Poggioreale, privacy violata e diritto d’asilo negato
Il 19 agosto 2025 il deputato Francesco Emilio Borrelli pubblicava su Facebook e
Instagram le foto dell’arresto di Elokla Mohmed Kazem. L’immagine ritraeva il
ragazzo, richiedente asilo, apparentemente ammanettato, inconsapevole dello
scatto e con il volto non oscurato.
Il post, commentato con la frase “preso uno dei due evasi da Poggioreale”, ha
avuto migliaia di interazioni, alimentando una gogna mediatica di tenore
xenofobo e fortemente violento. Successivamente, il deputato pubblicava altri
due post con altre immagini del sig. Elokla e del sig. Mahrez Souki, non
opportunamente oscurate, ritratti nell’immediatezza dell’arresto.
È a partire da questo episodio che diverse associazioni hanno inviato un
esposto, redatto dall’avvocata Martina Stefanile di ASGI 1, al Garante nazionale
e regionale delle persone private della libertà, al Garante della privacy e
all’UNHCR per denunciare due questioni: la diffusione illecita delle immagini
dei detenuti Elokla Mohmed Kazem e Mahrez Souki, e la violazione dei diritti
fondamentali all’interno della Casa Circondariale “Giuseppe Salvia” di Napoli –
Poggioreale, in particolare la sospensione di fatto del diritto d’asilo per i
cittadini stranieri detenuti.
A firmarlo sono la Clinica Legale per l’Immigrazione dell’Università Roma 3,
l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – ASGI, Antigone
Campania, Melting Pot Europa, Spazi Circolari, Le Carbet, Attiva Diritti, Chi
Rom e…chi no, La Kumpania, Mem.Med – Memoria Mediterranea per LasciateCIEntrare
e Gridas.
La pubblicazione delle foto, riporta il documento, viola diverse norme nazionali
e internazionali, dal diritto alla privacy sancito dalla CEDU al divieto
previsto dall’articolo 114 del codice di procedura penale di diffondere immagini
di persone private della libertà in stato di coercizione. Ma è tutta la vicenda
che, tra esposizione mediatica sensazionalistica e ostacoli burocratici, porta
alla luce la condizione fragile e spesso invisibile dei detenuti stranieri in
Italia, il cui diritto a chiedere protezione internazionale rischia di restare
impossibile da dietro le sbarre.
A rendere ancora più evidente la vulnerabilità di Elokla sono le parole del
giornalista e volontario della Comunità di Sant’Egidio Antonio Mattone, che lo
aveva incontrato di persona: «A chi lo ha conosciuto il ragazzo siriano di 23
anni fuggito da Poggioreale etichettato dalla cronaca come un rapinatore, è
sembrato essenzialmente un ragazzo di estrema fragilità». Il giovane,
ricostruisce Mattone, «viveva in un paese ai confini con la Turchia ed è
scappato a piedi fino a giungere in Italia. Quando gli è stato chiesto della sua
famiglia gli sono scesi due lacrimoni: erano tutti morti, uccisi in
quell’infinita guerra civile che insanguina la Siria dal 2011. Arrivato nel
nostro Paese, senza riferimenti e legami, ha vissuto per strada dove ha iniziato
a drogarsi e a compiere gesti di autolesionismo, quasi a volersi lasciare
andare. Poi una rapina per avere qualche soldo ed è così finito in carcere».
Un quadro che per le associazioni firmatarie avrebbe dovuto imporre maggiore
cautela nella tutela della dignità del ragazzo, piuttosto che un’esposizione
pubblica capace di aggravare ulteriormente la sua condizione.
L’altra denuncia contenuta nell’esposto riguarda il diritto d’asilo, che
all’interno di Poggioreale risulta di fatto sospeso. «Su queste premesse, si
apre uno scenario gravissimo che vede sistematicamente lesi i diritti dei
rifugiati e richiedenti asilo all’interno del penitenziario napoletano»,
scrivono le associazioni.
Secondo le segnalazioni raccolte, i detenuti stranieri possono esprimere la
volontà di chiedere protezione internazionale soltanto tramite i loro avvocati,
che trasmettono le istanze via PEC all’Ufficio Matricola e alla Questura di
Napoli. Se un detenuto tenta di presentare la richiesta autonomamente, ciò è
consentito solo a ridosso del fine pena.
Ma anche in questi casi le domande rimangono “congelate” per tutta la durata
della detenzione. È accaduto anche a Elokla, che nell’aprile 2025 aveva
presentato tramite la propria legale una formale richiesta di protezione
internazionale. A distanza di mesi, non ha ancora ricevuto un appuntamento né
sostenuto l’audizione davanti alla Commissione territoriale, in palese
violazione dell’articolo 26 del decreto legislativo 25/2008, che prevede tempi
stringenti per la formalizzazione delle domande.
Gli esempi citati nell’esposto sono numerosi: cittadini sudanesi e ciadiani che
hanno protocollato le loro istanze tra il 2024 e il 2025, senza alcun seguito.
Tutti profughi di guerre civili e situazioni drammatiche che avrebbero dovuto
garantire loro almeno un rapido accesso alla procedura.
Per le associazioni firmatarie, siamo davanti a «violazioni intollerabili
dell’impianto normativo posto a tutela dei migranti, rifugiati e richiedenti
asilo». L’appello è rivolto ai Garanti, alla Questura e alle Commissioni
territoriali: serve «un urgente superamento effettivo delle violazioni di
diritto rappresentate, anche previo esercizio dei poteri ispettivi propri
dell’Ufficio del Garante».
L’invito è a stabilire un coordinamento stabile tra amministrazione
penitenziaria e autorità competenti per «assicurare ai detenuti stranieri
l’esercizio di tali diritti e facoltà, che possono essere limitati solo con un
provvedimento espresso».
Infine, le associazioni chiedono all’UNHCR un parere tecnico e un monitoraggio
costante della vicenda, mentre al Garante della privacy sollecitano «l’immediata
cessazione, mediante rimozione delle immagini diffuse sulle pagine social del
deputato, delle condotte lesive dei diritti fondamentali dei ritratti».
1. Leggi l’esposto inviato ↩︎