SIRIA: TRUMP ACCOGLIE AL-SHARAA ALLA CASA BIANCA. L'(EX?) JIHADISTA TRA INTERESSI DEL CAPITALISMO GLOBALE E TENSIONI INTERNEIl presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha incontrato a
Washington l’autoproclamato presidente siriano Ahmed Al Sharaa. È la prima
volta, da quando la Siria è stata dichiarata stato indipendente nel 1946, che un
leader siriano mette piede nello Studio ovale della Casa Bianca.
Le questioni principali sul tavolo sono due: la surreale adesione della Siria –
governata da personaggi, a partire dallo stesso Al Sharaa, che hanno militato in
Daesh e/o in altre formazioni jihadiste fino a ieri – alla Coalizione
internazionale anti-Isis a guida Usa; e la volontà degli Usa di stabilire una
propria base militare nel sud del Paese, vicino Damasco.
Ovviamente, il tema del confronto è molto più ampio e riguarda aspetti
differenti, anche se connessi tra loro: tra questi la promessa di rimuovere Al
Sharaa e altri esponenti del suo cosiddetto “governo di transizione” dalle liste
nere Usa dei ricercati internazionali per terrorismo, l’impegno statunitense a
rimuovere almeno alcune delle sanzioni che da decenni stritolano l’economia e la
popolazione siriana, ora estremamente provata anche da 15 anni di guerra civile,
l’adesione di Damasco agli Accordi di Abramo. Sullo sfondo ci sono gli interessi
– spesso contrastanti – di diverse potenze capitaliste regionali e globali,
dalla Turchia di Erdogan (principale sponsor del nuovo regime siriano) a
Israele, dagli Usa alla Russia fino alle monarchie del Golfo.
Il futuro della Siria, infatti, è centrale rispetto al processo di ridefinizione
dei rapporti di forza nella regione che ha subito un’importante accelerazione
dal 7 ottobre 2023, con la guerra portata da Israele in tutta l’area.
Su Radio Onda d’Urto, abbiamo approfondito questi aspetti con il giornalista
Alberto Negri, editorialista de Il Manifesto. Ascolta o scarica.
Per delineare un quadro completo della situazione, però, è importante tenere in
considerazione la situazione interna siriana, in particolare per quanto riguarda
la società e le sue numerose componenti anche nazionali, religiose e
linguistiche.
Da questo punto di vista, Al Sharaa sta tentando di rafforzare la propria
legittimità politica, al momento piuttosto debole. Il suo “governo di
transizione” non può contare su un consenso ampio per diversi fattori. Il più
importante riguarda proprio la composizione eterogenea della società siriana dal
punto di vista delle differenze culturali e religiose. Diverse comunità non si
sentono rappresentate da un governo che da un lato si dichiara protettore dei
diritti delle minoranze, dall’altro è espressione diretta di gruppi salafiti e
jihadisti.
I massacri ai danni della popolazione alawita nelle regioni della costa
occidentale e quelli contro i drusi nell’area meridionale di Sweida – compiuti
da milizie islamiste inquadrate nell’attuale esercito governativo – hanno
alimentato diffidenza, paura e malcontento nei confronti di Damasco.
Nonostante avesse dichiarato l’intenzione di costruire una democrazia dopo oltre
sessant’anni di regime degli Assad (incassando l’endorsement di tutte le
cancellerie europee e occidentali), Al Sharaa ha organizzato elezioni che sono
state più che altro una selezione diretta – da parte sua – di gran parte dei
parlamentari e dalle quali sono state escluse Sweida, l’area a maggioranza
drusa, e soprattutto i territori controllati dall’Amministrazione autonoma
democratica del nord e dell’est e dalle Forze Siriane Democratiche a guida curda
e araba.
Non solo, dopo aver simulato un approccio democratico, aperto a tutte le
religioni e culture, e aver promesso una costituzione che rappresentasse tutte
le componenti siriane, il governo di transizione di Al Sharaa ha scritto da solo
la propria Carta, senza alcun tipo di consultazione, e ha iniziato a disporre
leggi di chiara impronta islamista.
Di tutto questo abbiamo parlato con Tiziano Saccucci, dell’Ufficio di
informazione del Kurdistan in Italia, con particolare attenzione alle trattative
in corso tra Damasco e l’Amministrazione autonoma del confederalismo
democratico, cioè l’autogoverno rivoluzionario e socialista del Rojava e del
nord-est siriano (oltre un terzo del Paese). Ascolta o scarica.