Contro la violenza dei coloni in Cisgiordania servono scelte vincolanti
La violenza dei coloni israeliani in Cisgiordania contro la popolazione
palestinese è in costante escalation. Le cronache e i rapporti delle
organizzazioni per i diritti umani documentano migliaia di attacchi negli ultimi
due anni, registrando un record assoluto proprio lo scorso ottobre con almeno
264 attacchi in un mese: incursioni armate nei villaggi, pestaggi, distruzione
sistematica di case, campi e infrastrutture, furti e saccheggi.
Uno degli episodi più recenti è avvenuto nella zona di Ein al-Dujuk, vicino a
Gerico: quattro attivisti – un canadese e tre italiani – sono stati aggrediti
nel sonno, picchiati e derubati da un gruppo di coloni mascherati, armati di
bastoni e fucili. È l’ennesima prova di una violenza di tipo squadrista, resa
possibile dall’impunità garantita dalle autorità israeliane, che mira
strategicamente a terrorizzare la popolazione palestinese per spingerla ad
abbandonare la propria terra.
Ogni giorno palestinesi subiscono gli stessi attacchi terroristici – spesso
ancora più violenti e con esito letale – lontano dalle telecamere e
dall’attenzione dei governi occidentali:
«Siamo stati aggrediti nel sonno, picchiati, derubati di documenti, telefoni,
carte di credito e di tutti i nostri effetti personali. Quello che è accaduto a
noi è la realtà quotidiana dei palestinesi: siamo qui a supporto della
popolazione e per documentare quanto accade, perché la nostra esperienza sia
cassa di risonanza della loro quotidianità.», ci ha raccontato uno dei volontari
aggrediti.
Di fronte all’aggressione a Ein al-Dujuk, il Ministro degli Esteri Antonio
Tajani si è limitato a un commento generico, minimizzando l’accaduto,
condannando timidamente a Israele e invitandolo a fermare le azioni dei coloni
in Cisgiordania. Non è sufficiente: il governo Meloni deve assumere decisioni
concrete, all’altezza della gravità delle violazioni del diritto internazionale
da parte dell’entità sionista.
«L’Italia deve agire nei confronti di Israele alla stregua di quanto la comunità
internazionale fece contro il regime di apartheid sudafricano, adottando misure
non simboliche ma vincolanti, per isolare un regime criminale» ha dichiarato
Maria Elena Delia, portavoce italiana di GMTG/GSF. «Per questo chiediamo che il
governo italiano assuma immediatamente i seguenti impegni concreti»:
* embargo sulle armi e sui componenti militari destinati a Israele;
* sospensione degli accordi di cooperazione politica, commerciale, militare, di
sicurezza e ricerca strategica che rafforzano l’occupazione;
* disinvestire e smantellare ogni forma di collaborazione nelle arene
politiche, culturali e sportive, finché non sarà messo fine all’occupazione e
i responsabili del genocidio saranno perseguiti e chiamati a rispondere dei
propri crimini.
A Gaza, intanto, centinaia di migliaia di persone affrontano l’inverno in tende
allagate e insicure, con accesso limitato a cibo, acqua e cure mediche.
Chiediamo con forza al ministro Tajani di utilizzare tutti gli strumenti a
disposizione del governo per ottenere l’apertura di corridoi umanitari
permanenti e rimuovere gli ostacoli politici e burocratici all’ingresso degli
aiuti. La credibilità di una nazione si misura sulla capacità di trasformare le
dichiarazioni di facciata in scelte concrete, nel rispetto degli obblighi
internazionali che l’Italia ha sottoscritto e ratificato.
Global Movement to Gaza