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“Terre promesse, terre rubate. Popoli senza pace”: arriva il XVII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli
Due settimane di cinema, incontri e riflessioni sugli scenari internazionali. Dalla Peace School Mario Paciolla alle giornate dedicate a saharawi, curdi e palestinesi, fino all’anteprima nazionale del film “Sniper Alley – To My Brother” per non dimenticare i conflitti balcanici. Terre che erano promesse e oggi sono rubate. Terre che portano con sé la memoria di popoli che vedono negata la loro identità, eppure resistono per mostrare che il futuro del pianeta è di chi saprà resistere all’annientamento e accettare l’altro, pur difendendo la propria memoria. È intorno a questa idea che prende forma il XVII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, in programma dall’11 al 21 novembre 2025, con una serata conclusiva speciale il 29 novembre a Piazza Forcella dedicata all’anteprima nazionale del film “Sniper Alley – To My Brother”, coprodotto dal Festival e firmato da Cristiana Lucia Grilli e Francesco Toscani, con cui saranno celebrati i 20 anni dell’Associazione Cinema e Diritti. Il tema scelto per l’edizione 2025, “Terre promesse, terre rubate. Popoli senza pace”, attraversa le grandi contraddizioni del presente e mette a confronto le storie di tre popoli perseguitati (saharawi, curdi e palestinesi) che “resistono ai loro oppressori e dimostrano di saper vivere in promiscuità e in condizioni anche estreme”. «I racconti dei popoli senza pace – spiega Maurizio Del Bufalo, coordinatore del Festival – illustrano la condizione dell’umanità di domani, in cui la condivisione degli spazi e delle risorse fondamentali, ovvero la convivenza pacifica tra i popoli, sarà sempre più urgente. La loro capacità di adattamento è la risorsa più preziosa con cui si preparano a un futuro in cui i nuovi equilibri sociopolitici metteranno alla prova tutto il genere umano. Per questo, la Peace School Mario Paciolla, anteprima della XVII edizione del nostro Festival, è un esempio concreto di come si possa educare alla pace i nostri giovani, formandoli all’ascolto di queste nuove esperienze e alla collaborazione tra le comunità del mondo, al rispetto dei diritti universali, preparandosi a un lavoro altamente professionale e orientandoli verso i centri di formazione più qualificati». Come ogni anno, il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, organizzato dall’Associazione Cinema e Diritti, propone una serie di eventi internazionali, dibattiti e anteprime che affiancano il concorso cinematografico. Partner primario, insieme alla Regione Campania e al Comune di Napoli è, da tre anni, l’Università L’Orientale di Napoli, antico e prestigioso ateneo di fama internazionale. Dal 11 al 21 novembre, lo Spazio Comunale Piazza Forcella, il Palazzo Corigliano sede dell’Università L’Orientale e il Cinema Vittoria accoglieranno testimoni, studiosi, giornalisti, attivisti e studenti in un percorso che attraversa i racconti del Cinema dei Diritti Umani e i luoghi simbolo dei conflitti contemporanei. Da diciassette anni il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli è un punto di riferimento per il cinema civile e per la promozione dei diritti umani nel Mezzogiorno. Promosso dall’Associazione Cinema e Diritti, con il contributo di Regione Campania, Film Commission Regione Campania, Comune di Napoli, Università L’Orientale, e il patrocinio della Confederazione Elvetica e dell’Ambasciata di Svizzera in Italia, il Festival aderisce alla Human Rights Film Network patrocinata da Amnesty International ed è sostenuto da Banca Etica, Un Ponte Per, FICC e Assopace Palestina. «Napoli è una città di frontiera – conclude Del Bufalo – e noi l’abbiamo eletta, sin dal 2005, Capitale dei Diritti Umani per la sua vocazione di città di mare e di scambi. Qui si incontrano popoli, lingue e storie che il nostro cinema riesce a descrivere bene. In un tempo in cui la guerra sembra essere la via d’uscita obbligata di ogni controversia, noi ribadiamo il valore della nostra Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, indicando la strada della Pace, dei Diritti e dell’Eguaglianza. Perché il nostro Cinema è da sempre la voce dei popoli oppressi in cerca di liberazione, popoli a cui offriamo la nostra solidarietà e di cui ammiriamo la tenace resistenza». Il programma completo Martedì 11 novembre è prevista la serata di apertura.  La cerimonia di apertura, in programma alle 18.00 nell’Aula delle Mura Greche di palazzo Corigliano, una delle sedi dell’Università L’Orientale, sarà dedicata al bilancio della Peace School Mario Paciolla, progetto formativo nato in seno al Festival e realizzato in collaborazione con numerose organizzazioni che si occupano di formare i futuri operatori di Pace. La prima edizione della Peace School, tenuta tra l’8 e l’11 ottobre scorsi a Napoli, ha coinvolto decine di giovani universitari in un percorso multidisciplinare sui temi della cooperazione, del disarmo e dei diritti umani. A seguire, la proiezione del trailer di animazione che introduce l’edizione del Festival di quest’anno e la presentazione ufficiale del programma 2025, con la partecipazione di rappresentanti istituzionali, delle associazioni promotrici e dei corsisti della Peace School. Ospite d’onore Ivan Grozny Compasso, reporter e documentarista che ha seguito diversi conflitti in varie regioni del mondo e componente della Global Sumud Flotilla che ha sfidato pochi mesi fa il blocco navale israeliano che circonda Gaza. Ivan è anche componente della Giuria Esperti del XVII Festival. Alle 20.30 cominceranno, nella stessa sala, le prime proiezioni del concorso cinematografico che si ripeteranno qui per tutte le sere del Festival, fino al 20 novembre.  Mercoledì 12 novembre alle 19.00, presso Palazzo Corigliano (Università L’Orientale), continueranno le proiezioni del concorso cinematografico. Giovedì 13 novembre è la giornata del Premio per la Pace. Alle 19.00, a Palazzo Corigliano, la serata sarà dedicata all’Assegnazione del Premio per la Pace, conferito dall’Ambasciata della Svizzera in Italia, che, per l’occasione, sarà rappresentata da una delegazione guidata dalla Vice Ambasciatrice Anna Russo Mattei. L’evento, oltre ad essere un’occasione per consolidare l’amicizia del Festival con uno dei Paesi simbolicamente più vicini ai diritti umani, offrirà anche un momento di riflessione sul ruolo della diplomazia culturale e del cinema nella difesa dei diritti umani. Venerdì 14 novembre sarà dedicato al Premio Human Rights Youth. La mattina (ore 9.30–12.30, Piazza Forcella) sarà dedicata alla proiezione dei film che concorrono all’assegnazione del Premio Human Rights Youth, che valorizza i lavori audiovisivi prodotti da studenti e giovani registi italiani e stranieri. La platea sarà composta da numerosi studenti napoletani provenienti da istituti superiori cittadini e da organizzazioni specializzate nell’accoglienza. Il premio rappresenta da anni uno spazio aperto alle esigenze delle scuole, delle associazioni di accoglienza di ragazzi stranieri e delle università del territorio e incoraggia le nuove generazioni a utilizzare il linguaggio del cinema come strumento di educazione civile. Alle 19.00, presso Palazzo Corigliano (Università L’Orientale), continueranno le proiezioni del concorso cinematografico. Sabato 15 novembre è la giornata “Cinema e Memoria”. Dalle 19.00 alle 23.00, le proiezioni del concorso a Palazzo Corigliano offriranno una panoramica sulle lotte per la giustizia ambientale e sociale: film provenienti da Asia, America Latina e Medio Oriente metteranno a confronto esperienze di resilienza e comunità in ricostruzione. Gli studenti tirocinanti de L’Orientale introdurranno i lavori, in dialogo con i registi presenti o collegati da remoto.  Lunedì 17 novembre è la Giornata dedicata al popolo saharawi. Alle 10.00, al Cinema Vittoria sito nel quartiere Arenella, si terrà l’incontro “Un popolo in esilio”, con Fatima Mahfud, rappresentante del Fronte Polisario in Italia, Mohammed Dihani, ex prigioniero politico, il fotografo Patrizio Esposito e il regista Mario Fusco Martone. Sarà proiettato il film Una storia Saharawi di Mario Martone, girato nel 1996 nei campi profughi del Tindouf. Nel pomeriggio (ore 18.00, Piazza Forcella), l’incontro “Saharawi, vedere l’occupazione” proporrà un confronto sulla situazione del Sahara Occidentale, ancora sotto controllo coloniale marocchino, con interventi di artisti e attivisti impegnati nei territori occupati.  Martedì 18 novembre è la prima delle due giornate dedicate al popolo curdo. La mattina (ore 10.00, Cinema Vittoria) è previsto il panel “Il popolo delle montagne”, con il regista Veysi Altay, l’attivista Alfonso Di Vito e il ricercatore Alessandro Tinti. Proiezione de “La memoria di Sur” di Azad Altay (TUR, 2025, 36 minuti). Alle 18.00, a Piazza Forcella, l’incontro “Il genocidio curdo” ripercorrerà gli esiti del processo aperto dal Tribunale Permanente dei Popoli che ha riconosciuto il genocidio culturale e politico subito dal popolo curdo. A guidare la serata, Gianni Tognoni, Segretario generale del Tribunale Permanente, accompagnato da Alfio Nicotra e Angelica Romano di Un Ponte Per, la giornalista Emanuela Irace e Yilmaz Orkan, coordinatore del Kurdistan National Congress in Italia. Proiezione di “La memoria di Sur” di Azad Altay (TUR, 2025, 36 min). Mercoledì 19 novembre si bissa con la seconda giornata dedicata al popolo curdo. Alle 10.00–12.30, a Palazzo Mediterraneo (sede de L’Orientale), la tavola rotonda “Oltre il conflitto: le sfide della pace curda” approfondirà, coordinata dalla prof.ssa Lea Nocera, il tema dell’autogoverno democratico nel Rojava e delle esperienze di confederalismo comunitario. Partecipano Gianni Tognoni, Ylmaz Orkan, Alfio Nicotra, il ricercatore Alessandro Tinti e Veysi Altay. Proiezione de “La memoria di Sur” di Azad Altay (TUR, 2025, 36 min). Nel pomeriggio, alle 18.00, “Rojava, il Confederalismo Democratico è qui”, incontro a Piazza Forcella. Sarà proiettato “Naharina – Resistenza comunitaria nel Kurdistan siriano” di F.D. Tona (51 minuti), seguito da un confronto con Zilan Diyar, attivista femminile curda, Tiziano Saccucci dell’Ufficio UIKI di Roma, Alessandro Tinti e Yilmaz Orkan sulla realtà curda del Rojava, dove il Confederalismo Democratico è orami una realtà. Giovedì 20 novembre è dedicato alla questione palestinese. L’appuntamento delle 18.00 a Piazza Forcella vedrà la partecipazione di Luisa Morgantini, Francesca Albanese (Relatrice ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi, in collegamento), Luigi de Magistris (già Sindaco di Napoli) e Luigi Daniele, giurista dell’(Università del Molise). L’incontro, dal titolo “La crisi dell’ordine mondiale e il futuro della Palestina”, offrirà una riflessione ampia sul nuovo assetto geopolitico del Medio Oriente e sulle conseguenze umanitarie delle guerre a Gaza e in Cisgiordania. Il monologo di Nino Racco, cantastorie calabrese, “Una Storia palestinese” chiuderà la serata proponendo una storia di amicizia israelo-palestinese tra due giovani. Venerdì 21 novembre c’è l’evento conclusivo. Alle 18.00, nello Spazio Comunale Piazza Forcella, si terrà la cerimonia di chiusura con la presentazione delle giurie, la proiezione dei trailer dei film vincitori e le interviste ai registi premiati. Seguirà la consegna dei riconoscimenti e delle menzioni speciali. La serata si concluderà alle 20.30 con il concerto “…nostro mare è il mondo intero” di Alessio Lega, cantautore che unisce poesia e impegno civile, accompagnato da Federico Marchi al basso e alle percussioni. Sabato 29 novembre serata speciale di chiusura. A Piazza Forcella, dalle 18.00 alle 21.00, sarà presentato in anteprima nazionale “Sniper Alley – To My Brother”, coprodotto dal Festival in occasione dei vent’anni dell’Associazione Cinema e Diritti. Il film, diretto da Cristiana Lucia Grilli e Francesco Toscani, racconta la storia di un ragazzo sopravvissuto al massacro dei bambini di Sarajevo e oggi fondatore di un museo della memoria. Interverranno gli autori, il protagonista e il fotografo Mario Boccia, che documentò la guerra nei Balcani. In apertura, una performance musicale di Max Fuschetto, autore della colonna sonora. Il concorso cinematografico Sono 38 i film in competizione, scelti tra oltre 320 candidature provenienti da più di 50 Paesi. Le proiezioni si terranno dall’11 al 20 novembre, ogni sera dalle 19.00 alle 23.00, presso la Sala delle Mura Greche dell’Università L’Orientale – Palazzo Corigliano, e saranno introdotte dagli studenti tirocinanti del corso di Mediazione Linguistica e Culturale. Le sezioni del concorso: * Human Rights Doc – lungometraggi documentari dedicati a diritti, migrazioni e conflitti; * Human Rights Short – cortometraggi che raccontano la resistenza civile nel mondo; * Human Rights Youth – opere di giovani autori e scuole; * Premio per la Pace dell’Ambasciata Svizzera in Italia; * Premio Mario Paciolla per la Pace, istituito in memoria del cooperante napoletano, assegnato all’opera che meglio rappresenta i valori della solidarietà internazionale. Calendario delle proiezioni Tutte le proiezioni si terranno a Palazzo Corigliano, sede dell’Università Orientale. 11 Novembre – ore 20:30 CARPENTER di Xelîl Sehragerd – Iran, 13’ REFUGIUM di Valerio Vittorio Garaffa – Italia, 20’ EKSI BIR di Ömer Ferhat Özmen – Turchia, 15’ 12 Novembre – ore 19:00 CODE RED di Minoo Taheri, Majid Azizi – Iran, 5’ MARTYRION, STORIA DI ISABELLE di Luca Ciriello, Teresa Antignani – Italia, Malta, 20’ HOME GAME di Lidija Zelovic – Olanda, 98’ 14 Novembre – ore 19:00 THE UNSEEN di Milou Rientjes, Niek Pennings – Olanda, 74’ HATCH di Alireza Kazemipour, Panta Mosleh – Canada, 10’ GAZA: A STOLEN CHILDHOOD di Moamen Ghonem – Qatar, 50’ 15 Novembre – ore 19:00 LOST SONGS OF SUNDARI di Sudarshan Sarjerao Sawant – India, 9’ MARIEM di Javier Corcuera – Spagna, 16’ FAREWELL PARIS di Mohammad Ebrahim Shahbazi – Iran, 19’ YALLA PARKOUR di Areeb Zuaiter – Palestina, Qatar, Arabia Saudita, Svezia, 89’ 17 Novembre – ore 19:00 ADAS FALASTEEN di Hamdi Khalil Elhusseini, Samar Taher Lulu – Palestina, 8’ ’48 | RESISTING THE BIG SETTLEMENT di 218 Film Team – Grecia, 77’ BEYOND THE SKIN di Alessandra Usai – Italia, 52’  18 Novembre – ore 19:00 TRACE OF EARTH di Gülben Eşberk, Mert Eşberk – Turchia, 15’ CHOICE di Marko Crnogorski – Macedonia, 17’ THE ANGEL OF BUENOS AIRES di Enrico Blatti – Italia, 100’ 19 Novembre – ore 19:00 NO WAY OUT di Shekh AL Mamun – Corea del Sud, 62’ SHOT THE VOICE OF FREEDOM di Zainab Entezar – Afghanistan, 70’ 20 Novembre – ore 19:00 WITH GRACE di Dina Mwende, Julia Dahr – Kenya, Norvegia, 30’ ELEA – LA RINASCITA di Luigi Marmo – Italia, 19’ THE FIRST FILM di Piyush Thakur – India, 20’ MY SEXTORTION DIARY di Patricia Franquesa – Spagna, 64’ Redazione Napoli
A Napoli quattro giornate dedicate alle professioni della Pace
La Peace School Mario Paciolla è dunque finita, dopo 4 giorni di continui incontri, dibattiti, discussioni, confronti tra i tirocinanti, i 46 corsisti e i tanti ospiti che sono intervenuti a offrirci le loro storie per questo meeting che non ha nulla di scontato. Adesso è tornata la calma, la calma della guerra che è alle porte di casa e ci circonda, dell’indifferenza dell’Europa e dell’ipocrisia dei governi asserviti alla Nato. Dicono che è tornata la Pace, ma ne abbiamo sentita molta di più noi, in quell’aula del Maschio Angioino di Napoli dove abbiamo vissuto 4 giorni con i reduci di Ucraina e Palestina o con chi si collegava con noi dalla Cisgiordania per dirci di continuare a parlare ai giovani, a promuovere le professioni della Pace perché la vergogna della guerra finisca per sempre. E’ stata una meravigliosa esperienza, qualcosa che non ci aspettavamo neppure noi che l’avevamo pensata e costruita. Mentre la preparavamo, sentivamo che questa Scuola di Pace era un modo per rispondere all’esigenza che ci attanagliava davanti alle immagini strazianti del genocidio di Gaza. Volevamo dare una risposta piccola ma concreta all’indifferenza dei grandi media, che da due anni ci fanno vedere le case che crollano sotto le bombe, la gente fatta a pezzi dai droni e dalle armi intelligenti, i bambini uccisi come bambole rotte tra le braccia di genitori disperati e attorno a tutto questo ci mostrano il diritto internazionale irriso e la pietà umana cancellata dalle parole e dai gesti. Per noi, che parliamo da sempre di Diritti Umani, questo spettacolo quotidiano è un’onta inaccettabile, ora che non c’è più neppure il vecchio Papa che ci rampognava con i suoi richiami; adesso anche la sede di Pietro emana un silenzio di chi sa già tutto e deve pensare ad altro. Insomma, a guardare la televisione, pare che la storia stia facendo il suo corso e dobbiamo rassegnarci alle regole del più forte. Noi invece, a Napoli, forti della sensibilità di un Ateneo antico e moderno al tempo stesso, l’Orientale, che ci ha seguito fin dalle prime intuizioni del nostro Festival, abbiamo deciso che qualcosa andava detta, ma non al governo, occupato a compiacere l’uomo più potente del mondo, piuttosto a chi domani avrà il compito di scegliere dove portare le sue gambe, dove e come vivere la propria vita. Ci sono milioni di giovani che con le loro scelte di vita e di lavoratori, di elettori, consumatori e cittadini coscienti, porteranno il mondo da qualche parte, speriamo oltre questo buio disumano che ha offuscato i nostri giorni, ed è a loro che abbiamo parlato con quanta voce abbiamo. Sappiamo perfettamente che nelle scuole di tutt’Italia, dalle Alpi al mare, è in corso già da alcuni anni una campagna di reclutamento di giovani, soprattutto provenienti da famiglie povere, a cui importanti aziende produttrici di armi e prodotti bellici stanno prospettando assunzioni a tempi brevi, con stipendi più che decenti, per rimpinguare le fila dell’impresa silenziosa che progetta e costruisce sistemi militari, per difendere, a quanto affermano costoro, la nostra Repubblica. E questo è vero fino ad un certo punto, perché le armi italiane sono vendute in tutte le guerre che insanguinano il mondo. Davanti a questa propaganda strisciante e ambigua, è tempo che anche chi difende la Pace e i Diritti prenda l’iniziativa e la parola, visto che nella scuola e nell’università questo messaggio stenta ad arrivare ai giovani, e dimostri che si può vivere (anche meglio) senza contribuire al mercato della guerra.  Anche a questo la Peace School ha voluto dare una risposta. Ai giovani che hanno aderito al nostro invito abbiamo voluto mostrare con un esempio, piccolo ma concreto, quanta luce ci sia ancora da portare sulla verità e lo abbiamo fatto raccogliendo una piccola squadra di volenterosi studenti universitari, 46 per la precisione, che sono venuti per 4 giorni di seguito a conoscere alcune realtà coraggiose di cui pochi parlano e di cui scuola e università non hanno mai tracciato un profilo. Noi, alla fine, lo abbiamo fatto e abbiamo portato una nutrita rappresentanza di questi “altri mondi possibili” a Napoli, per ascoltare come i loro attori protagonisti hanno vissuto le loro vite tra guerre, conflitti, odi e contrapposizioni esasperate, sentendosi semplici lavoratori, gente comune che ha appreso una professione o acquisito un titolo di studio e poi ha scelto una direzione precisa: quella della Pace. Un Festival cinematografico che ha fatto dell’azione il suo linguaggio preferito e un Ateneo che contiene da sempre germi di internazionalismo sociale, culturale e politico si sono messi insieme per dire qualcosa che non era mai stato detto prima, con parole semplici e immediate: che si può vivere di Pace, che la Pace può essere un lavoro. L’originalità di questa prima edizione della Peace School napoletana è il primo carattere da mettere in evidenza e non siamo noi a farcene vanto o a millantare un primato inesistente; sono stati gli operatori di Pace che abbiamo invitato a dircelo senza mezze misure: “Non abbiamo mai partecipato a una rassegna di esperienze come questa”. E i parametri con cui oggi proviamo a fare un bilancio, un resoconto di ciò che abbiamo vissuto, sono pochi e semplici e non partono dalle quantità dei consensi, che pure ci sono stati, ma dalle espressioni che gli stessi corsisti hanno usato per salutarci alla fine di questa prima esperienza. Le parole più usate da questi giovani sono state “speranza”, “scoperta”, “alternativa”, per dire che ai loro sensi si è rivelata una realtà possibile e non lontana, prima sconosciuta, che opera ogni giorno, animata da migliaia di persone normali, che produce solidarietà e progetti di Pace che danno frutti evidenti e misurabili, che diffonde una cultura nuova del fare e del pensare, che non ha nulla a che vedere con la forza, la guerra, le armi. Anzi, può essere la base di un nuovo Sistema di Sviluppo globale che non si misura con il reddito lordo, ma con la qualità della vita e dell’ambiente del pianeta che è la nostra casa e sarà la casa di chi verrà dopo di noi. Tutto questo si chiama Pace, perché si traduce in un’espressione semplice da pronunciare ma difficile da declinare: convivenza pacifica. E’ il progetto che ci avevano lasciato le generazioni che ci hanno preceduto e che abbiamo smarrito nel fumo delle guerre e delle ideologie, nel ritorno alla logica della forza e dei blocchi, è la nostra memoria che oggi i potenti del mondo deridono e calpestano. A Napoli per 4 giorni, alla Peace School Mario Paciolla, si è sentita solo la voce di chi ha scelto la Pace come bussola della propria esistenza, lavora per questo e vive di questo. Quindici organizzazioni, tra Atenei, Scuole di pace, Associazioni e Organizzazioni Non Governative, si sono succedute ai nostri microfoni per ribadire che queste parole non sono utopie e illusioni per un domani diverso, ma sono realtà operative già oggi, ipocritamente oscurate dall’ informazione e dalle stesse istituzioni che dovrebbero promuovere questi percorsi formativi, questi lavori nobili, e disseminarne i principi tra le giovani generazioni. A guidare la schiera dei nostri partner non poteva che essere l’ONU, l’organismo posto 80 anni fa a tutela della Pace mondiale, della Cooperazione, del Multilateralismo, dei Diritti Umani. Benché aggredito e spesso neutralizzato, l’ONU è ancora la massima espressione di questo equilibrio sognato e mai compiutamente raggiunto; è una istituzione unica che va riformata per curare la sua deriva etica, ma non cancellata. L’Ufficio UPeace di Roma, nato solo pochi mesi fa e collegato all’Università ONU del Costa Rica, ci ha accompagnato in questo primo esperimento che, per noi, nati in questa terra del sud, non poteva non essere dedicato ad un giovane cooperante che in questi valori ha forgiato la sua esistenza, Mario Paciolla, difendendoli fino al sacrificio finale. A lui va il nostro rispetto e la nostra ammirazione, è lui che abbiamo additato ai nostri giovani corsisti e, nel suo nome, abbiamo sentito anche il dovere di chiedere quella giustizia che non gli è stata concessa dal governo italiano, dalla sua magistratura e dalle stesse Nazioni Unite che sono complici silenti del suo omicidio.  Questa Scuola è l’ennesimo nostro contributo alla lotta dei familiari di Mario per ottenere giustizia e verità sulla sua fine. Per questo, non potevamo chiudere la nostra Scuola senza interrogare alcuni giornalisti e giuristi sul senso del rischio connesso a queste professioni e sulle garanzie che il diritto internazionale deve assicurare a chi mette la propria vita al servizio della Pace, accettando di operare in contesti di guerra o di conflitto. E l’applauso finale dei nostri giovani ci ha ripagato di tanta fatica, suggellando un legame che speriamo potrà continuare negli anni a venire. Sono state le ultime parole che abbiamo ascoltato dai genitori di Mario e da coloro, giuristi e giornalisti d’inchiesta, che seguono le indagini più complesse per giungere alla verità su queste storie, a consegnarci il testimone da lasciare alla prossima edizione che vorremmo ancora più intensa e frequentata, più ricca di contributi e racconti, come il nostro Festival, che l’ha ispirata con le storie dei popoli oppressi e degli attivisti perseguitati che vedono nel nostro impegno  uno spiraglio di luce verso un mondo più libero. Il nostro nuovo traguardo sarà costituire un nucleo di promotori che dovrà tentare di costruire il futuro della Peace School Mario Paciolla, per servire i giovani di domani, per non dimenticare Mario, la sua professione, i suoi sogni.   Maurizio Del Bufalo
La Peace School Mario Paciolla aprirà i battenti a Napoli il prossimo 8 ottobre
IL MONDO DELLA PACE SI RIUNISCE A NAPOLI PER RICORDARE MARIO PACIOLLA. L’8 OTTOBRE INIZIA LA PRIMA PEACE SCHOOL PER ORIENTARE I GIOVANI VERSO LE PROFESSIONI DELLA PACE. Il nostro XVI Festival (2024), col suo titolo “Costruiamo una cultura di pace” ci ha lasciato un’eredità molto pesante, un obbligo morale che non scompare con il sipario dell’ultima giornata di cinema. Avevamo promesso (a noi stessi, ma soprattutto alla famiglia e agli amici di Mario Paciolla) di dare un esempio di impegno concreto per ottenere finalmente un po’ di chiarezza per una delle vittime più dimenticate dalla giustizia italiana, un operatore di pace, caduto sul lavoro in Colombia, un caso ipocritamente archiviato come suicidio. E avevamo altresì annunciato di voler contribuire, con i nostri mezzi limitati, a spiegare che la Pace non si accontenta del silenzio delle armi, ma vive soprattutto nell’impegno quotidiano e incessante di chi ha scelto di farne una scelta di vita. Per questo, insieme con l’Università L’Orientale di Napoli, già straordinario partner del Festival del Cinema dei Diritti Umani, abbiamo voluto esprimere la nostra convinzione di dover generare una nuova “Cultura di Pace”, adeguata ai tempi che viviamo, immaginando un evento multiforme, complesso e pur semplice da fruire, in cui le giovani generazioni potessero incontrare alcuni dei principali attori della solidarietà internazionale, con cui dialogare, per capire cosa vuol dire fare della Pace il proprio lavoro e non solo l’impegno di un giorno. Così è nata la Peace School Mario Paciolla, che aprirà i battenti il prossimo 8 ottobre a Napoli e, per 4 giorni intensissimi, parlerà ai giovani universitari con la voce dei protagonisti per promuovere il lavoro di pace. Spiegare che “la pace è anche un lavoro” è stato il primo obiettivo che ci siamo dati, perché questa semplice affermazione non viene pronunciata né dai nostri insegnanti, nelle scuole o nelle università, ma neppure nei luoghi della fede, del tempo libero e della semplice quotidianità. Ne parlano solo gli “addetti ai lavori” nei circuiti riservati agli esperti e una parte preziosa della nostra storia, legata alle decisioni che seguirono la fine del secondo conflitto mondiale, resta ignota ai più. Settori operativi come la Cooperazione Internazionale e le Organizzazioni non Governative, ma soprattutto i progetti delle Agenzie dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, appaiono come spazi estranei al mercato del lavoro e nell’immaginario collettivo sono assimilati a luoghi accessibili a soli privilegiati, mentre il fabbisogno di nuove figure professionali (gli operatori di pace, appunto), rimane spesso insoddisfatto e straordinarie occasioni di crescita professionale restano ignote ai più. Gli eventi drammatici degli ultimi anni, a partire dalla pandemia fino alle guerre e al deflagrare del neocolonialismo genocida in Medio Oriente, hanno mostrato che l’idea che abbiamo dello sviluppo e del benessere è sempre più legata alla competizione più esasperata e all’approvvigionamento di materie prime ed energia a spese dei Paesi più deboli. A questa spietata aggressività si collegano ideologie violente ed esclusive, talvolta mascherate da teorie messianiche, che sembravano sepolte con il secolo breve. Il ritorno della forza come metodo per dirimere le controversie internazionali è ormai un esito costante e obbligato. La stessa Costituzione Italiana sembra finita in soffitta, messa da parte dall’incedere di un’insistente indifferenza delle nostre istituzioni e dei loro rappresentanti verso le continue violazioni dei diritti fondamentali. E’ tempo di proporre lo sviluppo umano come orizzonte del nuovo mondo, ma di questi concetti pochi sanno parlare e la pace e l’ambiente sono vittime dei programmi di sviluppo economici e industriali che stanno distruggendo il pianeta e la specie umana. Un muro di silenzio circonda il pensiero critico, confinato in poche università messe all’indice, rigorosamente esiliato dal suprematismo, espulso dai grandi circuiti mediatici e informativi, confuso nelle pagine dei social, criminalizzato da parole d’ordine manipolate e da fake news potenziate dall’uso indiscriminato dell’Intelligenza artificiale. L’obiettivo che si intravede dietro questo caos è quello di cancellare la speranza di vivere in pace che ogni essere umano porta naturalmente con sé e dare la sensazione che non c’è altro futuro che il riarmo e la guerra. Soltanto l’impegno della società civile può cambiare il corso degli eventi. Noi, come Festival, abbiamo deciso di fare la nostra parte, facendo leva sul cinema-azione di cui siamo promotori da anni, il cinema che racconta storie di resistenze umane e ci spinge a riflettere e ad agire. Per questo abbiamo costruito, con l’aiuto dell’Università Orientale, un’opportunità concreta per allargare l’orizzonte dei nostri giovani, raccontando finalmente un mondo “minore”, animato da protagonisti spesso eroicamente isolati: medici e avvocati senza frontiere, giornalisti armati di tastiere e macchine fotografiche, agenti umanitari del diritto internazionale, equipaggi di navi umanitarie che allungano le braccia nel mare in tempesta per salvare naufraghi, uomini e donne che non temono la violenza della repressione, della persecuzione e del potere, pur di dare voce a milioni di disperati. Così è nata la Peace School Mario Paciolla, una vetrina di pensiero alternativo, di scuole di vita diverse, con la speranza che non resti un caso isolato, ma diventi un appuntamento periodico che confermi la vocazione di Napoli ad essere Capitale dei Diritti Umani, città di Pace e di Resistenza, avamposto del mondo che cambia. Vorremmo che in pochi giorni questa piccola scuola offrisse lo spazio ad alcuni dei più importanti costruttori di pace che indicheranno le strade che portano a questi mestieri, che non hanno un albo professionale, ma possono offrire a tanti giovani una vita più consapevole e giusta, più dignitosa. Considerato che nessuno, né a scuola né altrove, ci racconta come e perché sono nate le Nazioni Unite, cos’è la pace e come si persegue, cosa sono la Cooperazione Internazionale e il Diritto Umanitario e come si diventa operatori di pace, per un giorno o per tutta la vita, proveremo a farlo noi per dimostrare che la pace conviene, perché non arricchisce i produttori di armi, ma offre una vita dignitosa a tutti. Ecco, è questo quello che abbiamo scelto di dire ai più giovani che vorranno iscriversi alla Peace School Mario Paciolla, perché è tempo che crolli la cortina di silenzio che avvolge queste professioni e finisca l’indifferenza, la rinuncia a lottare. La pace è anche una professione, va detto, ripetuto e ribadito nei fatti e la Peace School vuole farlo con chiarezza, senza avere la pretesa di dare attestati o nuovi titoli, ma solo una informazione chiara e trasparente sulle opportunità già disponibili. La pace era la professione di Mario Paciolla, che ha dato la sua vita per contribuire a fermare la guerra ed è pure la missione di Francesca Albanese, rapporteur dell’ONU, straordinaria testimone che difende col suo coraggio e la sua lucida competenza il concetto di Diritto Universale. E questo dobbiamo ricordarlo a tutti, soprattutto alle istituzioni italiane. Infine, sappiamo che la Peace School ha bisogno di tante adesioni, di volenterosi agenti di Pace che siano disposti a raccontare la propria vita e le proprie esperienze superando la coltre di silenzio che nasconde il loro lavoro, un lavoro il cui successo non si misura con il danaro, con i “passaggi” televisivi o con i posti di comando acquisiti. Non sarà facile spiegare tutto questo in pochi giorni di full immersion, ma dobbiamo provarci perché è il momento di farlo. Non c’è tempo da perdere. La pace non può aspettare, ce lo ha insegnato Mario. La Peace School Mario Paciolla è un corso breve che inizierà a Napoli l’8 ottobre 2025  e terminerà l’11 ottobre, ospitato dall’Istituto di Storia Patria nell’aula “G. Galasso” del Castelnuovo (Maschio Angioino), in piazza Municipio. L’organizzazione è curata dall’Università di Napoli L’Orientale e dal Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli. Partner primario è l’Università della Pace delle Nazioni Unite. Sarà una vetrina di esperienze legate alle professioni di pace e orienterà 30 giovani universitari, selezionati attraverso un bando di evidenza pubblica, verso i corsi, i master, i seminari e altre forme di sensibilizzazione e qualificazione che i partner presenti offriranno nelle loro presentazioni. L’auspicio è che la Peace School possa diventare un appuntamento annuale per tutti gli operatori della solidarietà, per offrire un’immagine esemplare di Napoli e rendere omaggio al lavoro di chi dedica, ogni giorno, la propria vita alla pace. Alle 4 giornate della prima edizione di corso hanno assicurato la loro presenza le l’Ambasciata di Svizzera, le Università di San Josè del Costa Rica (ONU), Uppsala (Svezia), Basilea (Svizzera), Padova e Federico II di Napoli, l’Associazione Assopace Palestina e il Comitato Verità e Giustizia per Mario Paciolla, le ONG Un Ponte per, Emergency, Operazione Colomba, l’Istituto Sereno Regis, le navi umanitarie SOS Mediterranee e ResQ People, le Scuole di Pace di Napoli, Monteleone e Monte Sole. Un grazie particolare al Comune di Napoli, alla Regione Campania, all’Istituto di Storia Patria di Napoli, alla Banca Etica e a tutti coloro che sosterranno questa impresa.  Nei prossimi giorni pubblicheremo il calendario delle attività e le regole per iscriversi alla Peace School. Redazione Napoli