STOP genocide in Gaza! Il sindacalismo conflittuale con i lavoratori del porto di Genova
> SIAL COBAS
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> COSTRUIAMO OVUNQUE INIZIATIVE DI DISOBBEDIENZA CIVILE A SOSTEGNO DELLA
> PALESTINA E DELLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA! 22 SETTEMBRE GIORNATE DI
> MOBILITAZIONE E LOTTA!
In un clima di guerra globale, con focolai di conflitto sull’orlo di nuovi e
pericolosi allargamenti – dal Medio Oriente all’Asia, dall’Ucraina al Sahel fino
all’America Latina – l’Europa guidata da Von der Leyen ricorre alla propaganda
militarista, all’invocazione di un’economia di guerra e di un nuovo ordine
mondiale, trasformando queste narrative in strumenti per giustificare spese
militari senza precedenti e misure straordinarie che rischiano di trascinarci in
un conflitto su scala planetaria.
Tutto ciò accade mentre nelle ultime ore, l’escalation militare sulla frontiera
orientale dell’Europa si intensifica e la Polonia annuncia il dispiegamento di
circa 40 mila soldati al confine.
In questo scenario, una flotta di circa cinquanta imbarcazioni, con un
equipaggio formato da attivisti, parlamentari e giornalisti provenienti da 44
paesi diversi, si dirige verso le coste di Gaza. Lo scopo è consegnare migliaia
di tonnellate di aiuti umanitari, ma ancor più importante, è rompere il
criminale assedio militare in cui viene costretta la popolazione palestinese.
La Global Sumud Flotilla rappresenta ad oggi la più grande missione civile
internazionale mai organizzata per rompere per portare soccorso a una
popolazione civile stremata da due anni di massacri, bombardamenti e dall’uso
della carestia come armi di guerra.
Tutto questo avviene nella totale complicità dei governi occidentali, incluso
quello italiano. Ci si limita a dichiarazioni di indignazione di facciata. Si
riconosce tutt’al più che Israele abbia superato ogni limite, ma nessun governo
ha finora adottato misure concrete per isolarlo: non sono stati realmente
toccati gli interessi economici israeliani, bloccati i rifornimenti di armi né
sospese le relazioni diplomatiche con un governo che sta perpetrando, oramai
senza dubbi, un genocidio, come riconosciuto dalla Corte Internazionale di
Giustizia e, ormai, dalla maggioranza dell’opinione pubblica mondiale.
I provvedimenti annunciati dalla Commissione Europea contro Israele non hanno
nessuna possibilità di contribuire a fermare il massacro: arrivano tardi di
fronte a violazioni sistematiche del diritto internazionale e, per di più, sono
del tutto insufficienti e inadeguati a lenire seppur relativamente le sofferenze
impresse a questo popolo. Il governo Netanyahu ha già annunciato che non si
limiterà solo a fermare le imbarcazioni impedendo la consegna degli aiuti,
arresterà tutti i membri dell’equipaggio trasferendoli nelle carceri israeliane,
senza che abbiano commesso alcun reato. Intanto, come dimostrano i gravissimi
attacchi del 9 e del 10 settembre, due navi della Flotilla sono state colpite da
droni nelle acque tunisine allo scopo di spaventare e fermare la missione
umanitaria.
Tutto ciò accade mentre prosegue il progetto di espulsione della popolazione da
Gaza e si intensifica l’occupazione coloniale in Cisgiordania con l’approvazione
di un piano esplicitamente f inalizzato a un’ulteriore espansione delle colonie,
operazione anche questa dichiarata illegittima dall’ONU.
> DI FRONTE ALLA TOTALE ASSENZA DI EFFICACI INIZIATIVE SANZIONATORIE DA PARTE
> DEI GOVERNI EUROPEI NEI CONFRONTI DI ISRAELE È EVIDENTE CHE LA MOBILITAZIONE
> DEVE PROSEGUIRE DAL BASSO
In questi giorni, in Italia stiamo assistendo a imponenti manifestazioni di
sostegno alle partenze della Global Sumud Flotilla. Le iniziative solidali si
moltiplicano in tutto il Paese, segno di una crescente e determinata
partecipazione che chiede di fermare immediatamente il massacro in corso e di
contrastare il progetto coloniale. La Global Sumud Flotilla con il suo
equipaggio di mare e le migliaia di solidali che compongono l’“equipaggio di
terra” è oramai evidentemente uno straordinario segnale di capacità
internazionale dei movimenti sociali di opporsi alla corsa al riarmo e di
rilanciare politiche di pace.
Per fare pressione sui governi europei e garantire che la missione della
Flotilla raggiunga il suo obiettivo è necessario attivare subito ogni forma di
azione diretta. Sappiamo che la guerra in Medio Oriente è solo un tassello di un
conflitto più ampio, per giunta sempre sull’orlo di un ulteriore allargamento.
Accanto ai diversi teatri militari, la guerra è oramai entrata pienamente anche
nella nostra quotidianità.
Le politiche di riarmo, il riorientamento di capitoli della spesa pubblica e del
welfare a favore della difesa, la ristrutturazione di interi comparti
produttivi, la derubricazione di politiche concrete ed efficaci a sostegno
dell’aumento dei salari e contro l’aumento della povertà, sono solo una parte
degli effetti di un regime di guerra che concretamente si sta imponendo nelle
nostre vite, anche attraverso nuove forme di restrizione delle libertà, dei
diritti e delle tutele.
Per questo accogliamo la proposta dei lavoratori del porto di Genova di
convergere nella giornata di sciopero del 22 settembre, in modalità diverse nei
territori, con picchetti, blocchi e occupazioni capaci di intrecciarsi con i
movimenti sociali che si mobiliteranno, mettendo in campo al tempo stesso
iniziative di disobbedienza civile in tutto il Paese qualora la flottiglia venga
bloccata nei prossimi giorni.
Nello spirito di costruire scioperi reali, capaci di superare realmente la
frammentazione sindacale, la giornata del 22 settembre segna per noi l’avvio di
un processo da estendere il più possibile tra lavoratori e lavoratrici,
rafforzando le convergenze e alimentando la mobilitazione dal basso, con
l’obiettivo di costruire una risposta collettiva ampia e generalizzata contro il
Genocidio a Gaza e l’economia di guerra.
Redazione Italia