Sanzioni economiche: quando pacifismo e nonviolenza non corrispondono
Sentiamo spesso parlare di sanzioni economiche, specialmente quelle recentemente
attuate verso la Russia. Si tratta di misure impiegate per esercitare un potere
su un altro soggetto, in modo che questo cambi comportamento politico o ci
rinunci; nell’Art.42 della Carta delle Nazioni Unite le sanzioni vengono
descritte come “misure che non implicano l’utilizzo della forza armata e che
hanno scopo di dare effetto alle decisioni del Consiglio di Sicurezza”.
Ad un primo sguardo, possono sembrare delle ottime alternative ad un’ipotetica
Terza Guerra Mondiale. Però, oltre ad interrogarci sulla loro efficacia,
dovremmo chiederci se si tratta di misure legittime e se sono veramente
strumenti nonviolenti. Abbiamo discusso proprio di questo insieme a Pasquale
Pugliese del Movimento Nonviolento durante un incontro al Centro Pace di Forlì.
COSA SONO?
Se dopo aver visto i costi umani ed economici della Grande Guerra, la Società
delle Nazioni poneva le sanzioni economiche come alternativa ad un nuovo
conflitto armato (Art. 16), oggi queste vengono utilizzate come mezzo per
garantire i cosiddetti valori comuni elencati nell’Art. 2 TUE e negli Art. 1 e 2
della Carta delle Nazioni Unite: dignità umana, democrazia, libertà,
uguaglianza, stato di diritto e diritti umani, compresi quelli delle minoranze.
Dunque, qualsiasi soggetto internazionale che violi questi valori è punibile
attraverso sanzioni economiche, in accordo con l’Art. 7 TUE e l’Art. 42 della
Carta delle Nazioni Unite. In più, la PESC e l’Art. 21 TUE stabiliscono
l’utilizzo delle sanzioni economiche per la protezione dei diritti umani e la
pace internazionale da parte della UE, non solo al suo interno, ma nel mondo.
FUNZIONANO?
Sulla loro efficacia, i pareri degli esperti e delle esperte sono, però,
discordanti. Infatti, secondo uno studio degli anni ’90 condotto da Hufbauer,
Schott e Elliott, le sanzioni economiche sono efficaci solamente nel 34% dei
casi, anche se questa percentuale può variare a seconda degli scopi principali
delle misure adottate. Al contrario, uno studio del Center for Economic Policy
Research afferma che la maggior parte delle sanzioni economiche funziona, in
quanto queste riescono ad intaccare il welfare del paese target. Il caso della
Russia potrebbe confermare questa affermazione: il PIL è sceso del 2%, la sua
crescita fino al 2024 è stata minore di come sarebbe stata senza sanzioni (FMI)
e le entrate derivate dai combustibili fossili sono diminuite del 40% nel 2023.
Nonostante ciò, questo non permette di prevedere una risoluzione del conflitto
nel breve termine.
QUALI SONO LE CONSEGUENZE?
Beyers, professore di Scienze Politiche all’Università di Antwerp critica in
primis la teoria economica delle sanzioni economiche: i paesi target non
cambiano atteggiamento solo per interessi economici, ma anche per convinzioni e
credenze; questo spiegherebbe perché, pur funzionando dal lato economico, spesso
queste misure non raggiungono il loro obiettivo. In più, secondo Beyers, le
sanzioni economiche a lungo termine spesso portano ad effetti controproducenti,
permettendo ai governi target di rafforzare il nazionalismo economico e
politico. Anche Dursun Peksen, politologo americano, esprime preoccupazione
riguardo alle conseguenze delle sanzioni economiche a lungo termine,
multilaterali e ad ampio raggio che contribuiscono al deterioramento dei diritti
umani. Due esempi calzanti sono le sanzioni attuate dall’ONU sull’Iraq di Saddam
Hussein e dagli Stati Uniti sulla Cuba di Castro: in entrambi i casi queste
misure hanno favorito alleanze strategiche, il sistema di repressione del
dissenso e il loro consenso popolare, con conseguenze disastrose sulla
popolazione.
Il caso dell’Iraq segnò un punto di svolta per l’UE, che passò dalle prime
sanzioni economiche attuate autonomamente negli anni ’80 ad ampio raggio, a
misure più mirate contro individui e settori strategici. Ad esempio, anche se
molto severe, le sanzioni contro la Russia colpiscono oltre 2300 individui, tra
cui Putin e vari suoi supporter. Ad ogni modo, pur mantenendo l’obiettivo di
minimizzare l’impatto contro la popolazione, queste hanno causato un aumento
esponenziale della povertà e della disoccupazione, incidendo in modo negativo
sulla popolazione, in aggiunta alla forte repressione del dissenso.
SONO DAVVERO MISURE NONVIOLENTE?
Come ha sottolineato Pugliese, “pacifico” non significa necessariamente
“nonviolento”, ovvero nonviolenza non significa mera assenza di violenza. Questo
tipo di misure, sebbene si possano definire misure pacifiche, che non implicano
l’utilizzo della forza militare, non sono nonviolente, viste le conseguenze
negative sui diritti umani e le popolazioni innocenti. Per Francois Villant,
esponente del Movimento Nonviolento Internazionale, potrebbero essere misure
nonviolente se incluse in una strategia politica efficace, moralmente
accettabile e con degli obiettivi precisi e praticabili, ma questo non è mai
stato fatto. Inoltre, Robert J. Burrowesvdella rete Transcend (TRANSCEND
International) sostiene che le sanzioni dovrebbero avere uno scopo
riabilitativo, non punitivo, dovrebbero essere mirate e con conseguenze minime
sulla popolazione. Purtroppo, siamo ancora molto lontani/e da questa condizione.
Pasquale Pugliese ha evidenziato che, oltre a doverne eliminare gli effetti
controproducenti, come l’indebolimento delle opposizioni, ci sono tre fondamenti
della nonviolenza che dovrebbero essere applicati quando si attuano sanzioni
economiche:
– L’aderenza alla verità (Satyagraha);
– L’aumento graduale dell’intensità delle azioni;
– Il non nuocere (Ahimsa).
Dunque, il paese attuatore dovrebbe iniziare con misure più leggere e aumentarne
la gravità gradualmente e queste dovrebbero danneggiare il regime target senza
nuocere alle persone come succede oggi. Il primo punto, invece, implicherebbe
l’eliminazione di fake news e la trasparenza. Ad oggi, purtroppo, niente di
tutto questo sembra realizzabile nel prossimo futuro.
L’EFFICACIA DEL BOICOTTAGGIO DAL BASSO
Pugliese ha poi enfatizzato l’importanza dei boicottaggi dal basso, i cui
meccanismi sono simili alle sanzioni economiche, in quanto essi si basano sul
far diminuire le entrate di un’entità, così da portare ad un cambiamento di
atteggiamento da parte di quest’ultima. La differenza è che, in questo caso, la
trasparenza, la gradualità delle azioni e il non nuocere possono essere
rispettati più facilmente. Pugliese ha portato tre esempi di boicottaggi che
hanno ottenuto grandi risultati: lo sciopero del sale e del cotone organizzato
da Gandhi per ottenere l’indipendenza; lo sciopero degli autobus partito da Rosa
Parks negli Stati Uniti; le sanzioni contro il Sudafrica che hanno funzionato
perché intensificate da un grande boicottaggio dal basso.
UN FUTURO CON SANZIONI ECONOMICHE PIU’ GIUSTE E AZIONI NONVIOLENTE DAL BASSO
Nel contesto internazionale attuale, dove il livello medio globale di pace è
diminuito per il tredicesimo anno su diciassette nel 2025 e la militarizzazione
è aumentata in 106 paesi negli ultimi due anni, è cruciale valutare le
conseguenze delle sanzioni economiche. Visto il loro potenziale si auspica
l’inclusione di questo tipo di sanzioni in strategie internazionali nonviolente
per tentare di disinnescare future escalation in modo più efficace e meno
dannoso per le persone innocenti.
Oltre a ciò, anche la popolazione può e dovrebbe attivarsi sia per rendere le
sanzioni più efficaci, sia per agire quando le istituzioni non fanno abbastanza
per garantire i diritti umani, così nel nostro paese come al di fuori. Esistono
già movimenti nonviolenti che si adoperano per varie cause e abbiamo il dovere
di supportarli e farli conoscere. Pasquale Pugliese ci ha parlato proprio di due
iniziative di boicottaggio attive, partite dal basso, a cui poter partecipare e
da diffondere: la campagna del Movimento Nonviolento contro le banche armate e
quella guidata da un movimento palestinese che mira a boicottare, disinvestire e
chiedere sanzioni (BDS) contro Israele.
Fonti e approfondimenti:
“Le sanzioni economiche e la strategia nonviolenta”, Comitato scientifico per la
difesa popolare nonviolenta, 1996
Ghironi, Kim, Ozhan, International trade and macroeconomic dynamics with
sanctions | CEPR Center for Economic Policy Research, 2024
“Principi di base per il ricorso alle misure restrittive (sanzioni)”, Consiglio
Unione Europea, 2024 GEN
D. Peksen, “Better or Worse? The Effect of Economic Sanctions on Human Rights”,
2009
Sanzioni dell’UE contro la Russia – Consilium Consiglio Unione Europea
Le sanzioni contro la Russia funzionano | EEAS , Delegation of the European
Union to Ukraine, 2022
Impact of sanctions on the Russian economy – Consilium Consiglio Unione Europea,
2023
Global Peace Index 2025, Istitute for Economics and Peace, 2025
What are the sanctions on Russia and have they affected its economy? BBC, 2024
Redazione Romagna