Eirenefest Napoli, “Il processo al libro”
19 Settembre 2025, Eirenefest Napoli – Presidio Permanente di Pace
Il primo laboratorio di apertura: “Il processo al libro”
La prima giornata dell’Eirenefest – edizione napoletana 2025, ospitata dal
Presidio Permanente di Pace presso la Libreria IoCiSto, si è aperta con
un’immagine potente: il sangue di San Gennaro. Le parole di saluto e
presentazione hanno richiamato questo simbolo senza sapere che poche ore prima
il vescovo di Napoli lo aveva legato al sangue innocente dei bambini di Gaza.
Una coincidenza che ha reso la riflessione ancora più incisiva: la pace non è un
miracolo da attendere, ma una responsabilità che ci tocca da vicino, nella carne
viva delle vittime.
Dopo questa apertura, la mattina si è accesa con il laboratorio “Il processo al
libro”, condotto da Pietro Varriale, educatore e formatore di Global Districts,
insieme a Serena Dolores Correrò, operatrice del progetto. L’iniziativa si
inserisce nel percorso di WeWorld, organizzazione internazionale che da
cinquant’anni lavora per i diritti di donne, bambini e persone ai margini; con
Global Districts punta a superare le barriere che ostacolano la cittadinanza
attiva delle nuove generazioni.
Il laboratorio ha avuto la forza del teatro partecipato: i presenti, divisi in
gruppi, hanno interpretato ruoli inediti — pubblica difesa, accusa, giuria,
giudici — mettendo in scena un vero processo a tre libri. Due dei testi scelti,
“Mediterraneo” di Armin Greder e “Io non sono razzista ma…” di Marco Aime, hanno
fatto da specchio a due ferite brucianti del nostro tempo: la tragedia dei
migranti nel Mediterraneo e la violenza del razzismo.
Il momento più commovente è arrivato quando la difesa di due libri è stata
affidata a una ragazza di appena 14 anni: voce incerta, pensieri forti. In
quella fragilità si è fatta strada una forza che ricordava l’eco delle giovani
vittime delle guerre evocate in apertura: voci che chiedono di essere ascoltate,
nonostante tutto. Di fronte a lei, l’accusa era impersonata da adulti —
rappresentanti di associazioni, volontari, operatori sociali — chiamati a
indossare i panni di chi nega il dramma del Mediterraneo o legittima la
discriminazione razziale.
La dinamica ha prodotto un ribaltamento sorprendente: difendere il giusto è
apparso difficile e faticoso, mentre accusare con argomenti razzisti e
nazionalisti ha offerto una sorta di liberazione catartica, permettendo di
esprimere odio e frustrazione senza pagarne le conseguenze. Qui è emersa la
valenza psicoanalitica del laboratorio: il gioco di ruolo ha messo i
partecipanti di fronte alle proprie ombre, mostrando come l’identificazione con
l’aggressore possa attrarre e, al tempo stesso, destabilizzare; un passaggio che
costringe a misurarsi con i lati oscuri della convivenza civile.
L’esperienza ha confermato che l’educazione alla pace non può essere solo
predicazione: deve passare attraverso il corpo, la voce, la possibilità di
sentire dentro di sé anche la parte avversa. È in questo attraversamento che si
sviluppano consapevolezza critica e capacità di scelta.
La giornata si è chiusa con un clima di forte partecipazione: emozione, riso
liberatorio, consapevolezze nuove. In questo spazio, anche piccolo e quotidiano
come una libreria di quartiere, i libri si sono rivelati non solo oggetti da
leggere, ma strumenti di confronto, specchi delle contraddizioni del presente e
catalizzatori di immaginazione collettiva. È proprio questo il cuore
dell’Eirenefest e del Presidio di Pace: fare della parola scritta e condivisa un
terreno comune di resistenza e di costruzione.
Seguendo lo slogan scelto per il festival dal Presidio, “ la pace è un cantiere
aperto”, il primo mattone è stato posato.
Stefania De Giovanni