Tag - 7 ottobre

No, non è cominciato tutto il 7 ottobre
La mia nascita è innanzi tutto il miracolo di mia madre. O meglio il miracolo di tutte le madri, fin dagli albori dell’umanità, e il suo in particolare. Perché partorì qualche ora dopo essere stata gravemente ferita da un proiettile. La notte tra il 31 dicembre 1947 e il 1°gennaio […] L'articolo No, non è cominciato tutto il 7 ottobre su Contropiano.
7 ottobre 2023 e altre narrazioni fasulle
Continuamente i tg main-stream inondano la loro narrazione mettendo sullo stesso piano il genocidio dei gazawi (miserabile chi lo nega) con i 1.138 morti del 7/10/23. Dal momento che non sono minimamente d’accordo su questa narrazione, procedo a fare un minimo di chiarezza. La prima cosa da rimarcare è che […] L'articolo 7 ottobre 2023 e altre narrazioni fasulle su Contropiano.
Polemiche strumentali sulla presenza di Francesca Albanese a Genova il 7 ottobre
La destra è unita nel difendere il progetto sionista e negare il genocidio tutt’ora in corso in Palestina nonostante il “piano Trump” e tira in ballo la sindaca non solo per aver preso parte all’incontro con la relatrice speciale dell’ONU ma anche per le sue mancate prese di posizioni riguardanti […] L'articolo Polemiche strumentali sulla presenza di Francesca Albanese a Genova il 7 ottobre su Contropiano.
La pace è possibile, amplificate le nostre voci!
Nel secondo anniversario del 7 ottobre, riceviamo e volentieri diffondiamo questo messaggio di Maoz Inon che in quel tragico giorno ha perso entrambi i genitori. Inizialmente dati per dispersi, forse rapiti e resi ostaggi, Bilha e Yakovi Inon vennero poi trovati carbonizzati all’interno del kibbutz in cui vivevano a poca distanza dal muro. Lungi dal cedere alla disperazione o alla pulsione di vendetta, Maoz Inon ha scelto fin da subito la via del perdono, come ha raccontato in una quantità di interviste rintracciabili on line, in particolare alla BBC quando in lacrime si dichiarò in lutto non solo per la perdita dei suoi genitori amatissimi, ma per il bagno di sangue che inevitabilmente sarebbe seguito, come infatti è stato. Da quel giorno, insieme al compagno Aziz Abu Sarah, non ha smesso di promuovere eventi di pace, in tutte le possibili occasioni: incontri alle Nazioni Unite, all’Arena di Pace di Verona con Papa Francesco e più recentemente ricevuto dal suo successore, e soprattutto promotore di grandi Eventi di Pace in Israele: il 1 luglio 2024 riempiendo un intero stadio a Tel Aviv, e poi con il Peace Summit di Gerusalemme, 8 e 9 maggio, ben due giorni di Pace No Stop. Ed eccolo oggi con questo messaggio, che lungi dall’allinearsi a chissà quali urgenze, circa i negoziati in discussione proprio in queste ore, rappresenta una chiara dichiarazione d’intenti, per il raggiungimento di una Pace Possibile che però non potrà essere facile né immediata: sarà necessario tanto lavoro, entro un certo arco di tempo che Maoz descrive come vera e propria missione, entro l’anno 2030. E avrà bisogno del sostegno di tutti noi: nel ruolo di compagni di viaggio e, ovunque sia possibile, come amplificatori del suo messaggio e di quanti si stanno impegnando insieme a lui. -------------------------------------------------------------------------------- Cari amici, colleghi, sostenitori e partners, state ricevendo questa messaggio perché, a un certo punto, le nostre strade si sono incrociate: con alcuni di voi è successo anni fa, con altri più recentemente. Per anni, il mio sogno è stato quello di creare spazi di condivisione, tra israeliani e palestinesi; di riunire persone di comunità diverse perché potessero incontrarsi, connettersi, capirsi a vicenda. Il mio primo passo verso la realizzazione di questo sogno è stato quasi vent’anni fa a Nazareth, con l’apertura del Fauzi Azar Inn. Eccomi insieme a Odette Azar Shomar e Marwa Taha Abu Rany nella sala principale del Beit Fauzi Azar Nel 2005, prima di aprire il Fauzi Azar Inn, ho riunito la mia famiglia per condividere la mia visione mediante una semplice presentazione di dieci diapositive: in che modo una struttura di accoglienza potesse andare oltre il potenziale commerciale, rafforzando la comunità locale. Una diapositiva mostrava la foto di un’antica dimora araba che avevo trovato online, un’immagine di come il sogno avrebbe potuto realizzarsi, un giorno. Alla fine della presentazione, nella stanza c’era silenzio. I miei genitori si sono scambiati uno sguardo e poi hanno pronunciato le parole che hanno messo in moto tutto quanto: “Maoz, se davvero vuoi fare questa cosa, noi siamo con te”. Sono diventati i miei primi partner, i miei primi sostenitori e insieme abbiamo trasformato il sogno in realtà. Quello stesso spirito mi guida ancora oggi. Come molti di voi sanno, i miei amati genitori, Yaccovi e Bilha, sono stati uccisi nell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Da quel tragico giorno, mi sono dato una nuova missione: fare tutto il possibile per contribuire al raggiungimento della pace, tra israeliani e palestinesi, affinché altri non subiscano lo stesso destino della mia famiglia. I miei genitori, Yaccovi e Bilha, con il mio primogenito, poco dopo l’apertura del Fauzi Azar Inn, nel 2006 Questa settimana ricorre il secondo anniversario del 7 ottobre. La guerra continua a imperversare, le sofferenze a Gaza sono inimmaginabili e il governo estremista israeliano persegue politiche che danneggiano sia i palestinesi che gli israeliani, compresi gli ostaggi rimasti. È stato facile sentirsi a volte senza speranza. Ma ora, più che mai, e alla vigilia di un potenziale piano di pace, il nostro lavoro di costruttori di pace è urgente. La speranza non è qualcosa che possiamo solo cercare di mantenere viva in noi, è qualcosa che tutti noi creiamo con l’azione. Come dice il mio caro amico e partner Aziz Abu Sarah: > “Se proprio dovete dividerci, non divideteci tra israeliani e palestinesi. > L’unica divisione è tra coloro che credono nella giustizia, nella pace e > nell’uguaglianza e coloro che ancora non ci credono”. Per promuovere questa visione, Aziz e io abbiamo lanciato InterAct, un’organizzazione senza scopo di lucro con una missione davvero audace: raggiungere la pace entro il 2030. InterAct costruisce fiducia, promuove il dialogo e crea spazi condivisi dove israeliani e palestinesi possono incontrarsi da pari a pari. Negli ultimi due anni, ci siamo resi conto che il nostro messaggio è come l’acqua per chi si trova nel deserto: vitale, rigenerante e disperatamente necessario. Vogliamo condividere questo nutrimento con tutti quelli che cercano speranza e cambiamento. Maoz Inon and Aziz Abu Sarah speak at SESSION 1 at TED2024: The Brave and the Brilliant, on Monday, April 15, 2024. Vancouver, BC, Canada. Photo: Ryan Lash / TED   L’anno scorso, Aziz e io abbiamo aperto la convention TED 2024 con la nostra conversazione di guarigione. Da allora, abbiamo condiviso il nostro messaggio con milioni di persone attraverso i media e anche di persona, con migliaia di persone, compresi leader di profilo mondiale, come il compianto Papa Francesco e il suo successore, Papa Leone XIV. Momenti che rappresentano per noi delle pietre miliari, perché ci ricordano che il mondo è disposto ad ascoltare, e che il cambiamento è a portata di mano. Quando ho condiviso per la prima volta il mio sogno di aprire una guesthouse, i miei genitori mi hanno sostenuto e mi hanno dato il coraggio di iniziare. Oggi, mentre perseguo il sogno ancora più grande della pace, vi chiedo di sostenermi allo stesso modo. Aiutatemi a diffondere il nostro messaggio: condividete la nostra storia con i vostri amici, le vostre comunità e le vostre reti. Più voci si uniscono, più forte e inarrestabile diventa il nostro appello alla pace. Come parte di questo viaggio, ho intenzione di inviare aggiornamenti sui nostri sforzi ogni poche settimane. Potete anche visitare il sito web InterAct per vedere i prossimi eventi. Se mi trovo nella vostra zona, mi farebbe molto piacere incontrarvi.   E per chi lo vorrà, sarà possibile partecipare, in vari modi. Per esempio inoltrando questo messaggio ad altri, invitandoli ad  iscriversi alla mailing list; organizzando incontri pubblici, diffondendo il nostro messaggio sui media e vari social network, condividendo il nostro TED talk. Restiamo in contatto, con amore e nel segno della pace, che entro il 2030 dovrà essere non più una speranza ma una solida realtà.   Maoz Inon Daniela Bezzi
Antisemitismo, antisionismo, razzismo: un libro e una riflessione a più voci
È stato presentato ieri all’Istituto Gramsci Siciliano il libro di Donatella Della Porta Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica (Altreconomia). Il prof. Nicosia, aprendo l’incontro, ha ricordato come il 7 ottobre costituisca una lacerazione politica ed etica che impone una ricostruzione storica. Il prof. Tommaso Baris dell’Università di Palermo ha conversato con l’autrice, dopo averla presentata: Donatella Della Porta è docente di scienze politiche alla Scuola Normale di Firenze ed ha pubblicato molti libri, fra i quali Proteste e polizie (Il Mulino) e No Global sui fatti di Genova 2001. Il suo ultimo scritto esamina l’accusa di antisemitismo usata oggi in Germania in quanto criminalizzazione delle critiche a Israele. Baris: L’antisemitismo è il lato oscuro della coscienza europea che si porta dietro la memoria dell’Olocausto e presume un progetto razzista più ampio, la discriminazione di Rom Sinti omosessuali etc. Ed è un problema non solo tedesco ma anche francese italiano norvegese ucraino polacco. La responsabilità dell’Olocausto è di tutta Europa e attiene alle destre. Com’è potuto accadere che adesso venga rovesciata sulle sinistre? Della Porta: A destra oggi il razzismo si rivolta contro i migranti. In Germania  si parla adesso  di “antisemitismo importato” dai migranti musulmani, dimenticando che un quarto dell’elettorato vota Alternative für Deutschland. È stata negata la connessione fra antisemitismo e razzismo in Francia Germania e Gran Bretagna, cioè proprio nei Paesi che più hanno contribuito alla Nakba. In Israele c’è stata la pretesa, da parte della destra nazionalista, di rappresentare uno Stato religiosamente “pulito”; la diaspora ebraica nel mondo, invece, continua a ripetere “Non in mio nome”. Anche in Germania gli ebrei antisionisti sono i primi obiettivi della repressione. Le “Voci Ebraiche per la Pace” sono state dichiarate associazioni estremiste. L’antisemitismo viene percepito come distaccato dal razzismo. È stato introdotto il “reato di comparazione”: parlare di genocidio è antisemita, paragonare Gaza a un ghetto è reato. Israele non può essere criticato, artisti e intellettuali ebrei ed ebree come Judith Butler o Nancy Fraser sono banditi. Baris: A proposito di comparazione, l’insistenza sul 7 ottobre ricorda l’interrogativo ripetuto contro la Resistenza “E allora le foibe?”. Colonialismo e nazismo, allora come oggi, e non solo rispetto alla Shoah ma anche per l’apartheid in Namibia e Sudafrica, per esempio, sollevano la questione della responsabilità. Della Porta: La memoria induce a chiedersi che fare. In Germania l’Olocausto è stato inteso come una parentesi nella storia gloriosa dell’Occidente. Io credo invece che la Resistenza continuamente rivisitata sia ancora attuale. I bambini arabi in visita ad Auschwitz si identificavano con le vittime, ma veniva detto loro che dovevano identificarsi con i colpevoli, distruggendo così la possibilità di empatia fra i popoli. È mancata la possibilità di costruire identificazione tra popolazione tedesca e palestinesi. È stato criminalizzato il boicottaggio, mentre qui da noi in Italia è stato possibile: al festival del cinema di Venezia, in occasione della partita di calcio con Israele, col movimento BDS, lo sciopero della fame dei lavoratori della sanità, l’iniziativa dei camalli di Genova, le mobilitazioni sindacali. Interviene a questo punto Giuseppe Lipari, collaboratore della prof. Della Porta presso la Scuola Normale di Firenze e si interroga sul che fare di fronte alla “soluzione finale” in Palestina. Anche in Italia, sostiene, viene oppressa la libertà e si muove la dinamica del “panico morale”. L’omicidio Kirk negli USA ha scatenato pure qui da noi accuse di violenza alla sinistra. Esiste poi un controllo governativo sui panel delle lezioni universitarie. Si connette da remoto Amal Khayal, responsabile del CISS a Gaza, dove ha perso tanti amici e parenti e che non manca mai di partecipare alle iniziative per la Palestina. Nel mio Paese non esisteva l’antisemitismo, spiega. I miei nonni convivevano con i vicini ebrei. Del resto, anche i palestinesi sono semiti! Ma il termine “antisemitismo” intende surrettiziamente solo l’odio contro gli ebrei. Il sionismo è altra cosa, è un’ideologia nazionalista, e dunque altra cosa è anche l’antisionismo. Che cosa può fare il movimento antisionista per i palestinesi? La campagna BDS può aiutare a bloccare il genocidio nella striscia di Gaza e così pure il dibattito nelle scuole e all’università. A questo proposito, Baris cita la mozione della Normale di Firenze che rifiuta ogni tipo di rapporto sia economico sia culturale con le istituzioni che collaborino alle azioni militari o alle occupazioni civili nei Territori. Questa mozione è stata definita antisemita, ricorda Dalla Porta: Ebrei allora e Palestinesi adesso sono additati come fonte del male dalle ideologie dell’estrema destra ostili alla cultura “woke” e al “gender”. Ma arte sport musica sono luoghi della politica: anche lì occorre praticare il boicottaggio e costruire solidarietà. Inoltre si può contribuire a fermare lo sterminio con aiuti concreti, come borse di studio per gli studenti profughi, come si fece con i profughi cileni dopo l’undici settembre 1973. Quanto alle scuole, la celebrazione della “giornata della memoria” il 27 gennaio in sé non è un errore né è propaganda, ma bisogna evitarne la banalizzazione e la strumentalizzazione, perché può rischiare di provocare “lo svuotamento semantico dell’antisemitismo” o peggio il suo rovesciamento razzista in chiave antipalestinese. Occorre non dimenticare che l’attuale genocidio in passato ha trovato sponda nel centro-sinistra: Biden e Scholz vendettero armi a Israele. Lipari conclude la serata invitandoci a guardare, pur nella tragedia, il lato positivo: il movimento internazionale, pur con tutte le sue contraddizioni, sta funzionando oltre la rassegnazione e il conformismo, come dimostra la Global Sumud Flotilla. Ci lasciamo proprio per raggiungere il presidio dell’equipaggio di terra alle 20 a Piazza Verdi, cui parteciperà anche Pif. Daniela Musumeci