Diritti Lgbtqa+ in Africa tra nuove repressioni e timide aperture
Tra leggi sempre più dure e poche aperture, i diritti Lgbtq+ in Africa stanno
vivendo anni difficili: dal caso dell’Uganda, dove una legge prevede persino la
pena capitale per “omosessualità aggravata”, al caso recente del Burkina
Faso. Una speranza si accende però in 23 Paesi che hanno scelto invece di
decriminalizzarla.
Sono tempi complicati per i diritti delle persone Lgbtq+ in Africa, tra una
nuova ondata repressiva e qualche timida apertura. Lo scorso anno Amnesty
International ha rilevato che al 2023 31 Stati su 54 criminalizzavano ancora i
comportamenti di queste minoranze (erano 39 fino agli anni ’90), con sanzioni
che vanno da ammende monetarie all’ergastolo, come può accadere in Tanzania,
Zambia, Sierra Leone e Gambia.
Caso emblematico di questa recrudescenza è stato quello dell’Uganda, dove le
relazioni omosessuali erano già vietate, ma le autorità hanno varato nel 2023
una nuova legge che prevede persino la pena capitale per “omosessualità
aggravata”. Oggi, se possibile, la situazione è addirittura peggiorata, con
altri Paesi che hanno imboccato la strada della repressione.
Questo mese il Burkina Faso è diventato il 32° Stato africano a criminalizzare
ufficialmente l’omosessualità. La decisione è stata presa dai 71 membri (non
eletti) dell’Assemblea legislativa di transizione, come parte del nuovo codice
penale. La nuova normativa prevede pene severe per gli atti omosessuali, con
condanne che vanno da 1 a 20 anni di reclusione e multe comprese tra 500.000 e 1
milione di franchi Cfa (da 762,25 a 1.524,50 euro).
Questa misura si inserisce nel solco delle politiche sovraniste e avverse ai
valori occidentali che la giunta al potere dal 2022 sta portando avanti in
questi anni. Già nel 2023 alle reti nazionali è stato vietato di trasmettere
contenuti a sfondo omosessuale. Anche il Mali, alleato del Burkina Faso nel
Sahel e come quest’ultimo guidato da un governo militare, ha adottato nel
novembre 2024 una legge che punisce gli omosessuali.
Tra gli altri, anche il Ghana ha in programma l’approvazione di un disegno di
legge anti-Lgbt sul quale pendeva un ricorso, poi respinto, davanti alla Corte
Suprema. Il neo-presidente John Dramani Mahama, entrato in carica a gennaio, ha
dichiarato di essere determinato a far passare il provvedimento. Il sesso
omosessuale, e non tanto l’omosessualità, è già illegale nel Paese dell’Africa
occidentale e prevede una pena detentiva di tre anni. La nuova legge, se
promulgata, imporrebbe fino a cinque anni di carcere per chi sostiene o
sponsorizza “attività Lgbt”.
I motivi di queste politiche, secondo gli esperti, sono da ricercare in una
serie di fattori concorrenti, tra i quali l’eredità del colonialismo, oltre
all’influenza delle fedi cristiana e islamica. Per il Council on Foreign
Relations, le leggi anti-Lgbtq+ non sono solo il frutto di convinzioni
culturali, ma anche di strategie politiche. Alcuni leader africani, nel
tentativo di rafforzare il consenso interno e mascherare i propri insuccessi,
ricorrono a retoriche divisive, presentando le identità Lgbtq+ come una
“minaccia importata dall’Occidente” alla stabilità e alla coesione sociale.
Parallelamente a questi inasprimenti, però, diversi Paesi africani negli ultimi
anni hanno invece scelto di decriminalizzare l’omosessualità. In tutto sono 23,
con Mauritius (2023), Angola (2021), Gabon (2020) e Botswana (2019) gli ultimi a
farlo in ordine di tempo. Nel 2023 anche la Namibia ha iniziato a riconoscere i
matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero e ha invalidato
una vecchia “legge sulla sodomia”. Nel continente rimane però solo
il Sudafrica a permettere dal 2006 i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Africa Rivista