La nave che non doveva tornare indietro
Flottilla, Unità nazionale e responsabilità politica: quando l’Italia rinuncia a
se stessa
Riceviamo e pubblichiamo questa riflessione di Paolo Giulierini , archeologo e
saggista, già direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Figura di
spicco nel panorama culturale italiano, Giulierini continua ad intervenire con
passione sui temi dell’identità, della memoria e della responsabilità civile.
C’è chi, di fronte a un limite, avanza e chi torna indietro.
Mi sarebbe piaciuto che, in acque internazionali, qualunque idea si avesse avuto
sull’operazione flottilla, la nostra nave (meglio se fossero state di più)
avesse scortato le imbarcazioni fino all’ultimo miglio di mare praticabile per
legge. Perché, da italiano, anche se non approvassi l’iniziativa, non tollererei
mai di lasciare il pallino della decisione ad altri se ci sono connazionali di
mezzo.
Se il confronto politico nazionale e le pressioni internazionali portano, come
estrema conseguenza, alla frantumazione dei valori dell’appartenenza allo stesso
paese, dividendo tra buoni e cattivi e, alla fine, tra italiani e non italiani
solo in quanto portatori di idee diverse, si è superato un nuovo limite: un
punto di non ritorno.
Nel nostro inno si dice, ad un certo punto, “uniamoci a coorte” o, più
correttamente, “stringiamoci a coorte” : un’espressione tratta dal mondo
militare romano e poi trasmessa nei secoli, che è un anelito alla coesione. Gli
Alpini non sono mai arretrati. Quella nave, che ne porta il nome, non doveva
tornare indietro.
Chi governa, in ogni tempo, ha il dovere di rappresentare e proteggere tutti: è
questa la responsabilità che si assume il partito (appunto, una parte) che vince
le elezioni. Ma forse il nostro Paese non ha ancora preso coscienza di una vera
Unità, di quel processo automatico che scatta in altre nazioni quando bisogna
ricompattarsi, facendo un passo indietro tutti: per l’Italia, per la Patria che
amiamo.
Redazione Napoli