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Spagna, Sanchez annuncia azioni immediate contro Israele per il genocidio a Gaza
L’8 settembre 2025 il governo spagnolo guidato da Pedro Sánchez ha varato un pacchetto di nove misure immediate volte a contrastare il “genocidio a Gaza”. Le azioni, che vanno dal consolidamento dell’embargo sulla vendita di armi a Israele alla sospensione di programmi di cooperazione, fino alla pressione su vari organi internazionali perchè siano realizzate sanzioni contro Tel Aviv, giungono in un clima di forte pressione politica per Sanchez – che ha cominciato il proprio discorso ricordando la persecuzione storica degli ebrei e sottolineando il diritto di Israele a difendersi. I collettivi spagnoli a sostegno della Palestina hanno attribuito la mossa del governo alla «forte pressione sociale organizzata», sottolineando l’importanza di continuare a esercitare tale pressione anche in futuro. Le misure annunciate da Sanchez includono il consolidamento giuridico dell’embargo sulle vendite di armi a Israele; il divieto di accesso nei porti e nello spazio aereo spagnoli a navi e aerei che trasportino equipaggiamenti destinati al sostegno militare di Tel Aviv; il divieto d’ingresso in Spagna per funzionari e militari israeliani coinvolti direttamente nelle operazioni a Gaza; un incremento sostanziale degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese; la sospensione di programmi di cooperazione e ricerca con aziende e istituzioni israeliane legate al settore bellico; la revoca di contratti di fornitura militare con imprese israeliane; la promozione, in sede ONU ed europea, di un embargo internazionale sulle armi destinate a Israele; il sostegno attivo alle cause legali aperte presso la Corte Internazionale di Giustizia contro lo Stato ebraico; e, infine, una campagna diplomatica volta a isolare Israele nei principali consessi internazionali, inclusi eventi culturali e sportivi. La scelta segna di certo un passo politico fino a oggi inedito per un Paese occidentale nel contesto dell’attuale conflitto israelo-palestinese. Si affianca ad altri interventi in chiave legale e diplomatica, con l’obiettivo dichiarato di esercitare pressione sul governo di Tel Aviv e mitigare la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. Già negli scorsi mesi, la Spagna aveva assunto iniziative ambiziose e coerenti con questa direzione. A luglio 2024, Madrid si era unita alla causa intentata dal Sudafrica presso la Corte Internazionale di Giustizia contro Israele, considerandola colpevole di genocidio nei confronti dei palestinesi di Gaza. In dicembre 2024, gli Stati Uniti – attraverso la Commissione Federale Marittima –avevano avviato un’indagine preliminare contro la Spagna per la decisione di negare l’uso dei porti iberici a navi sospettate di trasportare armamenti a Israele. Gli USA minacciavano misure quali multe salate o interdizione dalle rotte marittime americane. Nel corso del 2025, Madrid ha continuato a mantenere una politica di dissenso. Ad aprile, ha annullato unilateralmente un contratto di fornitura di proiettili per la Guardia Civil da parte di un’azienda israeliana, Imi Systems, per un valore di 6,6 milioni di euro. La rescissione è stata motivata da pressioni interne e da una netta contraddizione con le posizioni del governo. Pochi giorni dopo, Spagna, Slovenia e Islanda – attraverso riflessi su emittenti pubbliche come RTVE – si erano schierate formalmente contro la partecipazione di Israele all’Eurovision Song Contest. L’iniziativa è stata motivata dall’obbligo di denunciare violazioni della legge internazionale e segna un esempio evidente di boicottaggio culturale. Nel giugno 2025, Sánchez aveva inoltre convocato l’incaricato d’affari israeliano a Madrid per protestare contro un comunicato dell’ambasciata israeliana ritenuto “inaccettabile”. In sede di Consiglio Europeo, aveva chiesto la sospensione dell’accordo di associazione UE-Israele, invocando le palesi violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Il pacchetto annunciato da Sánchez non rappresenta un episodio isolato, ma il punto di arrivo di una strategia politica perseguita da mesi. L’esecutivo iberico ha alternato atti concreti di disimpegno militare e sanzioni economiche a iniziative legali e proteste diplomatiche, costruendo un fronte coerente di contrapposizione a Israele. Questa linea ha però alimentato tensioni: sul piano interno, con pressioni e divisioni nella maggioranza di centrosinistra; sul piano esterno, con reazioni dure da parte di Tel Aviv e dei tradizionali alleati occidentali. Tuttavia, le misure non sono esenti da un certo numero di contraddizioni: come sottolinea il collettivo Acampadaxpalestina di Madrid, per esempio, il divieto di transito di carburante a Israele nei porti spagnoli non comprende quello di altri materiali strategici, come per esempio l’acciaio, diretti anch’essi verso Tel Aviv, mentre il divieto di importazione di prodotti realizzati in Israele non assicura sanzioni a tutte le aziende che collaborano con il Paese. Inoltre, nonostante il governo spagnolo abbia dichiarato di aver interrotto decine di contratti di compravendita di armi con lo Stato israeliano, le inchieste giornalistiche di Olga Rodriguez hanno dimostrato che il Paese ha stipulato più di 40 contratti di questo genere con Tel Aviv dopo il 7 ottobre 2023. Tuttavia, va detto, il Paese è uno dei pochissimi in Europa che si è speso in azioni concrete, mentre dall’UE non arrivano nulla più di dichiarazioni generiche.   L'Indipendente
La spesa militare è il vero crimine
“Mantenere operativa la squadra antincendio tutto l’anno è assurdo e uno spreco”. Suárez-Quiñones, assessore all’Ambiente, alla Casa e alla Pianificazione territoriale di Castiglia e León.  https://www.eldiario.es/castilla-y-leon/politica/administracion-peores-incendios-castilla-leon-quinones-nuevo-centro-polemica_1_12529427.html>  I cittadini degli Stati membri della NATO devono “accettare di fare sacrifici”, come tagli alle pensioni, alla sanità e ai sistemi di sicurezza, per aumentare la spesa per la difesa… Dichiarazioni di M. Rutte, Segretario Generale della NATO, il 12.12.2024. <https://es.euronews.com/video/2024/12/12/rutte-pide-a-los-ciudadanos-europeos-sacrificios-para-aumentar-el-gasto-en-defensa> Pedro Sánchez annuncia un aumento straordinario di 10,471 miliardi di euro nella spesa militare per quest’anno. Rispetteremo gli impegni con l’UE “senza toccare un centesimo della spesa sociale” 26.03.2025 https://www.elsaltodiario.com/gasto-militar/pedro-sanchez-anuncia-un-aumento-del-gasto-defensa-10000-millones-euros> I terribili incendi delle ultime settimane, nel mezzo di una lunga ondata di caldo, ci portano a chiederci ancora una volta cosa dobbiamo davvero difendere, cosa ci dà sicurezza. In altri articoli abbiamo insistito sul fatto che sono i servizi pubblici, la previdenza sociale, l’istruzione pubblica, la sanità, il sistema pensionistico pubblico, le case di riposo, la casa, gli asili nido e molto altro ancora a darci davvero sicurezza. A questo lungo elenco vanno aggiunti i vigili del fuoco e i pochi servizi di protezione civile e, nel caso degli incendi, i vigili del fuoco forestali, veri difensori del territorio, della diversità biologica, dei beni, delle colture e della popolazione stessa dei Comuni. Come in altri servizi pubblici, constatiamo minacce comuni quali la precarietà lavorativa, la riduzione del personale, i posti vacanti, gli obblighi legali non rispettati, la privatizzazione del servizio, il subappalto o la riduzione diretta del budget, che comportano un servizio scadente, l’insicurezza e il mancato rispetto delle norme di prevenzione e protezione. Spesso si aggiunge l’incompetenza dei responsabili, scelti più per criteri politici che per qualificazione e reale volontà di servizio.  Il cambiamento climatico è ormai una certezza e, secondo gli esperti, sta accelerando più rapidamente di quanto inizialmente previsto. Tutto indica che gli episodi di temperature estreme, piogge torrenziali, grandinate, venti da uragano o enormi nevicate saranno sempre più frequenti, per cui, per non ipotecare ulteriormente il futuro dell’umanità, è urgente affrontare definitivamente la decarbonizzazione e le emissioni nell’atmosfera che accelerano il cambiamento climatico. Negare il cambiamento climatico è criminale perché impedisce di affrontare in modo efficace le minacce alla vita. Lo abbiamo visto nella tempesta che ha devastato alcune zone di Valencia dopo che il governo regionale ha soppresso l’Unità di Emergenza Valenciana. In tutte le cosiddette catastrofi “naturali” degli ultimi tempi in Spagna ci sono tre questioni fondamentali da criticare: la mancanza di risorse, la mancanza di previsione e la mancanza di budget per la prevenzione e la ricostruzione. È qui che il confronto con i mezzi investiti nella spesa militare è più stridente. Si sostiene che sia uno spreco mantenere vigili del fuoco forestali, attrezzature e macchinari pesanti adeguati in inverno, ma quasi nessuno vede come uno spreco criminale avere 120.000 militari inattivi in inverno e in estate, in primavera e in autunno, “nel caso in cui” il nemico ci invada, creati per continuare ad alimentare il militarismo e le sue dinamiche di dominio e saccheggio. Lo stesso vale per l’equipaggiamento. Per ogni eventualità, carissimi carri armati, veicoli di ogni tipo, aerei e navi si trovano nei loro hangar militari o, peggio ancora, in esercitazione, inquinando il pianeta e cercando nemici in tutto il mondo. Mentre il fuoco continuava a bruciare ettari di terreno, i Comuni attendevano idrovolanti o attrezzature che dovevano arrivare da migliaia di chilometri di distanza perché non era prioritario disporre di maggiori risorse nel caso in cui ci fosse più di un grande incendio. È necessario ascoltare le lamentele dei residenti non solo per quanto riguarda la grave mancanza di risorse, ma anche per quanto riguarda la sicurezza del territorio, dei loro beni e delle loro vite. Obbligare gli abitanti a evacuare i paesi senza ulteriori indugi può essere necessario in alcuni casi, ma non deve essere la prima né l’unica opzione. Le amministrazioni devono prendere sul serio la necessità di dotare ogni Comune, ogni regione dei materiali necessari per affrontare il fuoco, in questo caso, nella fase iniziale, quando è più facile spegnerlo, sfruttando la motivazione e la conoscenza del territorio da parte della popolazione. Sarà necessario investire nella formazione di tecnici e specialisti e stabilire protocolli di coordinamento. Sarà necessario investire nella creazione di zone protette intorno ai centri abitati, ripiantare specie autoctone più resistenti al fuoco e cambiare il modello di approvvigionamento delle risorse dei boschi. È vero che tutto ciò richiede decisioni politiche e denaro. 17 miliardi sono l’1% del PIL, che basterebbe per molte politiche di prevenzione. Per “imposizione” del gangster dell’impero spenderemo il 5% del PIL[1] per preparare la guerra, fabbricando e acquistando armi americane di cui non abbiamo bisogno. È necessario mobilitarsi per fermare questa follia e investire in ciò che ci dà davvero sicurezza. Le guerre sono evitabili, prevedibili, prescindibili, sono un prodotto umano profondamente radicato nella cultura patriarcale militarista in cui viviamo. Le catastrofi sono inevitabili, possiamo solo prevenirne e mitigarne in parte alcune conseguenze. Sono ora il nostro vero nemico, non cerchiamo oltre. È fondamentale mettere in evidenza il costo opportunistico che comporta lo spreco militare. Ad esempio, con il costo di un caccia F35 si potrebbero acquistare 10 elicotteri antincendio. Possiamo fare l’equivalenza in scuole, ospedali, asili nido, alloggi popolari o finanziamenti alle università. Alimentare il militarismo ci porta alla distruzione reciproca assicurata come scenario finale. Superare il militarismo ci porterebbe a scongiurare la minaccia della distruzione e della guerra e a investire quelle enormi risorse per affrontare il cambiamento climatico, vera minaccia oggi per la vita. Ogni euro, ogni milione di euro investito in spese militari è un euro, un milione di euro che ci viene rubato, contro la vita. Smettiamo di investire nella preparazione della distruzione e della morte ciò di cui abbiamo bisogno per prenderci cura delle persone e del pianeta.  Nessun euro per il riarmo! Nessun voto per la guerra! Tutto il bilancio militare deve essere destinato alla difesa e alla sicurezza del territorio, delle persone e della biodiversità! Traduzione dallo spagnolo di Stella Maris Dante Revisione di Anna Polo [1] Visto che questo dato contraddice ciò che hanno riferito i mass media italiani, secondo cui la Spagna è stato l’unico Paese a rifiutare l’ultimatum di Donald Trump riguardo alle spese militari, abbiamo chiesto chiarimenti. L’autore, Alternativas Noviolentas, ci ha risposto così: Pedro Sanchez si vanta di rimanere al 2% del PIL, ma nel documento non compare alcuna eccezione e la realtà è che arriveremo al 5%. Se sommiamo la spesa militare nascosta, gli interessi sul debito militare e le voci extra-bilancio approvate quasi in ogni consiglio dei ministri, la spesa reale supera già il 4% del PIL.   Redacción España