Quando le filiere diventano inclusive
LAVORO AGRICOLO MIGRANTE E FILIERE GIUSTE SONO AL CENTRO DEL DOSSIER DEL
PROGETTO MIGRERETE, UNO STRUMENTO PENSATO PER CAMBIARE IL MODO DI PRODURRE E
CONSUMARE. CITTADINI E MIGRANTI DIVENTANO PROTAGONISTI DI FILIERE ALIMENTARI
SOLIDALI E SOSTENIBILI: UN’INIZIATIVA CHE DÀ VOCE ALLE ESPERIENZE DI PICCOLE
AZIENDE AGROALIMENTARI FONDATE E/O GESTITE DA MIGRANTI. IL DOSSIER NASCE DA UNA
RICOGNIZIONE TERRITORIALE DELLE REALTÀ CHE OPERANO NEL SOLCO DELL’AGROECOLOGIA,
DELLA GIUSTIZIA SOCIALE E DELL’ECONOMIA SOLIDALE, CON L’OBIETTIVO DI METTERE IN
RETE PRODUTTORI MIGRANTI E CITTADINI RESPONSABILI, IN PARTICOLARE QUELLI
ORGANIZZATI IN GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE (GAS), EMPORI SOLIDALI E DI COMUNITÀ,
NONCHÉ PIATTAFORME ETICHE DI ACQUISTO.
Cooperative e imprese sociali nate da migranti e braccianti che, grazie alla
produzione di cibo biologica e agroecologica, e a condizioni di lavoro legali e
dignitose, contribuiscono a economie locali più giuste e costruiscono intorno a
se’ comunità più solidali e più accoglienti. Non sono un’utopia ma concrete
storie di successo al centro del dossier Cittadini Protagonisti di Filiere
Agroalimentari Solidali e Sostenibili di MigreRETE, progetto promosso da ARCS –
Arci Culture Solidali APS in collaborazione con ReOrient, FairWatch, Nonna Roma
e Slow Food Roma, con il sostegno dell’8×1000 della Chiesa Valdese.
Il dossier, curato da Giulio Iocco di ReOrient-Fair Watch con la collaborazione
e supervisione scientifica di Riccardo Troisi(Università di Roma Tor Vergata),
realizzato nell’ambito del progetto, raccoglie esperienze e buone pratiche da
diverse regioni italiane: piccole cooperative, imprese sociali e reti locali che
uniscono sostenibilità ambientale, diritti dei lavoratori e solidarietà. Realtà
che dimostrano come sia possibile costruire economie più giuste e partecipative,
in cui cittadini e produttori diventano protagonisti di un cambiamento culturale
ed economico.
Tra le esperienze raccontate nel dossier troviamo quella della cooperativa
sociale Barikamà, nata a Roma nel 2014. La sua storia inizia qualche anno prima,
dopo la rivolta di Rosarno del 2010, quando molti braccianti africani fuggirono
dalla Calabria per cercare condizioni di vita migliori. Alcuni di loro
arrivarono nella capitale senza un tetto né un lavoro, trovando però il sostegno
di reti solidali e attivisti locali. Da quella esperienza di accoglienza nacque
l’idea di un’attività autonoma: produrre yogurt artigianale da vendere nei
mercati contadini. Un progetto semplice, ma capace di trasformare la fragilità
in opportunità. Nel giro di poco tempo la produzione crebbe e il gruppo decise
di fondare una cooperativa.
Oggi Barikamà conta una decina di soci, tra cui giovani migranti provenienti da
Mali, Senegal e Guinea, e due lavoratori italiani con sindrome di Asperger.
Accanto allo yogurt, la cooperativa coltiva verdure e gestisce un chiosco-bar
nel Parco Nemorense di Roma, diventando un punto di riferimento per chi sceglie
il consumo critico e solidale.
Barikamà non è soltanto un’impresa agricola: è un laboratorio sociale che unisce
esperienze di migrazione, inclusione e resilienza. Dimostra come sia possibile
costruire comunità partendo dal cibo, generando lavoro dignitoso e creando
relazioni tra persone diverse. La sua forza sta proprio nell’essere una realtà
ibrida: produttiva e sociale, locale e internazionale, capace di mettere insieme
pratiche agricole sostenibili e percorsi di cittadinanza attiva.
La cooperativa Dokulaa, invece, è nata poco dopo la pandemia. In quel periodo
difficile Manuela, Saikou, Mamadou e Karuna, i quattro soci fondatori, si
trovarono tutti a Catania senza lavoro. Decisero di cercare un nuovo impiego in
campagna, ma tutto ciò che riuscivano a trovare era lavoro a cottimo, in
condizioni di grande precarietà e con una paga bassissima. Così hanno unito
risorse e competenze e hanno fondato la cooperativa che inizialmente si occupava
principalmente della raccolta su terreni di proprietà altrui, spesso amici.
Grazie anche a un servizio trasmesso dalla televisione regionale, la cooperativa
ha iniziato a ricevere proposte per gestire terreni incolti in comodato d’uso.
Nell’ultimo anno, la cooperativa ha investito nella creazione di orti con
l’obiettivo di partecipare ai mercati locali e avviare un’attività di
distribuzione settimanale di ceste di prodotti nella città di Catania.
Le storie raccolte da MigreRETE – da Barikamà a Dokulaa – raccontano percorsi
diversi ma accomunati dalla stessa visione: il cibo non come semplice merce, ma
come strumento di relazione, dignità e comunità. Sono esperienze che mostrano
un’Italia capace di reagire allo sfruttamento nei campi, scegliendo la strada di
un’agricoltura giusta e inclusiva. Non mancano le sfide: trovare terreni propri,
rafforzare la sostenibilità economica, ampliare le reti di consumo responsabile.
Eppure, queste esperienze mostrano che una filiera agroalimentare inclusiva è
non solo necessaria, ma già possibile.
Per conoscere meglio queste realtà e scoprire tutte le storie raccolte, è
disponibile il report completo di MigreRETE, uno strumento utile per chi vuole
approfondire e magari contribuire in prima persona a costruire un’economia più
solidale e sostenibile.
> Filiere giuste e protagonismo migrante
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