Pacifisti protestano davanti alla Leonardo di Ronchi dei Legionari
Ieri 13 settembre si è tenuto un corteo di protesta con partenza dalla Leonardo
di Ronchi dei Legionari, promosso dall’Assemblea No Leonardo, contro l’industria
delle armi e dalla parte del popolo palestinese. Lo stabilimento di Ronchi
produce droni militari venduti a diversi paesi, alcuni si trovano attualmente
anche in stato di guerra. Al corteo hanno partecipato circa 500 persone.
Di seguito il testo dell’ “Assemblea No Leonardo”:
A Ronchi dei Legionari sotto la bandiera dello Stato italiano vengono progettati
e prodotti strumenti di morte, venduti all’estero senza alcuno scrupolo.
Acclamato come eccellenza locale, lo stabilimento di Leonardo S.p.A. di Ronchi è
specializzato in veicoli privi di pilota. Spesso spacciati alla stampa come
dispositivi dalle mille possibilità di utilizzo, di fatto lo scopo di questi
droni è quello di uccidere.
Con l’obiettivo di incrementare la produzione di queste armi, nel marzo 2025 è
stata avviata una joint venture tra Leonardo e Baykar, azienda turca e fiore
all’occhiello di Erdogan, che rifornisce principalmente Qatar, Emirati ed
esercito ucraino. Fra gli stabilimenti coinvolti in questo accordo c’è anche
quello di Ronchi.
Tra i vari prodotti di Leonardo troviamo sistemi di puntamento per caccia,
venduti all’entità sionista e genocida, utilizzati da ormai quasi 2 anni per
bombardare indiscriminatamente il popolo palestinese a Gaza e aggredire i popoli
circostanti che si oppongono alla prepotenza coloniale e sanguinaria di Israele.
Lo Stato italiano difende gli interessi di chi sta portando avanti il genocidio
dei palestinesi.
Il capitalismo crea crisi di cui si nutre, gli investimenti bellici sono fra i
più redditizi a livello globale. Più di 60 aziende tra Pordenone, Gorizia e
Trieste si sono dichiarate pronte ad una conversione ad industria per la
produzione bellica.
Contro l’orrore di Gaza e l’oppressione che si diffonde ovunque, resistiamo come
i palestinesi, organizziamoci, mobilitiamoci anche qui, fermiamo questa
fabbrica, non restiamo complici!
Redazione Friuli Venezia Giulia