Frontex conferma le responsabilità delle autorità bulgare nella morte di tre minori
A quasi un anno dalla morte di tre minori egiziani in Bulgaria, l’Ufficio per i
Diritti Fondamentali di Frontex (The Fundamental Rights Officer – FRO) ha
pubblicato un report 1 che conferma il racconto di Collettivo Rotte Balcaniche e
No Name Kitchen, identificando chiaramente la responsabilità diretta della
polizia di frontiera bulgara per queste morti.
Nel dicembre 2024, Ahmed Samra, Ahmed Elawdan e Seifalla Elbeltagy – tre minori
egiziani – avevano comunicato ai gruppi solidali di trovarsi in condizioni di
emergenza nella zona di Gabar, in Bulgaria, dopo aver attraversato il confine
turco-bulgaro. Pur essendo stata avvisata con ripetute telefonate, la polizia di
frontiera bulgara non solo non ha risposto alle chiamate, ma si è anche
adoperata per bloccare i tentativi del Collettivo di raggiungere i tre minori,
che sono poi morti di ipotermia.
A quasi un anno di distanza, l’Ufficio per i Diritti Fondamentali di Frontex
conferma la versione delle organizzazioni solidali: “Le autorità bulgare avevano
l’obbligo di assistere e soccorrere i migranti. Avendo informazioni sufficienti
a determinare che essi si trovavano in pericolo di vita, essendo a conoscenza
della loro posizione esatta e avendo i mezzi per intervenire, esse non hanno
comunque adottato le misure necessarie in tempo, con il risultato che tre
persone hanno perso la vita”.
L’Agenzia europea rigetta inoltre la campagna di diffamazione avviata dal
Ministero dell’Interno bulgaro dopo la pubblicazione del report Frozen Lives
redatto dalle organizzazioni.
Rapporti e dossier/Confini e frontiere
VITE CONGELATE AL CONFINE: LE RESPONSABILITÀ DELLE AUTORITÀ BULGARE E LA
COMPLICITÀ DELL’UE
Il rapporto di No Name Kitchen e del Collettivo Rotte Balcaniche
Anna Bonzanino
5 Febbraio 2025
Secondo il Collettivo Rotte Balcaniche, inoltre la polizia di frontiera «ha
intensificato il livello di criminalizzazione delle ONG, moltiplicando le
indagini e gli arresti, in un chiaro tentativo di silenziare il lavoro di
denuncia della violenza sul confine».
Il documento di Frontex riconosce, inoltre che, al di là di questo evento
specifico, la cosiddetta “incapacità” di compiere operazioni di ricerca e
soccorso è in realtà una pratica di routine delle autorità bulgare. Negli ultimi
anni, l’Ufficio per i Diritti Fondamentali ha documentato ripetutamente le
azioni della polizia di frontiera bulgara, affermando che “i pushback, spesso
caratterizzati da alti livelli di violenza e trattamenti inumani o degradanti,
sono una pratica quotidiana della polizia di frontiera bulgara” ed esprimendo
una “profonda preoccupazione rispetto alle accuse ripetute nei confronti delle
autorità bulgare di non rispondere in maniera appropriata alle chiamate di
emergenza.”
Tuttavia, il Collettivo ci tiene a sottolineare anche il ruolo strumentale di
Frontex «che finanzia e collabora alle attività di controllo dei confini
bulgari, si autoassolve nuovamente, scaricando la responsabilità dell’accaduto
sulle autorità bulgare e utilizzando persino queste morti per richiedere un
aumento della propria presenza in Bulgaria».
Questa posizione viene definita contraddittoria, poiché il personale di Frontex
opera legalmente sotto il controllo delle autorità locali: secondo il
Collettivo, infatti, «i migranti intercettati da Frontex vengono poi espulsi in
maniera illegale e violenta», mentre il personale dell’Agenzia «rischia di
essere complice – o meglio è direttamente responsabile – di queste espulsioni».
A partire da marzo 2025, Frontex ha inoltre «ripetutamente bloccato e seguito
per ore squadre di ricerca e soccorso», impedendo loro di raggiungere le persone
in movimento in condizione di emergenza. E ciò nonostante l’Ufficio per i
Diritti Fondamentali riconosca il lavoro delle squadre civili come «autentico»,
denunciando al contempo i tentativi della polizia di ostacolarlo.
Il Collettivo definisce però queste affermazioni come meri interventi
superficiali, privi di ricadute operative: «Affermazioni come quelle
dell’Ufficio restano soltanto cosmetiche se non accompagnate da azioni
concrete». Da qui la richiesta di interrompere «immediatamente ogni
collaborazione con e supporto alle autorità bulgare».
Infine, un’eventuale inazione di Frontex sarebbe solo un’ulteriore conferma del
carattere sistemico delle politiche europee di frontiera: «Se Frontex non
adotterà misure adeguate, sarà una conferma in più che queste morti non sono
state un incidente ma il risultato voluto e cercato di politiche di confine
europee che, se non smantellate, possono soltanto uccidere».
Dello stesso avviso anche No Name Kitchen che tramite la rappresentante Ric
Fernandez afferma che «questi minori avrebbero potuto essere salvati, le stesse
conclusioni di Frontex confermano l’esistenza di un sistema progettato per
lasciar morire le persone alla frontiera, e chiunque sostenga tale sistema ne è
responsabile».
Anche NNK chiede a Frontex di sospendere immediatamente ogni cooperazione
operativa con la polizia di frontiera bulgara, nonché di pubblicare i risultati
completi del FRO e tutte le comunicazioni interne relative all’incidente, infine
garantire di accertare la responsabilità per qualsiasi agente coinvolto
nell’ostruzione dei soccorsi.
«Questo caso non è una tragedia isolata. Esso mette in luce le carenze
sistemiche nell’applicazione delle norme di frontiera dell’UE, dove le
operazioni di Frontex e le autorità nazionali effettuano congiuntamente
respingimenti illegali, pratiche violente e ostacoli ai soccorsi. Se Frontex
continuerà a cooperare con le autorità bulgare nonostante questi risultati,
confermerà che queste morti non sono incidenti isolati, ma il risultato
prevedibile della politica dell’UE, una politica che continuerà a uccidere se
non verrà modificata radicalmente», conclude No Name Kitchen.
1. Frontex Report – Serious Incident Reports Cat 1 ↩︎