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Colpiti ma non fermi: la Ocean Viking si prepara a tornare in mare
Dall’attacco subito il 24 agosto da parte della Guardia Costiera Libica, la Ocean Viking è ancora ferma in porto per le riparazioni necessarie a garantire che la nave torni in mare in piena sicurezza e funzionalità. Da oltre due mesi la nostra squadra lavora senza sosta per tornare a salvare vite, ma l’obiettivo di ripristinare le condizioni ottimali per il ritorno in mare non è ancora stato raggiunto. A settembre abbiamo promosso un crowfunding e ci sono buone notizie. I due RHIB – i nostri gommoni veloci di salvataggio danneggiati durante l’attacco sono stati riparati e sono tornati a bordo della nave. Sono stati anche riparati i “Centifloats” forati dai proiettili: tubi galleggianti usati come paraurti e barriere per proteggere gli scafi, stabilizzare le manovre e creare corridoi d’imbarco sicuri. Le nuove finestre su misura per la plancia di comando, che andranno a sostituire quelle distrutte a colpi di mitra, arriveranno la prossima settimana. I vari componenti del team sono impegnati nei lavori di riparazione, in attesa di poter tornare a fare quello per cui hanno rischiato la vita: salvare persone in difficoltà e portarle in un posto dove possano sentirsi al sicuro. Nel frattempo, nel Mediterraneo centrale continua la strage silenziosa: nei giorni scorsi in diversi naufragi hanno perso la vita 3 bambini e una donna incinta, tra gli altri. “L’unica cosa che ha fatto il governo in questi mesi – spiega Valeria Taurino, direttrice generale di SOS MEDITERRANEE Italia – è stata rimanere immobile: immobile di fronte all’attacco ingiustificato e ingiustificabile che abbiamo subito e immobile di fronte al rinnovo automatico del Memorandum Italia Libia, che dal prossimo 2 novembre non sarà più modificabile. Abbiamo appaltato la gestione dell’immigrazione a uno Stato non sicuro, dove vengono sistematicamente violati i diritti umani e il diritto internazionale, solo per interessi politici e sulla pelle di uomini, donne e bambini innocenti: come associazione umanitaria non possiamo accettare questo epilogo, per questo riteniamo urgente tornare in mare a ribadire con forza che il diritto marittimo internazionale non è un’opzione trascurabile, ma dovrebbe essere alla base di ogni scelta compiuta in mare. Nonostante tutto quello che ci è capitato, torneremo presto dove c’è più bisogno di noi“. Redazione Italia
Relazioni calde e amichevoli in Sicilia. Diario di bordo dalla Global Sumud Flotilla
Le diciassette barche della Global Sumud Flotilla delegazione italiana, effettuata la tappa di avvicinamento alla rotta verso il mare aperto, destinazione Gaza, sono in attesa delle ultime operazioni riguardanti i collegamenti satellitari di alcune barche ferme a Tunisi.  La maggior parte delle barche provenienti da Barcellona sono ancorate in una rada a sud di Cap Bon, in Tunisia. Nel frattempo questa tappa è utile per ulteriori piccole riparazioni e perfezionamenti, come quelle della barca sulla quale navigo, che ha dovuto sostituire o meglio riparare la vecchia membrana di un WC marino: una missione alquanto complicata perché qui a sud di Pachino la stagione è terminata e una volta arrivati a terra, con non poche difficoltà, con l’unico tender in quel momento disponibile, la strada per raggiungere il paese risulta come una lunga fetta di asfalto infinita costeggiata da alberghi e camping chiusi. Mi sono trovato dunque a dover chiedere aiuto prima con l’autostop per arrivare a circa 8 km di distanza e poi per la riparazione dal gommista specializzato in vulcanizzazione a caldo. Le prime persone a cui chiedere aiuto dopo 4 km a piedi sono una vecchina che sconsolata mi informa che la macchina sotto casa sua non la guida da anni e tre giovanissimi muratori  intimoriti non solo all’idea di lasciare il cantiere per portarmi a 5 minuti di macchina, ma addirittura al solo pensiero di dover chiedere al loro capo il permesso di allontanarsi. Percorro così un altro chilometro e mi fermo in una stazione di servizio. Dopo un po’ di conversazione chiedo alla proprietaria la sua opinione sulla situazione a Gaza, sull’assenza del governo, sulla gestione scellerata dei migranti in una terra in cui la lingua ufficiale sta quasi per diventare l’arabo e a quel punto lei si presta ad aiutarmi. Mi fa quindi portare dal suo collaboratore dal gommista, al quale vengo addirittura presentato come un amico! In Sicilia queste relazioni “calde” sono importanti anche per le piccole cose! La membrana del WC qui al sud per quel tipo di marca è praticamente introvabile e il lavoro che si appresta a fare il gommista con la vulcanizzazione a caldo è più simile all’arte che all’artigianato. L’operazione è quasi impossibile e disperata, ma viene comunque compiuta con la massima maestria; non poteva sfuggirmi l’occasione di intervistare l’artefice di questa impresa, grazie alla quale sei persone per una decina di giorni potranno contare su due bagni invece che uno solo. Il prezzo chiesto per l’intervento è del tutto simbolico. L’ammirazione e la riconoscenza verso la nostra missione inoltre sono le stesse della signora del bar, ma anche del signore che pur dovendo parlare di affari proprio col gommista sceglie di accompagnarmi seduta stante per gli 8 chilometri di ritorno alla rada, dove mi aspetta il tender. “Confesso di essere un uomo di destra – mi dice subito dopo aver capito chi sono – ma di quella destra illuminata che allo stato attuale, da alcuni anni, non riesce a trovare nessun tipo di rappresentanza in Parlamento”. Dai migranti fino alla posizione verso Israele insomma è in disaccordo totale con la destra di governo, un disaccordo accompagnato dalla consapevolezza di un’umanità perduta, di una serie di strumentalizzazioni politiche delle questioni sociali che non risparmiano né la sinistra né tantomeno la destra. Questa è l’umanità niente affatto residuale, ma sicuramente più che maggioritaria in Italia e forse in tutto il resto del mondo, che presto o tardi si farà sentire quando la situazione sarà insostenibile anche nel nostro Occidente sedicente “civilizzato.” Stefano Bertoldi