Milano: 106 giorni in piazza Duomo, contro il genocidio
Abbiamo iniziato in primavera, abbiamo continuato tutta l’estate, e siamo in
autunno. Siamo rimasti lì con un caldo torrido, ogni giorno, dalle 18.30 alle
19.30, in piedi, fermi, sotto il sole. Era il minimo. Era ed è quello che
possiamo fare per rompere quella tranquilla vita del centro di una città che si
vuole turistica, ancora troppo indifferente.
Siamo cresciuti, ma dobbiamo crescere ancora: abbiamo iniziato in una dozzina,
oramai siamo regolarmente più di 100, di tutte le età e di tutte le origini.
Alle 18.20 la prima fila è quasi fatta, dopo poco se ne aggiungono dietro due, a
volte tre, fino a quattro. A tre metri di distanza, composti, in silenzio. Ci
siamo detti che è bene spegnere i cellulari, lo si fa a teatro, non si puo’
farlo per Gaza? Non è facile il silenzio. È più facile gridare. Ma il silenzio
ha una forza che inquieta, disturba, colpisce.
#UNIVERSOPOETICOPERGAZA #MILANOSTANDS4GAZA
Qualcuno fatica a non parlare, ma si cerca di far capire l’importanza
dell’emozione che vogliamo trasmettere, solo così. Si è deciso di non reagire
alle provocazioni e ce ne sono state svariate. Si avvicinano uomini o donne
alti, prestanti, eleganti, sprezzanti: a volte più aggressivi, a volte più
sottili. Provocano, non vedono l’ora di fare un bel video in cui si veda una
nostra reazione per mostrarsi vittime. Vittime! Mentre noi saremmo pagati da
Hamas, indifferenti agli ostaggi, fiancheggiatori di terroristi, di un popolo
che non esiste. Un razzismo palpabile, radicato, esplicito, senza vergogna.
Ma da parte dei più arriva il sostegno: molti, moltissimi, quelli che ci fanno
un gesto di appoggio, di approvazione, che ci ringraziano, fotografano,
riprendono. Alcuni, alcune, piangono. Qualcuno si è anche unito a noi, passava
di là, ha chiesto un cartello e si è fermato.
Diversi fotografi di professione ci hanno accompagnato in queste settimane. E da
uno di loro, Nino Romeo, è arrivata una grande idea: giovedì 2 ottobre, ha
invitato tutti i colleghi e colleghe, ad unirsi a noi, mettere a terra la loro
macchina fotografica, per ricordare coloro, e sono tanti, che sono morti a Gaza
facendo il loro mestiere.
Andrea De Lotto