L’accordo inadeguato
Foto tratta dal Fliker di Attac Austria
La Commissione europea accelera sull’accordo Eu-Mercosur, che punta
a incrementare gli scambi tra l’Ue e il blocco dell’America Latina composto da
Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. L’esecutivo Ue ha mostrato grande
soddisfazione per il risultato raggiunto.
L’Alta rappresentante Kaja Kallas e il commissario al Commercio,Maroš Šefčovič,
presentando alla stampa i documenti, hanno enfatizzato la geopolitica degli
accordi: “L’Europa sta rafforzando le sue alleanze strategiche e ne sta
stringendo di nuove”, con l’obiettivo di “rafforzare i partenariati globali
dell’Ue”.
Peccato che, come al solito, la Commissione professa una cosa ma ne fa un’altra.
L’accordo, infatti, con un vero sfregio alle procedure ordinarie, è stato diviso
in due testi. L’accordo di cooperazione, che contiene la cornice politica del
partenariato, affronterà l’iter ordinario di ratifica dei trattati
commerciali: dopo il voto in Consiglio dei governi europei, il voto del
Parlamento europeo e poi la ratifica dei Parlamenti nazionali.
La liberalizzazione commerciale, svincolata da ogni senso più generale, viene
invece affidata ad un accordo ad interim cui non può essere opposto veto in
Consiglio europeo, e che diventa legge con una maggioranza semplice del
Parlamento Ue, tagliando fuori i livelli nazionali.
Un vero e proprio schiaffo su un testo che sottopone a un grosso rischio un
mercato comune già molto provato, per ragioni geopolitiche abbastanza
indeterminate: l’Argentina, infatti, è legata a doppio filo all’amministrazione
Trump e l’economia brasiliana alla Cina, principale acquirente estero delle sue
merci, mentre Uruguay e Paraguay sono Paesi poco significativi per eventuali
alleanze strategiche.
C’è chi sostiene che, per l’Italia, esportare verso Argentina e Brasile potrebbe
compensare i flussi in uscita ostacolati dai nuovi dazi di
Trump. Significa paragonare la possibilità di acquisto di un mercato
statunitense da 340 milioni di abitanti con reddito medio di 62mila dollari
l’anno, con un Mercosur da circa 270 milioni di abitanti con reddito medio che
non supera in Argentina i 6mila dollari l’anno, e in Brasile non raggiunge gli
8mila.
La Commissione Ue, secondo alcuni giuristi, ai sensi dei Trattati costitutivi,
avrebbe dovuto chiedere parere alla Corte europea di Giustizia prima di
procedere allo scorporo del capitolo commerciale dalla cornice politica che lo
motiva. Altri studiosi la ritengono comunque incompatibile con l’obbligo di
leale cooperazione tra i diversi livelli dell’Unione, ai quali non è possibile
sottrarre il voto sul complesso della misura con un semplice artificio
procedurale.
La Commissione europea, d’altronde, non è nuova all’omissione di atti dovuti:
prima della conclusione dei negoziati avrebbe dovuto presentare una ‘Valutazione
di impatto’ indipendente su economia, occupazione e ambiente europeo con dati
aggiornati, come confermato dal Garante europeo nel 2020 e nel 2023, ma non l’ha
mai fatto.
Analisi indipendenti di associazioni e sindacati delle due parti, Cgil e
sindacati europei in testa, prevedono una deforestazione esiziale dell’area
amazzonica, l’acuirsi delle violazioni dei diritti umani e sugli indigeni con
l’espansione delle esportazioni agricole e minerarie, una perdita significativa
di posti di lavoro in ambito industriale, come pure in molti settori europei
dell’agroalimentare.
Il trattato vuole anche accelerare le procedure doganali, indebolendo i
controlli di sicurezza e conformità nelle merci scambiate, e scaricando il
rischio sui sistemi di controllo nazionali e i consumatori.
La cosiddetta ‘procedura di salvaguardia’ che la Commissione ha presentato ai
governi francese, polacco e italiano come risolutoria per tutelare i propri
agricoltori e produttori, è, in realtà, una paginetta di impegni unilaterali,
esterna al trattato quindi non vincolante.
La Commissione promette controlli regolari, che già dovrebbe condurre, e
interventi già previsti dai meccanismi antidumping in vigore. Quanto alle
eventuali compensazioni, non ci sono risorse dedicate ma si rinvia al fondo che
rimedia a tutti gli incerti della globalizzazione. Un salto nel vuoto,
considerando che la prevista riduzione dei fondi della Pac, Politica agricola
comune, già scaricherà sugli Stati l’assistenza diretta agli agricoltori, che
costituisce dal 30% al 60% del loro attuale reddito.
Secondo la Confederazione europea dei sindacati, Ces, “così com’è, l’accordo
aprirebbe alle aziende europee la strada per investire in Paesi caratterizzati
da condizioni di lavoro pericolose e dallo sfruttamento delle popolazioni
indigene. Per come è ora, l’accordo è una fonte di concorrenza sleale che avrà
conseguenze negative su mezzi di sussistenza, salari, condizioni di lavoro e
occupazione dei lavoratori nei settori chiave dell’economia dell’Ue.
L’accordo – conclude la Ces – è inadeguato per quanto riguarda il processo
democratico e la legittimità, il suo impatto sull’economia e sull’occupazione in
Europa, la sostenibilità e la diversificazione del commercio”. Una presa di
posizione netta, che ora spetta al Parlamento europeo tradurre in voto.
Articolo pubblicato sul blog sinistrasindacale.it
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