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Genova per noi. I blocchi moltitudinari dei trasporti di armi
Il mattino del sabato 27 settembre al Circolo dei portuali di Genova in Via Albertazzi si è tenuta la relazione pubblica di un convegno internazionale di sindacati di portuali terminato questo sabato; erano presenti numerose delegazioni tra cui portuali greci, baschi, francesi, turchi, ciprioti etc., ospiti del CALP (che è da anni uscito dalla CGIL per aderire come membro alla USB – Unione sindacale di base). Effimera ha colto l’occasione per intervistare Riccardo Rudino del Calp e Roberto Pardini dell’USB. Nel ringraziare la predetta testata online  rilanciamo per i lettori della nostra Agenzia gli interventi dei due sindacalisti_ ______________________   Domanda 1. La vostra mobilitazione è stata un successo, anche mediatico. Come pensate di allargare la protesta? Esiste un collegamento con gli altri porti italiani? È indubbio che la mobilitazione generale è stata un successo. Senza esagerare si può sostenere che si è trattato di uno sciopero generale come non se ne vedeva da anni. Inoltre, per una volta, si è messa in campo una forza che ha dato sostanza a uno slogan agitato da anni ma i cui confini reali non sono mai stati perseguiti, che è quello dello sciopero generalizzato. Allo sciopero classico si è unita una forza enorme che ha bloccato le città in tutti i suoi snodi principali. Se ha senso quindi  parlare di generalizzazione della lotta e di unità tra il mondo del lavoro “classico” e mondo del precariato diffuso, il 22 si è visto questo. Non solo nelle città grandi ma anche in quelle minori. Questo successo che anche i media non hanno potuto oscurare vuol dire che la mobilitazione è già ampia e diffusa, con una forte presenza di parole d’ordine radicali e non minoritarie. Certamente va allargata. Lo si fa, a mio parere, cercando la più ampia convergenza, tenendo insieme e non creando contrapposizioni tra chi si muove per motivi solamente etici e umanitari e chi ha presente che la mobilitazione è anche e soprattutto politica. Sul collegamento con altri porti italiani esiste già un coordinamento che USB ha iniziato a costruire da almeno due anni. Questa rete si sta allargando a livello internazionale soprattutto con l’aiuto della Federazione Sindacale Mondiale di cui USB è membro e fondatore. Se oggi i porti sono bloccati non solo a Genova ma anche a Livorno, a Ravenna, Taranto etc. il merito è di chi sciopera ma anche dell’idea del coordinamento organizzativo. Proprio oggi (27 settembre 2025) si sta tenendo a Genova una riunione operativa con lavoratori dei porti europei e non solo. Esiste già un coordinamento internazionale ma pensiamo che vada allargato e reso ancora più strutturato. Domanda 2. Per sanzionare Israele è possibile ipotizzare un più ampio blocco o almeno parziale boicottaggio delle merci provenienti da o dirette verso Israele? Magari coinvolgendo il trasporto aereo o il supporto su gomma? Certamente va perseguito questo obiettivo. I lavoratori di USB dell’aeroporto di Brescia hanno già scioperato per evitare il volo di aerei verso Israele. Per il trasporto su gomma è più complesso anche perché il lavoro in quel caso è molto parcellizzato, la stragrande maggioranza dei lavoratori è straniera con tutto ciò che comporta e scarsamente sindacalizzata. Domanda 3. Si coglie nell’aria una convinta richiesta popolare di lotta unitaria per far cessare il fuoco (e la strage) a Gaza, superando le differenze e puntando a rompere il fronte di chi vuole la guerra. Che cosa pensate si possa fare? Questa richiesta è evidente. Va alimentata. Credo che in questi due anni di mobilitazioni in cui l’intero circuito mediatico ci chiamava antisemiti e ci considerava alla stregua di propagandisti del terrorismo, abbiamo tenuto duro in unità con le organizzazioni palestinesi della diaspora. Evidentemente non arrendersi, continuare a lottare anche attraverso analisi, piccole iniziative diffuse etc. a qualcosa è servito. Oggi è il momento di comprendere che un fronte ampio è fondamentale ma che se trasformiamo tutto in una operazione di sostegno puramente umanitaria non allarghiamo nulla e la lotta in tempi non brevi si spegnerà. Domanda 4. In particolare con quali soggetti politici e con quali comunità possiamo sperare di costruire una rete capace di far sentire a Israele la nostra indignazione? Lo sciopero del 22 settembre 2025 è stato importante anche perché ha dimostrato che moltissimi lavoratori si sono schierati con una piattaforma di richieste radicale che chiede lo stop al genocidio ma anche di continuare a lottare contro l’occupazione sionista per uno Stato Palestinese, senza nascondere gli intenti. Inoltre lo sciopero aveva una piattaforma che univa la questione palestinese con la volontà di lottare contro l’economia di guerra e contro le ricadute delle spese belliche e di riarmo europeo e NATO sui lavoratori, sui disoccupati, sui subalterni in generale. Ciò che va fatto è mantenere queste posizioni e che chiunque le appoggi si impegni a perseguirle. Se manteniamo queste posizioni allargheremo il fronte. Siamo aperti quindi a collaborare in senso ampio come abbiamo fatto in questi anni, innanzitutto con le comunità palestinesi, coinvolgendo anche le organizzazioni studentesche come Cambiare Rotta e OSA (Opposizione Studentesca d’Alternativa). Ovviamente chiunque si schieri su questi obiettivi senza ambiguità può affiancarci mantenendo le proprie specificità. Domanda 5. Oltre ai compagni del CALP, quale è il livello di partecipazione  alla mobilitazione dei lavoratori della CULMV e degli altri lavoratori del porto (CAP, ramo industriale ecc.)? Su questo, essendo io un lavoratore e un militante USB della scuola, per il settore portuale non posso dire molto e credo che nelle interviste i compagni che lavorano in porto possano essere più precisi. Sappiamo comunque che la lotta in porto non è solo a carico dei lavoratori di un sindacato pur forte come USB. Questo succede perché sappiamo che molti lavoratori sono d’accordo con le nostre idee e con le nostre pratiche anche in contrapposizione con dirigenze sindacali alle prese con cautele e compromissioni che i lavoratori, lottando uniti, possono rendere inoffensive. Domanda 6. Quale è il rapporto con i sindacati di categoria tra cui la CGIL e quale il loro ruolo e peso nella mobilitazione? Lavorando nella scuola io rispondo per la mia categoria. La CGIL è passata da una posizione preoccupata per lo sviluppo di un inesistente sentimento antisemita a una serie di posizioni più sensate ma senza mobilitazioni. La situazione però è cambiata da qualche mese. Tuttavia, l’indicazione dello sciopero del 19 settembre è stata un grave errore, sintomo che all’interno di quella organizzazione le idee sono confuse o, peggio, dovute a rapporti politici e anche istituzionali che di fatto sostengono Israele. Ovviamente, il 22 settembre in piazza i lavoratori CGIL ci sono stati e in gran numero. La posizione che abbiamo oggi è di indire lo sciopero generale in caso di attacco alla Flotilla, posizione recepita anche dalla CGIL. Ovviamente siamo contenti di questo e ci aspettiamo che gli adempimenti che sono necessari per lo sciopero generale non rimangano inevasi, confidiamo che non si tratti solo di parole. Domanda 7. E della Flotilla che dici? Che ha avuto l’enorme merito di proporre una iniziativa concreta, ampia e inclusiva che ha portato alla mobilitazione di migliaia di cittadini che, per tanti motivi, fino a quel momento erano restati inermi pur stando idealmente dalla parte giusta. Il merito è stato anche quello di coordinarsi con quei soggetti le cui organizzazioni erano state in campo sul tema da molto tempo. In una riunione a Genova in cui abbiamo proclamato lo sciopero del 22, una rappresentante della Flotilla ha detto che l’obiettivo umanitario non ha senso se non è legato alla volontà di liberare Gaza e la Palestina. Su questo punto direi che è obbligatorio che concordiamo tutti. Come punto di partenza non mi sembra poco. Redazione Italia