Droni sulla Flottiglia: attacco alla solidarietà e all’informazione, mentre a Gaza si completa il genocidio
Dopo il discorso di Trump all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a fronte
del riconoscimento internazionale sempre più vasto dello Stato di Palestina,
Israele intensifica la sua aggressione alla popolazione civile di Gaza, di fatto
una deportazione forzata a colpi di bombe, e va all’attacco della Sumud Global
Flotilla, colpendo nei pressi di Creta in acque internazionali le
imbarcazioni con droni incendiari e gas urticanti, e mettendo a rischio la vita
dei volontari a bordo.
Ancora decine di morti nel centro di Gaza City sotto le bombe dell’IDF, nel
mirino anche gli ospedali, mentre si può attendere una nuova pioggia di fuoco
sulle imbarcazioni civili, in violazione del diritto umanitario e delle
Convenzioni internazionali sul diritto marittimo. In mare, come a terra. Adesso
Israele sta lanciando anche droni incendiari sulle tende degli sfollati. Le
nuove tecnologie stanno permettendo quello che fino a ieri sembrava impensabile.
Questi attacchi armati sono stati preceduti da una capillare campagna mediatica,
di grande impatto, che mescolando ipocrisia, disinformazione e violenza verbale,
anche quando si criticavano i “discorsi d’odio”, ha sfruttato le inevitabili
difficoltà organizzative della flottiglia, e le polemiche interne che non
potevano mancare in una missione tanto numerosa ed eterogenea, con evidenti
rischi di impreparazione, e di infiltrazione.
La scelta delle imbarcazioni più piccole, con numerosi equipaggi non
professionali, se corrisponde ad una vastissima mobilitazione su scala globale,
anche con “equipaggi di terra”, non permette certo quella compattezza e quella
rapidità decisionale che hanno caratterizzato precedenti missioni. D’altra parte
mai come in questi giorni la situazione a Gaza era stata tanto critica, tanto da
configurare un vero e proprio genocidio in corso, sotto gli occhi di tutti, a
reti unificate, che Israele e i suoi complici vorrebbero giustificare
attribuendo a coloro che resistono e si oppongono alla deportazione forzata, la
qualifica di “terroristi”. Stesso termine che si adotta adesso per i componenti
della Flottiglia, per anticipare il trattamento che li attende quando saranno
arrestati.
Continua a pesare il sostanziale disimpegno dei paesi arabi, come la Tunisia,
che al di là di una solidarietà formale, nulla hanno fatto per sostenere la
missione, sotto attacco già nei giorni di transito nel porto tunisino di Sidi
Bou Said, da cui le imbarcazioni, prima di ripartire verso Gaza, venivano
costrette ad allontanarsi per ritornare indietro a Biserta. Dopo che la Guardia
nazionale tunisina aveva addirittura messo in dubbio l’esistenza del primo
attacco con droni incendiari, mentre poi da ambienti vicini al presidente
Saied partivano polemiche velenose contro singoli componenti degli equipaggi.
Né si poteva prevedere un diverso atteggiamento da parte dell’Egitto, dopo che
alla fine della precedente missione del battello Handala, già sotto attacco in
acque internazionali da parte delle imbarcazioni militari israeliane, aveva
rifiutato l’ingresso nelle proprie acque territoriali.
Come adesso le autorità greche rimangono in silenzio rispetto all’invasione di
droni che, seppure in acque internazionali, si sta verificando a ridosso dei
suoi confini marittimi. E non è neppure certo che le stesse autorità greche non
ostacolino con espedienti burocratici il transito delle imbarcazioni della
Flottiglia che, dopo gli attacchi incendiari, dovessero cercare un rifugio in
porto.
Qualcuno dovrebbe spiegare da dove partono questi droni, e chi ne controlla il
volo, o ne tollera le intrusioni, a conferma di un Mediterraneo non solo del
tutto militarizzato, come sapevamo da tempo per il contrasto delle traversate di
profughi, ma dove evidentemente prevalgono logiche di guerra, e di spartizione
economica, che arrivano a condizionare l’operato dei governi, sotto ricatto da
parte di Israele, e degli Stati Uniti che ne coprono tutte le più infami
operazioni militari.
Secondo il diritto internazionale rimane illegale dichiarare o stabilire un
blocco che “abbia il solo scopo di affamare la popolazione civile o di negarle
altri obiettivi essenziali per la sua sopravvivenza”. Indipendentemente dallo
scopo dell’operazione, si può ritenere vietato stabilire o dichiarare un blocco
in un contesto in cui “il danno alla popolazione civile è, o ci si può aspettare
che sia, eccessivo in relazione al concreto e diretto vantaggio militare
previsto dal blocco”.
L’Unione Europea, e gli Stati di bandiera delle imbarcazioni della Flottiglia,
dunque anche Giorgia Meloni ed i suoi ministri, devono condannare gli attacchi
con i droni e garantire protezione effettiva ai partecipanti della Flottiglia,
assumendo iniziative concrete come la convocazione dei rappresentanti
diplomatici israeliani e la sospensione, non solo della fornitura di armamenti,
ma anche dei rapporti commerciali in corso. Qualunque altra dichiarazione di
solidarietà formale e di generica protezione diplomatica si tradurrebbe in
apertà complicità con l’operato del governo israeliano, non solo nei confronti
delle persone attaccate in acque internazionali, a bordo di mezzi che non
costituiscono alcun pericolo per Israele, ma anche rispetto alla soluzione
finale che si sta consumando nella Striscia, e nei territori occupati della
Cisgiordania.
Il blocco navale delle coste di Gaza, con la falsa offerta israeliana di fare
attraccare la Flottiglia, per la consegna degli aiuti, nel porto di Ashdod,
rimane una ennesima violazione del diritto internazionale, perchè in presenza di
un genocidio, anche per fame e per mancanza di cure mediche, e di una
deportazione forzata della popolazione civile, con un sostanziale impedimento
alla distribuzione degli aiuti in quella che viene considerata soltanto come una
zona di guerra, cadono tutti i presupposti che possono giustificare il blocco
navale.
Ed è per questa ragione che accanto alle imbarcazioni civili della Flottiglia
dovrebbero esserci navi di missioni internazionali per portare aiuti
direttamente a Gaza, dove in passato è stato possibile farli arrivare via mare
anche in assenza di un porto. Perchè Israele e la organizzazione che dovrebbe
distribuire gli aiuti alla popolazione civile hanno ampiamente dimostrato di
permettere a Netanyahu di utilizzare la fame e la carenza di medicine, come il
ricorso ai bombardamenti, per eliminare la popolazione, ormai identificata per
intero come “nemica” e costringere civili innocenti, tra cui donne, bambini,
malati, alla deportazione ed al confinamento.
Senza un immediato cessate il fuoco, non sarà possibile fare arrivare aiuti
tanto consistenti da alleviare il calvario inflitto ai Gazawi, ma le poche
scorte a bordo della Flottiglia hanno un valore immenso, che va ben oltre la
loro consistenza materiale, perchè danno la misura della necessità di rompere
l’isolamento fisico e l’apartheid del popolo palestinese, su cui si basa il
genocidio in corso, e di battere l’onda mediatica che non riesce ancora ad
andare oltre gli attacchi del 7 ottobre 2023. Come se prima di quel giorno non
fosse successo nulla.
Non si può permettere che sul piano della informazione, anche attraverso lo
sfruttamento di contraddizioni e disfunzioni che sono emerse in questa missione
della Flottiglia, del tutto diversa rispetto alle altre che la hanno preceduta,
prevalga, con la rassegnazione al diritto della forza, il progetto genocidario
di Israele, al quale Trump sta garantendo totale copertura.
La resistenza sarà ovunque. Per Gaza e la Palestina, per la democrazia, per la
pace. I milioni di persone che nel mondo scendono in piazza per difendere il
diritto ad esistere del popolo palestinese difendono anche le residue
possibilità di vivere nel rispetto dello Stato di diritto, attaccato da
autocrazie e populismi, e di ridurre i rischi di una guerra totale, oggi sempre
più vicina. Non saranno certo episodi isolati, o polemiche interne, comunque
inevitabili, che potranno spegnere un gigantesco impegno costituente, mirato a
nuove solidarietà internazionali ed alla difesa dei diritti fondamentali della
persona, in qualunque tempo ed in qualunque luogo si trovi.
N.B. ricordiamo a tutt* di contattare gli attivisti della propria città per
partecipare alle iniziative che numerosissime si stanno moltiplicando in tutta
Italia e di aderire alla campagna di email bombing “scrivete a
unita.crisi@esteri.it e gabinetto@esteri.it” (ndR)
Fulvio Vassallo Paleologo