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No ad una sanatoria sugli abusi della RWM
Si è svolto il 16 settembre a Cagliari, davanti al palazzo della Regione in viale Trento, un sit-in di protesta, per scongiurare la possibilità che l’amministrazione regionale sarda decida di sanare gli abusi ambientali causati dall’ampliamento illegittimo dello stabilimento RWM del Sulcis. La RWM Italia, industria di armamenti bellici con sede legale a Ghedi in provincia di Brescia, da circa quattro anni ha svolto ingenti lavori di ampliamento nello stabilimento di Domusnovas-Iglesias, in Sardegna. Questo per aumentare la propria produzione di bombe d’aereo, d’artiglieria pesante e di droni killer, questi ultimi su licenza e sotto controllo di una società israeliana. L’aumento delle richieste, dovuto alle numerose guerre in corso, l’ha spinta ad iniziare subito i lavori ed a portarli rapidamente a termine, pur non avendo avuto tutte le autorizzazioni necessarie, prima fra tutte la VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale). In seguito alle proteste e ai ricorsi alla giustizia amministrativa, da parte di numerose associazioni ambientaliste, pacifiste e disarmiste, il Consiglio di Stato ha bocciato gli ampliamenti come non legali, vietandone quindi l’uso produttivo. La contromossa dell’azienda di armamenti è stata quella di presentare alla Regione Sardegna una richiesta di valutazione ambientale ex post, con l’intento di sanare gli abusi edilizi ed ambientali perpetrati. A tre anni di distanza dalla richiesta della RWM, il servizio Valutazione Impatti ambientali della Regione sarda ha terminato l’istruttoria relativa ed esiste il rischio concreto che venga concessa una valutazione positiva, pur con possibili prescrizioni. L’ultima parola spetterebbe comunque alla Presidente della Regione, Alessandra Todde. Alla quale la rete di associazioni e sindacati ha indirizzato una lettera aperta, affinché non avvalli una sanatoria assai dubbia dal punto di vista legale e molto imbarazzante dal punto di vista politico, per non parlare del senso etico, che semplicemente rabbrividisce. La lettera chiede anche un confronto diretto con la premier regionale, per capire meglio la distanza, o la vicinanza delle posizioni. In assenza della Todde, una delegazione dei manifestanti è stata comunque ricevuta dal capo-gabinetto ed ha potuto illustrare i motivi della propria posizione, dimostrando dati tecnici alla mano, che i danni provocati al territorio non possono portare ad una valutazione d’impatto ambientale favorevole per l’azienda. E’ stato chiesto anche un prossimo e urgente incontro con la Presidente Todde, per cercare di affrontare la difficile situazione attraverso il confronto. Settori importanti del governo italiano, tra cui il ministero della difesa, stanno intensificando la pressione verso la Regione Sardegna, affinché dia l’avvallo all’ampliamento della fabbrica di morte. L’industria bellica, in tempo di guerre crescenti, deve poter stare dietro alle richieste. Forse aveva fiutato il vento e proprio per questo aveva così tanta fretta di aprire nuove unità produttive, anche a costo di infischiarsene delle regole che dovrebbero valere per tutti. Sicuramente, senza l’impegno dei comitati, dei movimenti, dei sindacati di base durante quest’ultimo decennio, questa industria che sforna prodotti di distruzione e morte avrebbe di sicuro fatto il bello e il cattivo tempo ed avrebbe da tempo aumentato ancor più il suo fatturato, già in ampia salita. Ora si attendono le prossime mosse politiche. A livello regionale, certo, ma anche con la possibilità di ingerenze governative nazionali. I movimenti che lottano per la chiusura della fabbrica o per la sua riconversione a scopi civili, sanno che ci sarà ancora tanto da fare. Carlo Bellisai