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Disarma: “L’altro lato del mondo”
Che cosa bolle in pentola oltre i confini di questo stravagante teatro dell’assurdo che è diventato ultimamente l’Occidente, è stato il tema della sesta edizione del convegno “Il coraggio della pace” di Disarma, in scena dal 25 al 28 settembre a Sesto Fiorentino sotto il titolo “L’altro lato del mondo”. In questo quadro si è tenuta nel pomeriggio di sabato 27 settembre la sessione “Il tempo della Cina”, introdotta e conclusa da Pino Arlacchi, che è stata dedicata soprattutto ad un esame critico delle rappresentazioni negative di quel paese predominanti nei media mainstream occidentali, con la partecipazione di una serie di personaggi poco noti al grande pubblico, ma molto ben documentati sulla realtà attuale della Cina, quali Michele Geraci, Fabio Massimo Parenti, Sara Reginella, Clara Statello e Francesco Sylos Labini. Ne è emerso un quadro complessivo quanto mai interessante e inconsueto dei mutamenti economici, politici e culturali in corso nella Cina contemporanea, in cui l’eredità del confucianesimo e del marxismo si combinano nell’ispirare le scelte di una leadership i cui inconfutabili successi sono stati enumerati con cifre e dati per molti versi sorprendenti. Così per esempio il palermitano Michele Geraci, attualmente docente a Shanghai e già orchestratore degli accordi per la Belt and Road Initiative (la “Via della Seta”) da sottosegretario allo Sviluppo Economico del primo governo Conte, ha sfatato il mito dell’arretratezza cinese dettagliando l’evoluzione di una serie di indicatori, fra cui lo spettacolare aumento della remunerazione del lavoro è sintomo evidente di una evoluzione economica che sta portando con sé una profonda trasformazione nella qualità della vita di centinaia di milioni di persone. Illuminanti anche i fatti, i grafici e i dati presentati dal fisico Francesco Sylos Labini, che mostravano come la Cina sia avviata a superare gli Stati Uniti e l’Occidente intero anche sul piano degli investimenti in ricerca e sviluppo o della qualità delle pubblicazioni scientifiche. E tutto questo, stando al consenso dei vari relatori, nel quadro di un orientamento dei rapporti internazionale che privilegia decisamente la cooperazione sulla competizione, la pacificazione sul conflitto. Non meno interessanti alcune delle considerazioni sulla natura del sistema politico cinese e sulle ragioni di quello che ci appare come il suo “deficit democratico”. In presenza di così profonde diversità culturali, saggezza sconsiglia giudizi affrettati. Non meno sconsigliabili eventuali giudizi affrettati sui numerosi interventi della sessione serale, in cui, sotto il vivace titolo “Sbavagliamoci!” si sono susseguiti contributi di una serie di opinionisti e studiosi che hanno in comune il destino di essere stati esclusi dal gran circo dei media italiani, a causa delle loro posizioni non proprio ortodosse riguardo alla guerra d’Ucraina, ai Brics, a Israele a ad altri temi piuttosto scottanti per le orecchie di chi sta al potere. Alessandro Di Battista ha introdotto la serata con una prolusione senza peli sulla lingua, in cui ha puntato il dito soprattutto sulla manipolazione del mainstream nella rappresentazione delle vicende che negli ultimi anni ci hanno portato alla minacciosa situazione che vede oggi il mondo ad una passo dal conflitto mondiale. La pretesa americana di dominio sul mondo è stata messa apertamente sotto accusa. Significativa la rivelazione con cui Di Battista ha ricordato che, al tempo del suo mandato in parlamento, fu avvicinato da alcuni colleghi della destra che gli raccomandarono un viaggio negli Stati Uniti per “rassicurare” chi di dovere sull’“atlantismo” del suo partito. L’interpellato si rifiutò di rassicurare, ma ci pensò poi Luigi Di Maio. Gli intervenuti in questa sessione comprendevano Marc Innaro, esplulso dalla Rai per le sue corrispondenze dalla Russia, il muralista Jorit, censurato per il suo lavoro in quel paese, Clara Statello, censurata per il suo lavoro con l’emittente russa Sputnik, l’ex-ambasciatrice Elena Basile, fuoruscita dal servizio diplomatico per troppa indipendenza di giudizio, oltre a Vauro, Angelo D’Orsi, Angelo Bradanini, Francesca Fornario, Massimo Wertmüller e Moni Ovadia. Ciascuno di loro ha scelto una parola di quelle “indicibili”, su cui incardinare il proprio intervento. Fra queste, “putiniano”, “neutralità”, “silenzio”, “verità”. Alberto Cacopardo
Disarma, 25 Settembre 2025 Sesto Fiorentino. Il coraggio di unirci per la pace
Si è svolta presso la Casa del Popolo di Colonnata (sesto Fiorentino) la prima giornata di incontri della sesta edizione de “Il Coraggio della Pace” (25 – 28 settembre), quest’anno dedicata al tema “L’altro lato del mondo”. Quattro giornate di incontri, dibattiti e varie iniziative con la partecipazione di vari esponenti dell’attivismo pacifista, della politica, del mondo accademico e sindacale. Durante le 4 giornate si alterneranno fra gli altri come relatori, Francesca Albanese, Giuseppe Conte, Piergiorgio Odifreddi, Elena Basile, Alessandro Di Battista, Moni Ovadia, Vauro. La giornata di Giovedì 25 settembre ha visto la partecipazione di  Lorenzo Falchi (Sindaco di Sesto Fiorentino), Linda Santilli (Associazione Disarma), Angelica Gatti (Associazione Disarma), Raffaella Bolini (No Europe Rearm), Sandra Carpi Lapi (Coordinamento contro il Riarmo Firenze), Danilo della Valle (Parlamentare europeo), Claudio Giampaglia (Emergency), Giovanni Mininni (Segretario Generale FLAI CGIL), Roberto Musacchio (Transform Italia), Mons. Giovanni Ricchiuti (Pax Christi), Rossano Rossi (CGIL Toscana), Padre Alex Zanotelli (Padre Comboniano), Giuseppe Conte (Presidente M5S), Claudio Grassi (Associazione Disarma), Francesca Albanese (Relatrice ONU), Roberta De Monticelli (Filosofa), Domenico Gallo (magistrato) Riportiamo qui l’introduzione di Angelica Gatti di Disarma, che coglie il filo rosso degli interventi che si sono susseguiti. Il Movimento per la Pace può davvero riempire il vuoto che tutti noi sentiamo, la mancanza totale di un sogno, di una strategia per raggiungerlo e di una serie di progetti per attuare quel sogno. Questo è l’unico modo che abbiamo per spingere le persone ad agire, a ritrovare il senso del collettivo, il senso dell’umanità e del nostro stare insieme.  Ciò che noi vediamo in Palestina è il mutismo complice dei nostri governi al genocidio e all’apocalisse di questo popolo, è lo specchio che svela l’abominio del nostro sistema economico e culturale e tutti noi ne siamo parte.  Voglio partire dal rapporto di Francesca Albanese, che avremo stasera ospite, con grande onore la ospitiamo all’apertura dei nostri lavori, che davvero è una coraggiosa, coraggiosissima della pace, che deve sentire forte il nostro sostegno, perché oggi ciò che lei ha fatto, questo rapporto, ha davvero, più di tutti gli altri, stracciato un velo dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio: vi invito a leggerlo perché tra l’altro è documentato, è pragmatico, è reale, è una cosa veramente di azione ed è stato deflagrante. Abbiamo visto che cosa le è accaduto, perché non c’è più la possibilità di essere tiepidi, ignavi, di parlare solo di rapporti non direttamente legati alle politiche di genocidio di Israele: ogni rapporto con Israele oggi è un rapporto di genocidio e lei ce lo ha svelato e il nostro sistema accetta, ammette e permette che si compie il genocidio e che la guerra diventi il nostro orizzonte futuro. Francesca Albanese parla della politica di occupazione e della politica coloniale: io ritengo che in realtà questo davvero disveli il fatto che è la politica del sistema capitalistico occidentale alla sua massima potenza, è ciò che le nostre entità aziendali e i nostri governi hanno messo in atto nei decenni nei confronti del resto del mondo, ma l’hanno fatto anche nei confronti nostri, della loro popolazione interna, aumentando la disuguaglianza attraverso lo sfruttamento estremo del lavoro e l’impoverimento delle masse.  E noi siamo stati convinti e intrisi dell’ideologia del popolo eletto, come quella di Israele, l’ideologia dell’Occidente eletto, unico baluardo di civiltà e vi assicuro che l’ho sentito dire in classe a un docente pochi giorni fa e, quindi, l’idea che il resto del mondo sia barbaro ed arretrato. Il suprematismo bianco ed occidentale, perché dobbiamo chiamare le cose con il loro nome, così diffuso da essere diventato invisibile ai nostri occhi. Ricordiamo tutti le bombe usate per esportare la democrazia, ma io ho letto qualche mese fa Repubblica che titolava “le nostre armi salvano vite”! Ma come si fa a scrivere una cosa del genere riguardo alle armi in Ucraina: è una follia!  Ed ecco il secondo punto, la disumanizzazione dell’altro: ciò che Israele ha fatto in modo sistematico e portato avanti dai più alti livelli delle facoltà universitarie, fino alla privazione del diritto all’acqua nei confronti del popolo palestinese, è esattamente ciò che i nazisti hanno fatto nei confronti degli ebrei, cioè togliere l’umanità all’altro. E’ ciò che l’Occidente sta cercando di fare con il resto del mondo, perché questo significa essere contro il popolo russo, contro il popolo cinese e tacciare e censurare chiunque appartenga a quel mondo e questo noi lo facciamo contro tutti quelli che muoiono a migliaia nel nostro Mediterraneo, perché questo vuol dire girarsi dall’altra parte quando il Mediterraneo è un cimitero. Queste persone non hanno diritto alla vita. Noi abbiamo accolto in Europa 4,2 milioni di ucraini, abbiamo fatto bene ad accoglierli, ma nessuno ha gridato all’assalto, eppure le persone che muoiono ogni giorno nel Mediterraneo non meritano la stessa possibilità di vivere e di venire nel nostro Occidente, probabilmente gli ucraini stanno dalla parte dei buoni e poi sono bianchi, quindi è molto più semplice accoglierli.  Il passaggio che fa Albanese è un passaggio fondamentale, lei parla di un passaggio dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio e noi siamo dentro questa strettoia, noi siamo dentro questo passaggio. La crisi di questo sistema e i cambiamenti nella condizione del resto del mondo, il resto del mondo che si affaccia finalmente alla scena, hanno portato l’Occidente a una reazione sproporzionata, una reazione scomposta, violenta, brutale e in parte irrazionale, perché noi fatichiamo a trovare il senso in questa reazione. L’attacco alla Russia attraverso il conflitto in Ucraina, la scelta della soluzione finale per la Striscia di gaza da parte di Netanyahu, è l’economia che passa da capitalismo predatorio a capitalismo di guerra, da economia dell’occupazione, come dice Albanese, a economia del genocidio. Ma io vi invito a riflettere su questo, perché questo è la cosa che vi voglio dire, perché è un punto debole in realtà: io sono convinta che questa volontà di trascinarci in guerra e di instaurare un regime di guerra, che la volontà di perpetrare un genocidio, sia il frutto di un’estrema debolezza, sia davvero l’ultima spiaggia di un intero sistema e noi, il movimento della Pace, dobbiamo essere coloro che a questo sistema marcio, corrotto, violento e schifoso gli diamo una spallata. Io credo che noi dobbiamo avere questo obiettivo, noi dobbiamo rovesciare il sistema di guerra, noi dobbiamo essere una rivoluzione.  Ed è con questo spirito che dobbiamo rivolgerci al mondo intero, riportare all’azione chi non si sente rappresentato, chi non ci crede e chi si sente inerme. La Freedom Sumud Flotilla è un esempio di ciò che possiamo fare. Noi dobbiamo avere il coraggio di prendere sulle nostre spalle la responsabilità di rappresentare l’altra parte dell’Occidente, del nostro mondo, perché noi ci siamo, non è quella roba lì il nostro mondo, l’Occidente che resta umano e che forse finalmente lo diventa realmente, senza più finzioni. E le manifestazioni che ci sono state in questo giorno a sostegno della Flotilla, tutto il movimento che si è venuto a creare, non possiamo non mandare un pensiero, un abbraccio grandissimo ad Ali Rashid che avrebbe dovuto essere qui con noi oggi ed al quale noi dedichiamo questa bellissima iniziativa.   In questo processo il movimento per la pace è il vero protagonista, perché da questo dipende tutto il resto, è quello che diceva Lorenzo Falchi, perché senza la pace noi non possiamo affrontare la questione climatica, non solo per l’inquinamento della guerra, ma perché dobbiamo cambiare, dobbiamo ripensare il sistema di redistribuzione globale delle risorse e il sistema di produzione che non sia predatorio per affrontare il disastro ambientale, perché siamo in un mondo multipolare e gli Stati Uniti se ne devono fare una ragione di questo. Allora vanno affrontate le sfide di uno scenario globale e in questi quattro giorni io vi invito a rimanere perché avremo veramente tanti ospiti, tante relatrici e relatori che ci aiuteranno a capire che cos’è l’altra parte del mondo di cui noi sappiamo così poco e le discriminazioni tra i generi. Anche questo è il frutto del sistema patriarcale maschile della violenza e della brutalità e solo il sistema di guerra le governa e noi lo dobbiamo scardinare. E il Mediterraneo, fatemi fare ancora un passaggio su questo, non può essere un cimitero, perché le frontiere non possono essere passate solo dalle merci e dai capitali, mentre gli uomini, le donne e i bambini vengono respinti come pezzi di carne avariata.  Quindi il Movimento per la Pace, che per la sua stessa costituzione si proietta nel futuro e immagina e costruisce il futuro, può e deve mettere insieme le lotte. Io questo voglio chiedervi, di mettere insieme le lotte e dare finalmente uno sfogo al conflitto sociale che c’è, che è fortissimo, si sente proprio la rabbia nelle persone che stanno in piazza.  Il Movimento per la Pace è di per sé globale e collettivo e solo Dio sa quanto abbiamo bisogno di abbandonare le nostre solitudini per ritrovare un moto di collettività. Quindi ho fede, ho fede in tutti voi, ho fede nel Movimento per la Pace, nel sacrificio quotidiano che tutti noi facciamo per portare questo movimento in ogni angolo, davvero il più piccolo comune qui si mobilita e si muove, il più piccolo quartiere, perché non posso pensare che il nostro futuro nasca dal sangue delle donne e dei bambini palestinesi o delle guerre che ci sono nel mondo, non posso pensare a questo marchio di Caino sulle nostre terre o che le mie figlie crescano in un sistema di guerra e che questo sia normale. E vedrete che, se riusciremo ad esprimere in maniera compiuta ciò che ognuno di noi ha nel cuore, questa voglia di un altro mondo, le persone ci seguiranno, tanti e tante si aggiungeranno a noi e cammineranno al nostro fianco.  Domani avremo i lavoratori che si ribellano alla guerra, i docenti che boicottano e denunciano i militari a scuola, le organizzazioni NO NATO, la gente vuole un sogno per cui lottare e quale sogno è il migliore della pace? Io ho bisogno di credere, ho bisogno di agire perché ogni azione sia parte di un processo più grande, perché ogni fallimento di oggi sia un tassello del futuro che stiamo costruendo, perché fallisci, fallisci ancora ma fallisci meglio. Ma perché questo possa essere noi dobbiamo unirci, dobbiamo vivere insieme per un obiettivo più alto, essere una rivoluzione mondiale, la rivoluzione per la pace e quindi io vi invito a lottare tutti insieme. Claudio Grassi Ali Rushid Francesca Albanese Francesca Albanese Roberta De Monticelli Francesca Albanese Giuseppe Conte Francesca Albanese Pubblico Francesca Albanese Francesca Albanese e Giuseppe Conte Giuseppe Conte Giovanni Mininni Rossano Rossi Claudio Giampaglia Danilo Della Valle Roberto Musacchio Paolo Mazzinghi