Festival della Pace a Brescia: un kaki di Nagasaki a Bruxelles
Dal 7 novembre Brescia sta ospitando l’ottava edizione del Festival della Pace,
organizzata da Comune e Provincia in collaborazione con Fondazione Brescia Musei
e Amnesty International, con l’alto patrocinio del Parlamento Europeo. La
rassegna, ormai punto di riferimento nel panorama culturale bresciano e
nazionale, mette quest’anno al centro il tema dell’Europa e del suo ruolo nel
mondo contemporaneo. Tra gli eventi di chiusura il 23 novembre al teatro San
Carlino (Corso Matteotti 6) si terrà l’incontro “Un kaki per Bruxelles” moderato
da Nuri Fatolahzadeh (“Il Giornale di Brescia) con la presenza di Francesco
Foletti e Giulia Bonomelli (Brescia-Nagasaki Tree Project for Europe), di
Giorgio Gori e Massimiliano Salini (europarlamentari). A pochi giorni
dall’incontro abbiamo incontrato Giulia Bonomelli (Direttivo Kaki Tree Project)
e le abbiamo posto qualche domanda.
Come hai conosciuto il kaki di Nagasaki?
L’ho conosciuto attraverso Francesco Foletti. Allora, io abito a Castegnato.
Inizialmente non fu attraverso il kaki, ma attraverso lo sport, l’associazione
Motus. Lui ha avvicinato mio marito che è un insegnante di educazione fisica
specializzato in atletica. Hanno iniziato una collaborazione molto efficace e
fruttuosa, nel senso che hanno fatto diventare l’associazione qualcosa di bello,
importante, molto radicato nel paese e non solo. E poi, piano piano ,mi ha così
fatto conoscere il Kaki tree project che allora era ancora molto legato al
Giappone. Nel frattempo sono diventata un amministratore per il Comune di
Castegnato, consigliere con delega proprio i temi della pace. Mi hanno affidato
il kaki, che è stato messo a dimora qui nel nostro paese, uno dei primi, tra
l’altro, nel bresciano. Poi è successa una cosa…
Nel 2020, durante il Covid, è venuto a Castegnato il presidente Sergio
Mattarella. E’ stato un evento particolarissimo. Ecco, lui è venuto senza che
nessuno lo sapesse e quando ce l’hanno detto, neanche noi ci credevamo.
Casualmente anche Francesco era lì quella mattina, lui non va mai al Civettino
(il cimitero locale) il 1° di novembre, ma quel giorno vede il Presidente della
Repubblica. A un certo punto, dopo questa visita particolare, ci siamo detti:
“Come Castegnato potrebbe ricambiare questo gesto di generosità del Presidente?
Regaliamogli un kaki”. Quindi abbiamo cercato, attraverso l’amministrazione, di
proporre questa pianta come segno di riconoscenza da parte della comunità. Ci
abbiamo messo un po’, ma alla fine ce l’abbiamo fatta: un esemplare è stato
messo a dimora a Castelporziano.
Ho creato il percorso Vivi, i bagni di gong. Anche questo è nato nell’anno della
pandemia, quando io cercavo da consigliere, durante l’estate, di creare piccoli
eventi nel mio paese per portare le persone fuori di casa, perché ormai non
usciva più nessuno, erano tutti spaventati. Ho creato questi momenti all’aperto
per la comunità, con tutte le norme restrittive che c’erano: presentazioni di
libri aprendo magari le case, quelle particolari, antiche, i cortili… momenti di
benessere nei parchi… Come succedono le cose belle, abbiamo messo insieme i
pezzi. Chi suonava il gong mi ha chiesto di poter creare un percorso in
Franciacorta. Loro pensavano ai vigneti, ma io ho proposto i luoghi dove sono
messi a dimora i kaki. Il gong è uno strumento portatore di pace più interiore,
quindi facciamolo nei luoghi dove ci sono questi alberi della pace. Ci tenevo a
coinvolgere le amministrazioni, perché hanno una grande responsabilità. Possono
prendere una posizione, possono dire la loro.
Da una delle nostre chiacchierate è nato il Kaki bike tour. Abbiamo creato il
primo percorso in Valcamonica e poi, naturalmente, si sogna sempre, ci si
allarga e quindi abbiamo fatto quello successivo da Brescia a San Marino, dopo
ancora da Castel Porziano a Scampia e poi da Trieste a Vienna. Quest’anno
abbiamo toccato i laghi, da quello del Garda a quello di Monate, sempre
attraverso i kaki. Si crea quasi una linea invisibile tra di loro. Portiamo con
noi poi l’esperienza di quelli che abbiamo incontrato la volta precedente, la
condividiamo con gli altri e diventa una grande, grande comunità. Noi ci
arricchiamo tantissimo e a nostra volta portiamo questo anche all’esterno, agli
altri.
Come si intrecciano il kaki di Nagasaki e l’Europa?
La partecipazione al Festival di quest’anno è un po’ la conseguenza dell’evento
che abbiamo fatto lo scorso anno donando l’albero di kaki al sindaco di
Lampedusa, Vito Mannino. Abbiamo voluto portarlo all’estremo confine
dell’Europa, alla porta ed è stato molto bello, molto importante, soprattutto
quando poi l’abbiamo messo a dimora qualche settimana fa. Quest’edizione del
Festival parla di Europa. Noi abbiamo una specie di accordo con il Comune, ossia
donare ogni anno un albero che sia, diciamo così, contestualizzato al tema
centrale. Essendo appunto il tema del 2025 l’Europa, abbiamo ripreso un po’
quanto fatto l’anno scorso. Lampedusa accoglie, però poi dobbiamo anche smuovere
le coscienze di chi prende le decisioni. Perché in realtà questo è importante,
perché chi prende le decisioni ha il dovere anche di pensare al bene comune.
Daremo idealmente a chi ha la responsabilità di custodire in Europa la dignità
umana, la libertà dei popoli, per cui è una presa di responsabilità importante
quella che dovrebbero avere i due europarlamentari presenti a
quest’affidamento. Vorremmo dire di custodire l’Hibakuiumoku di Nagasaki perché,
come tutti gli alberi, ha bisogno di cura e anche le persone hanno bisogno di
cura, di attenzione e di non essere mai perse di vista.
Di tutti i kaki che hai conosciuto ce n’è qualcuno che ti ha colpito
particolarmente, per cui ti sei emozionata?
Di tutti quelli che ho visti, e sono tanti, anche col Kaki bike tour, quello che
mi ha emozionato di più è stato quello di Trieste. Sono affezionata a quello di
Castel Porziano perché evidentemente è un po’ il kaki degli italiani. Anche
perché chi visita Castel Porziano e fa il giro di quel giardino avrà
informazioni anche su questo albero, quindi può arrivare a tante persone. E poi
l’ultimo, quello di Scampia. Quando l’abbiamo messo a dimora, abbiamo trovato
tantissimi amici e scoperto che cos’è Scampia dietro l’immagine che tutti
abbiamo. Io ho capito che spesso dietro a una grande criticità, una grande
sofferenza, una grande fatica, c’è anche una grande reazione da parte delle
persone. Lì ho visto l’umanità, il rispetto proprio per la persona, la cura
della persona, nei volti delle tantissime associazioni che operano là, che sono
racchiuse in questo progetto Pangea. Abbiamo proprio trovato degli amici,
persone con le quali quando ti ritrovi è come non essersi mai lasciati. Questi
sono i tre che ho più presenti dentro di me, naturalmente senza togliere nulla a
tutti gli altri.
Tiziana Volta