La libreria IoCiSto ospita l’Eirenefest, “Le parole di Pace”
Si è svolta ieri venerdì 19 settembre nella libreria IoCiSto nel cuore del
Vomero a Napoli, per la prima volta dopo Roma, la prima giornata
dell’Eirenefestival del libro per la Pace e la non Violenza.
Sostenuto dal Presidio di Pace Iocisto, il Festival nelle tre giornate
napoletane vuole riflettere sul valore della parola, del libro, del confronto,
del dibattito come potente strumento di dialogo e di disarmo in tempi segnati da
odio e conflitti.
La Pace non è gratuita, ma è un cantiere aperto in continua costruzione, è
impegno civile di ciascuno e Eirenefestival porta a Napoli scrittori, attivisti
di Pace, docenti, giornalisti, religiosi che attraverso incontri, presentazioni
e Tavole Rotonde aprono a significativi spazi di confronto.
Si è iniziato con un laboratorio di poesie.
Una giornata molto partecipata quella di ieri, piena di emozioni e confronti,
con un programma nutrito di laboratori, dibattiti e nuove uscite editoriali che
hanno suscitato nei presenti un interrogarsi sull’ essere persone oggi in un
momento drammatico per l’umanità, sul dovere di ciascuno di non voltarsi
dall’altra parte ma scegliere di dare il proprio contributo alla costruzione
della Pace.
E qui le persone hanno scelto la via della parola per tentare di costruire un
mondo più umano, pacifico, giusto.
Nel pomeriggio un momento di grande emozione. La presentazione del libro di
poesie “Con nome e cognome” di Maria La Bianca, raccolta di poesie civili ma
anche di amore, che la scrittrice ha voluto dedicare ai bambini di Gaza e a
tutti i bambini vittime di guerra, edito da Multimage.
L’autrice palermitana lo ha proposto attraverso un’esperienza laboratoriale
suggestiva e coinvolgente: i presenti sono stati invitati a scegliere ognuno un
breve verso poetico tratto dall’opera, che la scrittrice aveva riportato su
tanti foglietti scrupolosamente curati nel taglio e nella grafica e sistemati
sospesi lungo un filo nella sala che ospitava il laboratorio.
Ogni lettura di versi ricordava, evocava un momento, una memoria, una vittima.
Le persone hanno scelto ognuna un foglietto e hanno potuto essere protagoniste
con rispetto e cuore aperto di quel dolore evocato.
Quella vittima, ricordata da quel verso, è stata reinterpretata e la sua memoria
ha “rivissuto” attraverso la lettura: cosa è accaduto quel giorno? C’era una
data e un numero di pagina su ogni foglietto che ha rimandato il lettore a un
ricordo, a una esperienza di dolore, a uno stupro, a una violenza, a un
conflitto, a un sopruso.
“Stupro”, “Primo Maggio”, “Dio è morto”, “Lampedusa”, “Striscia di Gaza”,
“Bambini in gabbia” “Bambini di Gaza” e tante altre le poesie lette, i cui versi
hanno emozionato.
Versi che sono potentemente civili ma anche pieni di amore.
Di un amore non nel senso romantico o lirico, ma esplorato nelle sue
implicazioni più ampie nell’intreccio con le ingiustizie, il dolore nella
memoria delle vittime.
Al centro di questo libro, come spiega l’autrice, c’è la voce delle vittime, di
chi viene dimenticato nella narrazione ufficiale, “fotografato” solo come
elemento di cronaca per poi essere avvolto dall’oblio del silenzio.
Qui nel libro ogni vittima ha un “Nome e Cognome”, non è parte di una statistica
ma è persona “viva” con la sua storia e la sua dignità.
Il laboratorio intenso, emozionale, che ha toccato momenti di commozione, non è
stato un “palco” ma un cerchio, un cerchio dove ogni voce è stata accolta, ogni
parola ha avuto un senso
Maria la Bianca ha usato la Poesia per attraversare la memoria di tanti
conflitti, per dare voce al dolore ma senza alimentare mai alcun odio per
trasformare l’esperienza della conoscenza di quei conflitti in consapevolezza
civile.
Senza paura di toccare ferite sociali, è stato un invito alla responsabilità a
cui chiunque è chiamato. Qui la Poesia ha dimostrato di poter essere
testimonianza, impegno civile, memoria, anche se questo suscita e ha suscitato
letture dolorose di forte impatto emotivo e morale; poesia civile capace di
smuover coscienze ma non per questo meno lirica e delicata.
I versi letti non erano denunce astratte, ma ognuna identificata, con un volto,
con un “nome e cognome”; questo per evitare che l’anonimato potesse consumare la
memoria.
Al “Nome e cognome” si aggiunge “quasi sempre l’amore” che suggerisce che
l’Amore è presente come guida, come sfondo anche se accompagnato dalla rabbia e
dal dolore.
Davvero si è avvertito qui in questo laboratorio quanto la Poesia sia capace,
pur con la gentilezza specifica del linguaggio poetico, di indignare, di
inorridire, ma anche di evocare speranza e invitare alla consapevolezza.
I presenti hanno vissuto un’esperienza di forte impatto: quelle vicende sono
diventate collettive perchè ognuno si è fatto specchio di quella sofferenza.
Sicuramente era l’obiettivo immaginato dalla scrittrice che però non è mai
caduta nel sentimentalismo facile, ma ha saputo suscitare, seppure con
delicatezza, un sentimento di rabbia e di indignazione, un invito ad un impegno
civile.
A conclusione il dibattito vivo e ricco di spunti di riflessione che
simbolicamente può essere sintetizzato dalla riflessione sempre attuale di
Albert Einstein:
“La Pace non può essere mantenuta con la forza, può essere raggiunta solo con la
comprensione”
“Ci sono piccoli semi tra i solchi delle bombe e sbaglia chi pensa non crescerà
un bosco”. Il verso che ci apre alla Speranza.
Il Festival continua oggi a partire dalle ore 15.45 con una Tavola Rotonda sul
disarmo nucleare e mediorientale con l’intervento di padre Alex Zanotelli.
Lucia Montanaro