Carabinieri e prevenzione a Livorno: chi dovrebbe veramente combattere il tumore al seno?Segnaliamo questo articolo di propaganda uscito sulla cronaca locale di Livorno:
I Carabinieri Paracadutisti del Tuscania in prima linea per la prevenzione:
screening gratuiti contro il tumore al seno.
A partire dal titolo, una “prima linea” che richiama tempi di guerra,
l’immaginario evocativo dell’articolo mette al centro i corpi speciali dei
Carabinieri come se fossero i protagonisti in un ambito dove, invece, di fatto
non c’entrano nulla. I protagonisti della prevenzione sono e devono essere i
medici, non certo i militari e a combattere purtroppo, non sono certo i
militari, ma tutte le donne che oggi hanno un tumore e che forse avrebbero
potuto prevenirlo, se avessero avuto la possibilità di controlli regolari.
Condividiamo il messaggio di fondo – sia chiaro – promuovere la cultura della
prevenzione, e riportiamo integralmente le parole dei medici organizzatori «La
diagnosi precoce consente di individuare lesioni anche di piccole dimensioni e
quindi di intervenire tempestivamente, migliorando significativamente le
possibilità di guarigione».
Ma se «prendersi cura di sé è un dovere, ma anche un diritto» non capiamo come
mai «operazioni di controllo clinico,[sono state] riservate [solo] alle militari
e alle familiari dei militari», rendendo così quella che poteva essere
un’iniziativa aperta a tutte, un mero privilegio di poche donne legato alla
divisa militare.
Se si possono portare avanti operazioni di questo tipo – fondamentali per la
salute pubblica – «grazie alla disponibilità dell’Infermeria del 1° Reggimento
Carabinieri Paracadutisti Tuscania», quello che ci deve preoccupare è lo stato
di funzionamento del nostro sistema sanitario che quindi non avrebbe lo spazio
per un controllo basilare come la prevenzione al cancro al seno. Eppure questa
infermeria fa in ogni caso parte del patrimonio pubblico, l’eccezionalità è data
quando viene utilizzata in maniera esclusiva dai militari, non certo quando
viene aperta ad un pubblico più ampio.
Se veramente i militari del Tuscania si volessero mettere in gioco, potrebbero
rinunciare alla costruzione di una nuova infrastruttura a loro dedicata
all’interno del parco naturale di San Rossore, il cui costo complessivo è
stimato in 520 milioni di euro. Con tale cifra, secondo le stime fatte in
parlamento durante la discussione del DL per la riduzione delle liste di attesa
si potrebbe garantire la mammografia biennale a tutte le donne dai 45 anni e
fino ai 74 anni per 4 anni. Peccato che questa primavera gli emendamenti
proposti in commissione sanità che puntavano a potenziare lo screening sono
stati bloccati in commissione bilancio. Il tutto mentre l’Italia si appresta
dietro la spinta della Nato ad aumentare le spesi militari al 5% del PIL.
Quindi si tagliano i fondi per la spesa sanitaria, si investe in armamenti, ma
poi si fa propaganda per i bravi militari che promuovono la prevenzione per i
tumori al seno. Quando la vera urgenza, come denunciato dall’associazione Europa
Donna è assicurare la possibilità di uno screening mammografico ai 2 milioni di
donne a cui oggi è negata la possibilità di prevenzione
Fausto Pascali, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università