PALESTINA: IL GENOCIDIO A GAZA CONTINUA TRA BOMBE, DEPORTAZIONI E SILENZIO INTERNAZIONALE. IN CISGIORDANIA ACCELERA L’OCCUPAZIONE TOTALE
Continua il genocidio in Palestina: cinque divisioni dell’esercito israeliano,
decine di migliaia di soldati in totale, sono pronte a partecipare alla prossima
offensiva contro Gaza City. Lo ha annunciato lo Stato maggiore israeliano,
confermando il ritiro della 36ª divisione da Khan Younis, nel sud della
Striscia, “rilocata” in vista dell’attacco considerato imminente.
Nel frattempo, il bilancio delle vittime palestinesi continua a crescere: almeno
59 i morti nelle ultime 24 ore, di cui 38 solo a Gaza City. L’aviazione
israeliana ha colpito il campo profughi di Al-Shati, la zona costiera, Beit
Lahia e Deir el-Balah. La città resta l’epicentro della crisi: distrutti una
torre, dieci abitazioni e decine di tende che ospitavano sfollati. Tra le
macerie sono stati recuperati tre corpi, due dei quali di bambini.
Nella notte, il cielo sopra Gaza City si è illuminato a giorno a causa delle
granate incendiarie, seminando il panico tra una popolazione già stremata.
L’ordine di evacuazione imposto da Israele riguarda oltre un milione di persone:
circa 200mila avrebbero già lasciato la città dirigendosi verso sud.
Ai microfoni di Radio Onda d’Urto la testimonianza, dalla Striscia di Gaza, di
Sami Abu Omar, cooperante di tante realtà solidali italiane, in particolare del
Centro “Vik – Vittorio Arrigoni” e di ACS, oltre che nostro collaboratore.
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Sulla deportazione di massa: l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha
annunciato che continuerà a mantenere la propria presenza a Gaza City. Il
direttore generale Tedros Ghebreyesus ha ribadito che le minacce israeliane non
colpiscono solo i civili palestinesi, ma chiunque si trovi all’interno della
principale area urbana della Striscia.
Parallelamente, l’aggressione israeliana si intensifica anche nella Cisgiordania
Occupata, accellerando il piano di occupazione totale. Solo nelle ultime ore: 4
arresti attorno a Jenin, compreso Abdul Abu Ali, sindaco della cittadina di
Silat al-Dhahr, assaltata al pari di altri sobborghi a sud e ovest di Jenin;
raid di esercito e coloni ad Atara, nord di Ramallah, con incendi di autovetture
e scritte razziste contro i palestinesi, minacciati di morte; raid pure a
Salfit, in particolare contro funzionari e quadri di Fatah, con un raid fin
dentro la sede del Consiglio Regionale di Fatah nel governatorato. Infine
Gerusalemme, dove è stato arrestato il direttore del Comitato per la Cura dei
Cimiteri, Ahmad al-Dajani, rapito da uomini mascherati mentre si trovava in via
Salah al-Din.
Sul piano diplomatico, il premier del Qatar, Jassim Al-Thani, ha accusato
Benjamin Netanyahu di dover “essere consegnato alla giustizia” e di avere
“ucciso ogni speranza per gli ostaggi”. Le dichiarazioni arrivano a 24 ore
dall’attacco israeliano su Doha, che non ha tuttavia raggiunto l’obiettivo:
cinque le persone uccise, ma tra loro non ci sono i negoziatori di Hamas,
sfuggiti alle bombe dei caccia di Tel Aviv. Intanto, i bombardamenti israeliani
sullo Yemen hanno causato 35 morti e 131 feriti a Sana’a, controllata dagli
Houthi, che hanno risposto lanciando due missili verso Israele.
L’intervista a Eliana Riva, giornalista e caporedattrice di Pagine Esteri.
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