Davide Bregola / Storie disperse che tornano
Il narratore Davide Bregola si rivolge alla scrittura, le chiede notizia di
amici scomparsi, come se volesse conquistarsi altre pianure su cui viaggiare,
senza smettere, ricordando e rivivendo per sé e per quel lettore che detesta la
nostalgia perché li vorrebbe ancora tutti vivi questi scrittori e poeti, questi
viaggiatori che hanno mangiato il loro destino.
Davide varca spesso confini, e al di là di ambiguità e disordini questa volta
guarda bene in faccia scrittori e poeti che a loro volta hanno guardato bene in
faccia lui: Vitaliano Trevisan, Umberto Bellintani, Ivano Ferrari, Marosia
Castaldi. Le “rovine” del titolo sono le attuali, a cui pochi sanno resistere,
ma sono anche il ritratto di conoscenze antiche mai del tutto scomparse
nonostante le biografie dicano tutt’altro. Gli incontri avvengono in momenti
cruciali, in anni sparpagliati lungo difficoltà e difficili discorsi su come si
debba (e si possa) vivere scrivendo e scrivere facendo ogni giorno altre cose.
Nell’aureo libretto, scomodamente aureo perché la sua grana è grossa e rustica e
talvolta urticante, questi scrittori e poeti diventano stranamente accessibili,
poiché in vita altro sono stati, due poeti e due narratori la cui angustia
diventa sacra e popolare, folta di immagini e giornate rivolte alla ricerca
continua di una strada, di una magione, di un sentimento fatto per contrastare
giornate maledette. Davide racconta di sé per raccontare queste quattro
esistenze, sempre sul filo dell’esserci e il non-esserci – sono valori e
consuetudini inedite, dove il naufragio sembra sciogliersi in qualcosa a cui non
ci si può sottrarre. In fondo scrivere è azione innocente e enigmatica, per
l’autore di Bondeno (e mantovano al presente) e per i protagonisti del memoir.
Per chi poco o nulla sappia di chi ha vissuto separato per scelta e necessità,
inizi da queste Lezioni dalle rovine per restare a contatto con una cultura
dispersa (da questo folle secolo) che talvolta ha del magico per come ha saputo
andare a spasso in terre di pianura e di provincia, di ribalte smangiucchiate e
discese in profondità ben poco amene. Ma tant’è, i nostri scrittori disordinati
ci hanno lasciato opere di certo difficili da trovare ma ben salde nel mantenere
le loro lingue in una forma aliena allo sgretolamento. Sempre e difficile:
«Quando penso a loro, a Trevisan, Ferrari, Bellintani, Castaldi, penso a
qualcosa che durerà nel tempo, materiale durevole. Arte».
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