Le lacrime di coccodrillo di Emanuele Fiano. Una risposta ragionata
Arrivare a questi livelli di ipocrisia era davvero un’impresa ardua. Ma ci sono
riusciti. Un’azione di contestazione che i ragazzi del FGC hanno aperto con le
parole “non siamo antisemiti, respingiamo l’antisemitismo”, scandite a gran voce
in un microfono e udite da tutti, è stata raccontata a reti unificate sui
giornali italiani come un “attacco antisemita” contro Emanuele Fiano, ex
parlamentare del PD ed esponente di “Sinistra per Israele”.
Fiano, che prima di essere contestato ha parlato per almeno 40 minuti, sarebbe
stato messo a tacere perché ebreo. “Come mio padre nel ‘38”, ha aggiunto
incredibilmente, con una dose notevole di sfacciataggine. Non c’è una parola più
appropriata, quando persino la tragicità della sua vicenda familiare, che lui
per primo dovrebbe trattare con rispetto, viene svilita pur di avere un
argomento politico spendibile a breve termine contro chi critica Israele,
facendo fronte comune con il governo di destra. Scomodando la memoria di suo
padre perseguitato dall’OVRA sotto le leggi razziali, Emanuele Fiano insulta la
nostra intelligenza, perché è chiarissimo che è stato contestato per le sue
posizioni politiche. Per dirla in una battuta, Moni Ovadia non avrebbe ricevuto
la stessa contestazione.
Fiano lo sa benissimo, anche se finge di non saperlo. Ci sembra piuttosto
che Fiano, che è un politico di lungo corso e tutt’altro che un agnellino, si
sia prestato ad un’operazione politica (e mediatica) che ingigantisce una
contestazione per finalità ben diverse dall’affermazione di alcuni principi. È
difficile non notare la convergenza di settori del Partito Democratico assieme
alle forze del governo di destra nel tentativo di ricompattare un consenso
parlamentare attorno alla politica del governo Meloni di difesa di Israele a
tutti i costi. In soldoni vediamo questo scenario: la destra cerca di spaccare
il PD e il “campo largo” agitando l’accusa di connivenza con settori
“antisemiti” contro la segreteria di Elly Schlein; i settori “centristi” e
“moderati” del PD fanno lo stesso dall’interno, puntando alla convergenza con
chi – come Renzi e Calenda – già è disponibile alla pacificazione con il governo
rispetto alla condotta nei confronti di Israele. Il nodo che verrà al pettine
sarà, ed è ampiamente prevedibile, il voto coordinato di tutti questi settori in
favore del DDL Gasparri contro l’“antisemitismo”. Una legge bavaglio che punta a
punire come odio antisemita la critica politica a Israele. Con i fatti di questi
giorni, Fiano è, consapevolmente o meno, uno strumento di questa operazione
politica, senza nessun imbarazzo nell’incassare immediatamente il sostegno degli
eredi politici di coloro che – per davvero – furono complici delle leggi
razziali, delle deportazioni e dello sterminio degli ebrei italiani.
Intanto, Emanuele Fiano ha affidato alle colonne del Foglio (qui l’articolo) un
suo sermone ai “ragazzi fascisti che gli hanno impedito di parlare”. L’articolo
è un ottimo spunto per rispondere nel merito a molti degli argomenti che da due
giorni imperversano su tutti gli organi di stampa.
Prima di entrare nel merito, però, una precisazione doverosa.
Mentre da due giorni si parla a sproposito di Fiano “silenziato”, la verità è
che sulla stampa Fiano e i “suoi” parlano a reti unificate. La gioventù
comunista viene definita un’organizzazione “antisemita” senza possibilità di
contraddittorio e, per ora, di smentita. Un numero veramente risibile di organi
di informazione ha tenuto in conto il comunicato che esprimeva la nostra
posizione, pubblicato peraltro in stralci microscopici, evidentemente per timori
legali. Nessuna trasmissione televisiva ha invitato esponenti del FGC a parlare
per esporre le proprie tesi. Ai cittadini viene proposta un’informazione a senso
unico. Se c’è un pericolo di censura è questo! Questo, e non la contestazione di
un gruppo di studenti a un ex deputato che esprime delle posizioni quantomeno
definibili controverse, come la negazione del genocidio nella striscia di
Gaza. Questo articolo, parafrasando il titolo dell’articolo di Fiano, avrebbe
potuto intitolarsi “Il FGC spiega cosa avrebbe voluto dire all’Italia se i
giornali gli avessero dato la parola”.
Fatta questa premessa, entriamo nel merito di alcune cose. Lo facciamo
riportando le parole di Fiano, più di quanto lui e i suoi giornali siano
disposti a riportare le nostre.
Fiano dice:
“ho provato a spiegare che l’antisionismo, quando nega il diritto
all’autodeterminazione di un popolo […] diventa antisemitismo. Se neghi al
popolo ebraico ciò che rivendichi per gli altri – il diritto di autodeterminarsi
– stai compiendo una discriminazione.”
Partiamo da qui.
Definire “autodeterminazione del popolo ebraico” ciò che fa Israele equivale a
dire che l’invasione hitleriana della Polonia era “autodeterminazione del popolo
tedesco”. È autodeterminazione del popolo ebraico il fatto che lo Stato di
Israele dichiari apertamente che non esisterà mai uno Stato di Palestina? È
autodeterminazione sterminare 70mila persone a Gaza? È autodeterminazione degli
ebrei aver costretto la popolazione di Gaza a vivere in un assedio perenne, aver
imposto un regime di apartheid nei territori occupati della Cisgiordania?
Rivendicare una terra abitata da un altro popolo sulla base di un messianesimo
religioso? Il principio di autodeterminazione dei popoli nasce per riconoscere
legittimità alle lotte delle popolazioni sottoposte ad occupazioni coloniali.
Nel momento in cui si usa per legittimare l’operato di Israele, che da decenni
occupa territori al di fuori di qualsiasi forma di legalità sancita dal diritto
internazionale si compie un grottesco e inaccettabile ribaltamento della realtà.
La questione diventa più chiara seguendo lo sviluppo del ragionamento di Fiano:
“Si può contestare, si deve discutere. Si può criticare il governo di Israele,
come qualsiasi governo. Ma negare agli ebrei il diritto
all’autodeterminazione, cancellare lo stato di Israele dalla carta, impedire la
parola a chi non si allinea: questo non è dibattito, è totalitarismo.”
Apriti cielo. Si costruiscono castelli in aria, ma fino a prova contraria qui
sulla terra è lo Stato di Israele a essere sulle carte geografiche, mentre lo
Stato di Palestina non c’è. E non c’è precisamente perché Israele ha deciso di
impedire che possa esistere.
A questa obiezione basilare solitamente si sente la stessa risposta “Sì, ma è
perché Hamas ha come obiettivo la cancellazione dello Stato di Israele”. Ecco,
questo è un esempio da manuale di informazione manipolata e parziale. Nel
programma originale del partito oggi al governo in Israele, il Likud, si leggeva
“Il diritto del popolo ebraico alla terra di Israele è eterno e indiscutibile
[…] tra il Mare e il fiume Giordano ci sarà solo la sovranità israeliana”[1]. In
Italia si scrivono fiumi di parole sullo slogan “dal fiume al mare”, che spesso
viene urlato nelle manifestazioni per la Palestina, ma si dimentica che questo
slogan nasce proprio in Israele e nel piano di cancellare i palestinesi dalla
Palestina. I palestinesi lo hanno fatto proprio di riflesso.
Si dimentica anche che le cose sono più complesse della dicotomia tra i
“pacifici” e gli “intolleranti” che si vorrebbe raccontare. Anche dal lato
palestinese. Ad esempio, quanti sanno che Hamas nel 2017 aveva accettato la
prospettiva di uno Stato palestinese nei confini del 1967 e quindi,
implicitamente, una soluzione a due Stati?[2]
È proprio sulla questione dei “due popoli, due Stati” che si svela l’enorme
ipocrisia di fondo di Fiano e compagnia. Formalmente, proclamano di essere per
“due popoli, due Stati”, al punto da aver inserito queste parole anche nel loro
nome. Lo dicono, come lo dicono gli USA e l’UE. Ma nei fatti sostengono Israele,
e promuovono la sinistra “per Israele”, proprio mentre l’obiettivo di Israele è
cancellare per sempre dalla storia la possibilità di uno Stato palestinese e di
una soluzione a due Stati. E la cosa peggiore non è neanche questa.
La cosa peggiore è che Israele vuole sì uno Stato unico, ma non è disposto a far
sì che sia uno Stato anche per i palestinesi. Non vuole uno stato binazionale,
ma uno Stato ebraico chiuso in cui gli “arabi”, come vengono chiamati da quelle
parti (negando che esista una nazionalità “palestinese”) saranno al massimo
“ospiti”, minoranza, cittadini di serie B. Israele non vuole dare diritti di
cittadinanza a milioni di palestinesi, perché teme che diventino la maggioranza.
Non vuole una “soluzione” a uno Stato, ma piuttosto una “situazione” a uno
Stato, imponendo con la forza, de facto, la sua esistenza esclusiva tra il fiume
e il mare.
Oggi non si può essere contemporaneamente per “due popoli due Stati” e “per
Israele”. Se si è per due Stati, bisogna prendere parola contro Israele. Ma
questo la “Sinistra per Israele” non lo fa.
E no, non basta dirsi contro il governo di Netanyahu. Si tratta di una posizione
di comodo, per provare a rendersi più presentabili nel dibattito pubblico e,
probabilmente, per lavarsi un po’ la coscienza. Talmente di comodo che negli
ultimi mesi persino esponenti del governo di destra, dinnanzi a uno scenario
sempre più indifendibile nella Striscia di Gaza, non hanno lesinato critiche al
primo ministro israeliano. Dirsi contro il governo di Israele, a favore
dell’opposizione di Lapid, che in questi anni ha dato pieno sostegno all’operato
dell’esecutivo a Gaza, non rende le proprie posizioni sulla questione
palestinese più accettabili, al massimo più ipocrite. Quello che avviene ai
palestinesi non è imputabile al fatto che in Israele c’è un governo di destra,
ma piuttosto a una strategia condivisa sia dal governo israeliano che dalla sua
“opposizione”, espressione delle élite di quel paese.
Dove sono le parole di Fiano contro il genocidio dei palestinesi – riconosciuto
come tale dalle corti internazionali, dall’ONU, da tutte le ONG umanitarie –
compiuto da Israele? Non esistono. Silenzio. Dove sono le parole contro il piano
di trasformare Gaza in un protettorato degli USA? Non ci sono, silenzio.
È legittimo o no contestarli pubblicamente per le posizioni politiche che
esprimono e per quelle che non esprimono? A nostro avviso, lo era eccome. Era
anzi doveroso.
Per sviare l’attenzione da questo silenzio imbarazzante, accusano noi di essere
intolleranti e di volere “la cancellazione dello Stato di Israele”.
Il FGC, in continuità con la posizione assunta dal movimento comunista
internazionale, sostiene la nascita e il riconoscimento di uno stato palestinese
indipendente e sovrano nei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale e
la garanzia del diritto al ritorno dei profughi palestinesi. Se certi giornali
avessero fatto un minimo di inchiesta avrebbero trovato questa posizione nelle
nostre dichiarazioni recenti (l’ultima risale a pochissimi giorni fa)[3].
Sappiamo bene che non è una prospettiva priva di criticità, anzi. Ma allo stato
attuale delle cose, il minimo che si possa fare è ristabilire il diritto
internazionale ed esigere che Israele si ritiri all’interno dei confini
riconosciuti come legittimi dalle Nazioni Unite. Israele deve smantellare le
colonie, rompere l’assedio e permettere la nascita di uno Stato di Palestina.
Proprio perché non siamo ipocriti, dinanzi alla realtà dell’occupazione e del
regime di apartheid, riconosciamo il diritto dei palestinesi a lottare con tutti
mezzi contro l’occupazione illegittima e l’oppressione. Per qualche assurda
ragione, nell’Italia che ha conosciuto bene l’occupazione tedesca e la lotta
partigiana di liberazione, si fa fatica a riconoscere una prerogativa
riconosciuta dal diritto internazionale, cioè il diritto alla resistenza contro
un’occupazione. È una cosa tanto semplice che fino a qualche decennio fa era
pacifico che venisse ricordata davanti al parlamento dal Presidente del
Consiglio italiano e persino dagli esponenti della DC. Negli ultimi anni,
invece, proprio le posizioni che si vorrebbero presentare come “silenziate”
hanno messo una pressione tale da rendere il riconoscimento di questo diritto
qualcosa di difficile anche solo da pronunciare. Praticamente nessuno tra i
“politici” lo fa, mentre tra gli intellettuali va riconosciuto il coraggio di
averlo fatto a Piergiorgio Odifreddi.
Ma verrebbe da porgere la seguente domanda: secondo la “Sinistra per Israele”,
esattamente, i palestinesi cosa dovrebbero fare? Attendere per grazia divina che
Israele smetta di fare quello che sta facendo da decenni? O attendere che uno
Stato palestinese venga loro offerto dalla stessa “comunità internazionale”
composta dagli alleati storici di Israele? A questo interrogativo non daranno
risposta. Ribadiranno banalità come “la violenza è sempre sbagliata” e che
quando i palestinesi sparano “passano dalla parte del torto”. Il fatto che tutti
i principali partiti politici palestinesi – compresa Fatah, che pure è al
governo dell’ANP – abbiano le loro milizie armate, e che la lotta armata
palestinese abbia una storia pluridecennale che risale a molto prima della
nascita di Hamas, non scalfirà le coscienze della nostra “Sinistra per Israele”.
A proposito di democrazia, poi. Fiano dice:
“La libertà di espressione non è un favore concesso agli amici: è la regola che
protegge tutti, soprattutto le minoranze e i dissenzienti. Vale per me oggi,
varrà per loro domani.”
In Israele i dissidenti vengono perseguitati, sanzionati, espulsi fisicamente
dal parlamento appena esprimono dissenso, come accade da tempo al deputato
comunista Ofer Cassif, membro del Partito Comunista di Israele (Maki) e di
Hadash. Verrebbe da chiedere a Fiano se la sua idea di libertà è quella
israeliana. A giudicare dalle richieste di mettere a tacere Francesca Albanese e
dall’utilizzo arbitrario dell’accusa di antisemitismo come clava contro il
dissenso politico, forse sì. Fiano invoca la “libertà di parola” e inventa una
censura inesistente, mentre non sembra farsi problemi nell’essere uno strumento
della destra nazionalista per introdurre una censura vera e pesante. Il DDL
contro l’antisemitismo depositato in Parlamento da Gasparri è uno strumento che
verrà utilizzato per mettere a tacere a colpi di denunce per crimini di odio le
mobilitazioni in sostegno del popolo palestinese, le agitazioni degli studenti
nelle scuole e nelle università, tutti accusati di “antisemitismo”.
Infine, un’ultima precisazione che ci sta a cuore. Diversi organi di stampa, nel
tentativo di attaccare il FGC e di suggerire un accostamento tra i comunisti e
l’estrema destra, ha utilizzato il nome della nostra organizzazione giovanile,
il Fronte della Gioventù Comunista, come “prova” di connivenza con
l’antisemitismo, richiamando alla memoria la giovanile del Movimento Sociale
Italiano. Curiosamente, chi suggerisce questo accostamento incassa la
solidarietà proprio di quelli che nel MSI ci stavano davvero.
In ogni caso, vale la pena ricordare in chiusura che il Fronte della Gioventù è
stato il nome dell’organizzazione giovanile unitaria della resistenza partigiana
in Italia. Fu fondato nel gennaio 1944 proprio da un partigiano ebreo, il
comunista Eugenio Curiel, e al suo interno c’erano la FGCI e delle altre
giovanili antifasciste. Come avvenne anche con il nome “Ordine Nuovo”, i
neofascisti si appropriarono di quella sigla con chiarissimo intento
provocatorio. È a quella storia che il FGC si richiamò quando fu fondato nel
2012.
Il richiamo all’esperienza del Fronte della Gioventù fondato da Curiel è utile
anche ad evidenziare un fatto più eloquente di tante parole: in quei drammatici
anni, nel pieno della lotta contro il mostro nazista che si macchiava delle
deportazioni e dell’Olocausto, nessuno propagandava l’idea che per gli ebrei
dovesse essere una sorta di obbligo morale ed esistenziale l’adesione al
sionismo, come invece avviene oggi. Anzi, tantissimi ebrei come Curiel hanno
dato il loro contributo alla lotta partigiana riconoscendosi proprio
nell’adesione su base politica ad una lotta che veniva condotta su queste basi
contro la discriminazione razziale, anche nel rifiuto della separazione su base
etnica e religiosa. A riprova ulteriore della profonda differenza tra l’essere
ebrei e aderire politicamente al sionismo.
A chi ci consiglia di “studiare” con i soliti toni paternalistici, consigliamo
la “Storia del Fronte della Gioventù nella Resistenza” scritta dal partigiano
Primo De Lazzari.
Emanuele Fiano e “Sinistra Per Israele”, tanto vi dovevamo.
Avete scatenato tutta la forza mediatica di cui disponete.
Ora, se avete il coraggio, visto che vi presentate come “amanti del dialogo”,
accettate davvero un confronto politico.
--------------------------------------------------------------------------------
[1] https://www.jewishvirtuallibrary.org/original-party-platform-of-the-likud-party
[2] https://www.aljazeera.com/news/2017/5/2/hamas-accepts-palestinian-state-with-1967-borders
[3] https://www.gioventucomunista.it/wp-content/uploads/2025/10/comunicato-ottobre-palestina.pdf
Redazione Italia