure anche per via dell’esposizione a sostanze dannose per
la salute, come ad esempio l’uranio impoverito, il torio radioattivo, il
cadmio, il piombo e l’antimonio: le munizioni all’uranio impoverito
rilasciano nanoparticelle di metalli pesanti e radiazioni, che possono essere
inalate e ingerite, causando danni alla salute come mesotelioma e tumori (in
particolare linfoma di Hodgkin e leucemie), danni ai reni, al pancreas, allo
stomaco e all’intestino;
* l’accesso alle armi rappresenta un nodo fondamentale ed anche quello più
visibile che accomuna il mondo della caccia alla sfera militare. Infatti,
entrambi si presentano come opportunità per agevolare nell’accesso alla
detenzione ed all’uso di un’arma, attraverso il patentino armi per uso di
caccia oppure il servizio militare nelle Forze Armate o nei Corpi armati
dello Stato può attestare l’idoneità al maneggio delle armi (DIMA), utile per
l’accesso al porto d’armi;
* L’impatto ambientale che la guerra e la caccia producono è significativo. La
guerra è di sicuro l’attività umana più distruttiva in termini ambientali,
nella fase di produzione delle armi, durante il suo utilizzo ed anche dopo la
fine dei conflitti per la contaminazione che permane per decenni e secoli
nell’ambiente. Anche la caccia, così come la pesca, rappresenta uno dei
principali motivi che portano all’estinzione di alcune specie animali e si
presenta come atto di predazione e colonizzazione della natura nei territori,
oramai anche quelli più incontaminati e più lontani dai centri abitati. Gli
inquinanti contenuti nelle munizioni contaminano l’ambiente per decenni;
Le analisi e le risultanze dei confronti all’interno di ciascun gruppo sono
state poi restituite in plenaria, evidenziando collegamenti fra le varie
dimensioni analizzate, e contribuiranno a creare un opuscolo che riassumerà gli
interessanti lavori della giornata e rappresenterà un prezioso strumento di
divulgazione per una maggiore consapevolezza sul tema della caccia e sulle
implicazioni che la sottendono.
Infine, si è evidenziato come negli ultimi anni si sia verificata una
convergenza della lotta contro la caccia con la lotta antimilitarista, ad
esempio nella scena bresciana, dove gli animalisti hanno trovato un terreno
comune per le loro rivendicazioni con chi combatte contro le armi, la NATO e la
forte presenza militare sul territorio (è la zona in cui si trova la Beretta di
Gardone Val Trompia, ma anche la base di Ghedi): un mondo senza armi, senza
cacciatori, senza basi militari della NATO sembra davvero una prospettiva
decisamente migliore di quella attuale.
Anche se apparentemente quello della caccia può sembrare concettualmente
distante da quello del processo di militarizzazione al di là di qualche elemento
fisico comune, in realtà le connessioni hanno evidenziato dinamiche simili e
terreno fertile per un approccio di lotta comune contro le armi e la predazione
dei territori. Convergiamo e resistiamo insieme!
Giuseppe Curcio, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università, Bologna