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HOPE – La rinascita attraverso il dolore: quando il corpo diventa linguaggio
Il nuovo lavoro di Matteo Anatrella usa il corpo nudo come linguaggio essenziale, vulnerabile e potentissimo. La bellezza salverà il mondo? La domanda resta aperta, ma una cosa è certa: l’arte continua a mostrarci ciò che spesso non vogliamo vedere. È un linguaggio che non consola, ma rivela; che non nasconde, ma espone l’essenziale. E quando sceglie il corpo come strumento, lo fa nella sua forma più sincera, priva del superfluo. In questa nudità, vulnerabile e potentissima, nasce HOPE , il nuovo lavoro di Matteo Anatrella. Nel video HOPE , la figura femminile emerge dal simulacro della sofferenza per ritrovare sé stessa. Un percorso visivo e simbolico che trasforma il corpo in linguaggio universale di libertà. HOPE è un’opera intensa e viscerale del videoartista napoletano Matteo Anatrella, realizzata nell’ambito di Anema Project, una ricerca visiva che esplora i confini tra arte, corpo e spirito. Il video si apre con un’immagine quasi claustrofobica: una figura femminile, velata di bianco, chiusa in un involucro che ricorda un sudario insanguinato. È il simbolo di una prigionia interiore, della paura e del dolore che immobilizzano l’essere umano. Poco a poco, il corpo inizia a muoversi e a liberarsi. La pelle si ripulisce lentamente dal sangue, metafora di ferita ma anche di vita che pulsa, di rinascita che passa attraverso il dolore. Il movimento della modella, Giada Onofrio, è allo stesso tempo contorto e liberatorio: ogni gesto diventa un atto di resistenza e un grido di speranza. Nella sequenza finale, la figura alza le mani verso l’alto, i palmi aperti verso chi guarda. È un gesto che contiene insieme resa e rivelazione, vulnerabilità e potenza. L’essere umano, spogliato di ogni maschera, torna a respirare e ad affermare la propria esistenza. La forza dell’opera sta nel suo linguaggio visivo puro, privo di parole ma capace di evocare con immediatezza la condizione umana: la sofferenza, la trasformazione, la speranza. Il lavoro si inserisce nel percorso di Anema Project, che unisce arte visiva, performance e ricerca spirituale in una visione condivisa da Annarita Mattei, con la collaborazione di Aldo Romana come primo assistente, Giuseppe Maturo come fotografo di backstage e Luca Anatrella per l’editing. HOPE si lega idealmente a un altro progetto di Matteo Anatrella: In Memoriam – Manifesto Visivo , presentato ai Magazzini Fotografici di Napoli nel maggio 2025. In quell’occasione l’artista, insieme al team di Anema Project, trasformò lo spazio espositivo in un luogo di commemorazione e denuncia, invitando decine di donne a offrire il proprio corpo e il proprio volto contro il femminicidio. Il corpo vivo, guidato a terra e chiuso in un sacco scuro, diventava simbolo di assenza e resistenza. Un atto corale, politico e poetico, capace di rendere visibile il lutto e la memoria attraverso la partecipazione diretta. Con HOPE , questa ricerca prosegue in una dimensione più intima e individuale, ma non meno universale. Se In Memoriam rappresentava il lutto collettivo, HOPE incarna la rinascita. L’interesse di Anatrella per i temi sociali non si limita alla violenza di genere. La sua visione artistica, richiamata anche in contesti di cittadinanza attiva e di autodeterminazione femminile, unisce interiorità e collettività, spiritualità e responsabilità. Le sue opere ci ricordano che la libertà passa attraverso la consapevolezza e che ogni gesto artistico può essere un atto di liberazione. In chiusura dell’articolo sarà possibile trovare il link al video HOPE e alcune immagini tratte dal backstage. La visione diretta è essenziale: nessuna descrizione può sostituire la forza del corpo che prende forma nell’immagine, il gesto che si compie, la trasformazione che accade sotto lo sguardo. Crediti Videoartista: Matteo Anatrella Produttore: Annarita Mattei Modella: Giada Onofrio Primo assistente: Aldo Romana Fotografo di backstage: Giuseppe Maturo Montaggio: Luca Anatrella Progetto: Anema Project DAL SET DI HOPE: ALCUNI MOMENTI DIETRO LE QUINTE” Il video https://www.instagram.com/reel/DQKLF3dCZG4/?igsh=eXF4bzZzODkxc245 Articolo “In Memoriam: la fotografia contro il femminicidio” > In Memoriam: la fotografia contro il femminicidio Lucia Montanaro
Sostenere il futuro – Sostenibilità digitale: una sfida tra ombre e possibilità
La rassegna di opere artistiche sia analogiche che digitali e di performance delinea un percorso euristico esplorativo delle senzazioni percepite nelle dimensioni materiali e immateriali, ovvero fisiche e concettuali, concrete e astratte, reali e artificiali nell’avvenersitico ‘mondo virtuale’, cioè iper-tecnologizzato, del futuro. Inclusa nel programma della IX edizione del Festival delle Trasformazioni, il cui tema è “Una società equa e sostenibile: trasformazioni in corso”, è allestita nelle sale della Seconda Scuderia edificata nel 1473 a un lato del Castello di Vigevano, un complesso monumentale al cui ingresso principale preceduto dalla scenografica scalinata in pietra affacciata sulla meravigliosa piazza Ducale vigevanese, un gioiello di architettura urbana rinascimentale, svetta la Torre del Bramante. Il contrasto con l’ambientazione mette in risalto il nesso tra gli aspetti estici ed estetici della mostra collettiva ideata e realizzata da due associazioni lombarde, la vigevanese Evuz Art e la milanese NOIBRERA, che recentemente insieme al Presidio per la Pace di Sesto San Giovanni ha presentato la mostra Le linee continue della pace. Della rassegna che, su invito di Rete Cultura Vigevano, le due associazioni – entrambe dedite a “sostenere la creatività come esperienza accessibile, comunitaria e profondamente connessa con il presente” – spiegano: > Con questo progetto si vuole offrire uno spazio di riflessione condivisa sul > rapporto tra sostenibilità e digitalizzazione, affrontando il tema non > soltanto dal punto di vista ambientale o tecnico, ma piuttosto come questione > culturale, sociale e profondamente umana. > La mostra nasce dalla necessità di non guardare più il digitale solo come > innovazione, ma come ambiente in cui siamo immersi ogni giorno – un ambiente > che modifica profondamente il modo in cui viviamo, pensiamo, ricordiamo e > percepiamo. In questo senso, parlare di sostenibilità digitale significa > affrontare non solo un problema tecnico o ambientale, ma anche una questione > culturale, etica e umana.Viviamo in un’epoca in cui il digitale appare > immateriale, rapido, trasparente. Scorriamo immagini, archiviamo dati, ci > connettiamo senza sosta. Eppure ogni gesto digitale consuma energia, produce > scarti invisibili, lascia tracce fisiche. Le infrastrutture che lo rendono > possibile – cavi, server, miniere di terre rare – restano nascoste, così come > restano spesso invisibili le trasformazioni profonde che queste tecnologie > operano nei nostri comportamenti, nelle relazioni, nell’identità.In questo > contesto, gli artisti coinvolti non usano necessariamente strumenti digitali, > ma si confrontano con le sue conseguenze simboliche e percettive. Attraverso > pittura, disegno, scultura, fotografia, tecnica mista, linguaggi digitali o > performance ci invitano a riflettere su ciò che si sta smaterializzando: il > corpo, la memoria, la profondità dell’esperienza. SOSTENERE IL FUTURO – SOSTENIBILITÀ DIGITALE: UNA SFIDA TRA OMBRE E POSSIBILITÀ La rassegna presenta in esposizione opere di : Alessandro Abruscato, Massimo Bandi, Maurizio Bondesan, Emma Bozzella, Giò Cacciatore, Giuliana Consilvio, Renzo Dell’Ungaro, Aleksandra Erdeljan, Marina Falco, Annamaria Gagliardi, Renato Galbusera, Silvana Giannelli, Antonio Giarrusso, Giuse Iannello, Lorenzo Lucatelli, Giò Marchesi, Giuseppe Matrascia, Veronica Menchise, Nik Palermo, Nadia Pelà, Günter Pusch, Marco Raimondo, Pierangelo Russo, Alex Sala, Fabio Sironi, Rossella Taffa e Laura Trazzi. All’inaugurazione sono state proposte le performance : “Non sono ancora diventato migliore” di Alex Sala e “Teatro Fracking” con Fabio Sironi e Gianni Mimmo. Presto verrà comunicato il programma del finissage. INFORMAZIONI : RETE CULTURA VIGEVANO – c/o APC corso Cavour, 82 – Vigevano, PV 27029 NOIBRERA – info@noibrera.it   in esposizione nella Seconda Scuderia del Castello / Vigevano, PV – piazza Ducale nelle giornate di sabato e domenica, dalle 11 alle 18, fino al 16 novembre 2025 CODICE 404 – Un’opera che mette in dialogo primordiale e digitale, fallimento e ricerca, presenza e assenza. Le figure stilizzate richiamano i graffiti rupestri: tracce essenziali dell’umano. Al centro domina un grande QR code, simbolo della nostra connessione continua a un altrove tecnologico. Ma cosa accade quando il collegamento si interrompe? Il titolo CODICE 404 cita l’errore di rete che indica una risorsa non trovata: come quando l’informazione scompare, come quando l’identità si frantuma nell’iper-connessione. Il video collegato – 59 secondi tra bianco e nero, rosso e suono pulsante – estende l’opera oltre la tela, in uno spazio digitale ulteriormente effimero. È un cerchio che non si chiude: cercare, fallire, riprovare. Restare umani. Un invito a riflettere sui limiti del progresso e su ciò che rimane di profondamente umano nel caos tecnologico. L’autore, Renzo Dell’Ungaro è art director e grafico con una lunga esperienza nella progettazione editoriale. Ha ideato e realizzato riviste di grande diffusione e prestigio, curando identità visive, impaginazione e comunicazione integrata. Parallelamente porta avanti una ricerca artistica che esplora il rapporto tra essere umano e linguaggi digitali, mettendo in dialogo segni primordiali e codici contemporanei. Oggi il suo lavoro unisce professionalità tecnica e visione creativa, dando forma a progetti che interrogano passato e futuro dell’immagine. Maddalena Brunasti
Arte e pace nelle Madonne di Rosita
A Mirabella Eclano l’inaugurazione della mostra di Rosita Caiazzo: un percorso che restituisce voce e luce al femminile come potere di trasformazione e accoglienza. Mirabella Eclano, 13 settembre 2025 – Al Museo di Arte Sacra si è tenuta l’inaugurazione della mostra Le Madonne di Rosita , opere di Rosita Caiazzo che reinterpretano le icone mariane popolari, rivestendole di gioielli, strass, perle e fili luminosi. La sala ha accolto un pubblico numeroso e la presenza del sindaco Giancarlo Ruggiero, segno del valore riconosciuto dalla comunità a un evento capace di intrecciare tradizione e contemporaneità. Durante la presentazione qualcuno ha chiesto: «C’è la Madonna del sorriso, quella della luce, dell’amicizia… ma dov’è la Madonna della pace?». Rosita ha sorriso e ha risposto: «Sono tutte di Pace». Queste parole racchiudono il cuore della mostra. La pace non è assenza di conflitto, ma la sua trasformazione: differenze e tensioni che convivono senza distruggersi. Le Madonne di Rosita ci dicono che possiamo essere adornati e profondi, fragili e luminosi, senza che una dimensione annienti l’altra. Il 20 settembre Mirabella Eclano vivrà un altro momento collettivo: la Tirata del Carro , rito antico che unisce sacro e profano, fede e festa. Come le Madonne di Rosita, anche il Carro ricorda che la pace non è un concetto astratto ma un’esperienza di comunità: la libertà di espressione che diventa coralità. È la partecipazione condivisa a rendere vive le tradizioni, trasformandole in patrimonio comune. Là dove la guerra distrugge il sacro e l’arte, questi gesti comunitari – una mostra, una festa, un carro che si solleva – mostrano che la pace abita qui: nella capacità di un popolo di esprimersi insieme, custodire memoria e futuro, trasformare il conflitto in appartenenza. E forse questo è anche il tempo in cui le donne vanno riscoperte come Madonne: non immagini lontane e intoccabili, ma vivi del femminino come potere curante dell’umanità. In loro si rivela una forza che non divide ma unisce, che non domina ma accoglie, che non giudica ma trasforma. Ritrovare questo femminino significa aprire strade nuove di cura e di pace, là dove l’umanità può ritrovare la propria possibilità di salvezza. Rosita Caiazzo, nata a Napoli e residente a Sorrento, è artista visiva formatasi all’Accademia di Belle Arti di Napoli. La sua ricerca intreccia pittura, scultura e installazioni, con una particolare attenzione al linguaggio popolare e religioso. Con Le Madonne di Rosita restituiscono voce e luce a immagini devozionali familiari, trasformandole in simboli di bellezza, appartenenza e cura collettiva. Stefania De Giovanni