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Afghani deportati in Iran: non dimentichiamoli
Una delle associazioni afghane più accreditate nelle attività di soccorso umanitario, che CISDA sostiene da più di 20 anni, si è attivata per portare aiuto ai migranti afghani deportati forzatamente dall’Iran ed espulsi senza alcun giusto processo o considerazione umanitaria (vedi il nostro appello). Pubblichiamo una sintesi del Report della Missione Sanitaria Mobile che, per motivi di sicurezza, non può essere divulgato integralmente. Il report evidenzia che la situazione al confine del Paese permane critica per il caldo estremo, la mancanza di acqua e riparo e l’assenza di servizi sanitari di base, che creano alti rischi di epidemie di malattie infettive, malnutrizione e decessi. Molti deportati erano originariamente fuggiti dall’Afghanistan a causa del crollo del precedente governo, del timore della persecuzione dei Talebani o di gravi difficoltà economiche. Ora sono stati costretti a tornare senza nulla, spesso solo un cambio di vestiti e con il morale a pezzi. Ripristinare dignità e speranza Il Team Sanitario Mobile attivato era composto da 2 medici (un uomo e una donna), 2 infermieri (un uomo e una donna), un’ostetrica, un consulente nutrizionale e ha fornito servizi per 10 giorni a Islam Qala, e ha raggiunto 1.810 persone: 685 donne (≈%37,9), 675 bambini (≈%37,3) e 450 uomini (≈%24,9). I servizi hanno incluso visite generali, trattamento di malattie comuni (diarrea, infezioni respiratorie, colpo di calore, problemi della pelle, ipertensione), consulenza per le donne (igiene mestruale, pianificazione familiare, anemia), visite pediatriche e sensibilizzazione nutrizionale. 17 pazienti (≈%0,9) sono state indirizzate all’Ospedale Pubblico di Herat. I generi di supporto sono stati così distribuiti: • 298 donne hanno ricevuto kit igienici. • 356 donne e bambini hanno ricevuto abiti (prodotti dai corsi di sartoria). • 100 famiglie hanno ricevuto pacchi alimentari. Questo intervento non solo ha ridotto malattie e sofferenze, ma ha anche contribuito a ripristinare dignità e speranza per le famiglie in crisi. Le voci della sofferenza: alcune testimonianze Shabnam – Una madre sull’orlo della disperazione Shabnam, una madre di 25 anni, teneva in braccio il suo bambino febbricitante sotto il sole cocente. Ha detto: “Per due notti abbiamo dormito al confine. Niente medicine, niente dottori. Pensavo di perdere mio figlio.” Dopo aver ricevuto le cure, la febbre del bambino si è abbassata nel giro di poche ore. Con le lacrime agli occhi, Shabnam ha sussurrato: “Non dimenticherò mai che avete salvato la vita del mio bambino. Oggi, per la prima volta, sento di nuovo la speranza.” Freshta – Una donna che lotta per la vita Freshta, 30 anni, è entrata barcollando nella tenda, debole e pallida. Aveva avuto un aborto spontaneo e sanguinava copiosamente. Tremando ha detto: “Pensavo che nessuno mi avrebbe aiutato qui. In Iran mi è stata negata l’assistenza ospedaliera. Temevo di morire.” La nostra ostetrica le ha immediatamente prestato le cure d’urgenza, ha stabilizzato le sue condizioni e l’ha indirizzata all’ospedale. Tenendo la mano dell’ostetrica, Freshta ha gridato: “Mi hai salvato. Mi hai trattato come un essere umano, non come un peso.”  Milad – Un bambino che voleva tornare a giocare Milad, di dieci anni, è entrato con il braccio fasciato in modo rozzo. Suo padre ha spiegato: “È caduto da un camion mentre tornava. Si è rotto il braccio, ma non avevamo soldi per un medico. Ha pianto tutta la notte per il dolore.” La nostra équipe ha stabilizzato il braccio di Milad e lo ha indirizzato a ulteriori cure. Mentre se ne andava, Milad ha sorriso e ha chiesto: “Ora non fa più così male. Pensi che possa tornare a giocare a calcio?” Quel piccolo sorriso è stata la più grande ricompensa per la nostra squadra. Non dimentichiamoli Le condizioni dei rifugiati deportati rimangono disastrose. I rifugiati sono entrati in Afghanistan con paura e spirito distrutto. Molti hanno riferito che i loro familiari sono stati arrestati dai Talebani subito dopo l’arrivo e che i loro corpi sono stati successivamente restituiti privi di vita. Alcune famiglie non hanno informazioni sui loro cari. Un tragico incidente stradale ha causato inoltre quasi 100 vittime accrescendo ulteriormente dolore e shock. Famiglie rimaste senza casa, senza reddito, costrette a lasciare l’Iran con nient’altro che un singolo cambio di vestiti. L’associazione conclude: “In mezzo a queste enormi difficoltà, con il supporto dei nostri fedeli partner – Frontline Women, CISDA e i sostenitori giapponesi – siamo riusciti ad alleviare in parte la sofferenza di molte persone e famiglie. Questo è stato incoraggiante e significativo per il team di assistenza. Speriamo di mobilitare un maggiore supporto nel prossimo inverno e di garantire che queste famiglie non vengano dimenticate”. CISDA ringrazia tutti coloro che hanno inviato e vogliono inviare fondi per sostenere le attività delle Associazioni in favore della popolazione afghana. COORDINAMENTO ITALIANO SOSTEGNO DONNE AFGHANE ETS (C.I.S.D.A) BANCA POPOLARE ETICA – Filiale di Milano IBAN: IT74Y0501801600000011136660 CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane
Relazioni calde e amichevoli in Sicilia. Diario di bordo dalla Global Sumud Flotilla
Le diciassette barche della Global Sumud Flotilla delegazione italiana, effettuata la tappa di avvicinamento alla rotta verso il mare aperto, destinazione Gaza, sono in attesa delle ultime operazioni riguardanti i collegamenti satellitari di alcune barche ferme a Tunisi.  La maggior parte delle barche provenienti da Barcellona sono ancorate in una rada a sud di Cap Bon, in Tunisia. Nel frattempo questa tappa è utile per ulteriori piccole riparazioni e perfezionamenti, come quelle della barca sulla quale navigo, che ha dovuto sostituire o meglio riparare la vecchia membrana di un WC marino: una missione alquanto complicata perché qui a sud di Pachino la stagione è terminata e una volta arrivati a terra, con non poche difficoltà, con l’unico tender in quel momento disponibile, la strada per raggiungere il paese risulta come una lunga fetta di asfalto infinita costeggiata da alberghi e camping chiusi. Mi sono trovato dunque a dover chiedere aiuto prima con l’autostop per arrivare a circa 8 km di distanza e poi per la riparazione dal gommista specializzato in vulcanizzazione a caldo. Le prime persone a cui chiedere aiuto dopo 4 km a piedi sono una vecchina che sconsolata mi informa che la macchina sotto casa sua non la guida da anni e tre giovanissimi muratori  intimoriti non solo all’idea di lasciare il cantiere per portarmi a 5 minuti di macchina, ma addirittura al solo pensiero di dover chiedere al loro capo il permesso di allontanarsi. Percorro così un altro chilometro e mi fermo in una stazione di servizio. Dopo un po’ di conversazione chiedo alla proprietaria la sua opinione sulla situazione a Gaza, sull’assenza del governo, sulla gestione scellerata dei migranti in una terra in cui la lingua ufficiale sta quasi per diventare l’arabo e a quel punto lei si presta ad aiutarmi. Mi fa quindi portare dal suo collaboratore dal gommista, al quale vengo addirittura presentato come un amico! In Sicilia queste relazioni “calde” sono importanti anche per le piccole cose! La membrana del WC qui al sud per quel tipo di marca è praticamente introvabile e il lavoro che si appresta a fare il gommista con la vulcanizzazione a caldo è più simile all’arte che all’artigianato. L’operazione è quasi impossibile e disperata, ma viene comunque compiuta con la massima maestria; non poteva sfuggirmi l’occasione di intervistare l’artefice di questa impresa, grazie alla quale sei persone per una decina di giorni potranno contare su due bagni invece che uno solo. Il prezzo chiesto per l’intervento è del tutto simbolico. L’ammirazione e la riconoscenza verso la nostra missione inoltre sono le stesse della signora del bar, ma anche del signore che pur dovendo parlare di affari proprio col gommista sceglie di accompagnarmi seduta stante per gli 8 chilometri di ritorno alla rada, dove mi aspetta il tender. “Confesso di essere un uomo di destra – mi dice subito dopo aver capito chi sono – ma di quella destra illuminata che allo stato attuale, da alcuni anni, non riesce a trovare nessun tipo di rappresentanza in Parlamento”. Dai migranti fino alla posizione verso Israele insomma è in disaccordo totale con la destra di governo, un disaccordo accompagnato dalla consapevolezza di un’umanità perduta, di una serie di strumentalizzazioni politiche delle questioni sociali che non risparmiano né la sinistra né tantomeno la destra. Questa è l’umanità niente affatto residuale, ma sicuramente più che maggioritaria in Italia e forse in tutto il resto del mondo, che presto o tardi si farà sentire quando la situazione sarà insostenibile anche nel nostro Occidente sedicente “civilizzato.” Stefano Bertoldi