Navigando insieme, da 44 paesi per aiutare Gaza. Intervista a Abu Sara, attivista della Global Sumud Flotilla
Claudio Tamagnini, conosciuto come Abu Sara, è uno degli attivisti italiani
impegnati nella Global Sumud Flotilla, la missione internazionale che si prepara
a salpare verso Gaza con imbarcazioni provenienti da diversi paesi del mondo. Lo
abbiamo intervistato nei giorni di attesa e di training in Tunisia, dove
racconta l’atmosfera tra equipaggi, volontari e sostenitori della causa
palestinese.
Come si stanno svolgendo i primi giorni di preparazione della Global Sumud
Flotilla?
Per due giorni siamo rimasti in porto, poi mi sono spostato anch’io in città per
il primo incontro con gli equipaggi registrati. Siamo circa una cinquantina,
collegati con la coordinatrice dell’operazione. L’idea è viaggiare come una
flotta compatta, a una media di quattro nodi. Qualcuno borbotta: le barche a
motore, andando così piano, consumano comunque carburante e finiscono fuori
rotta, perché non hanno la deriva delle barche a vela. Ma poi si vedrà…
Com’è la situazione dal punto di vista logistico e delle imbarcazioni?
In porto, all’inizio, non c’era ancora nessuna barca a parte la nostra. Le altre
andavano recuperate in diversi porti, ed erano tutte a motore. I capitani
tunisini, infatti, provengono da quella tradizione: non skipper di velieri, ma
uomini di barche a motore. Qui chi vuole farsi vedere compra uno yacht, non
certo una barca a vela. Intanto abbiamo saputo che le imbarcazioni partite da
Barcellona erano state costrette a rientrare per maltempo. Questo rischia di far
slittare tutto.
Parallelamente alla preparazione, ci sono state anche iniziative pubbliche?
Sì, la sera si è tenuta una bella manifestazione per la Palestina e per la Sumud
Flotilla davanti al teatro comunale. Non eravamo tantissimi, ma c’erano molte
donne e tanti slogan.
Che tipo di atmosfera si respira nella vita quotidiana degli attivisti?
Ogni sera un attivista nato e cresciuto in centro, Majid, che ha un po’ l’aria
di uno spirito della lampada – il suo nome significa “il glorioso” – ci porta a
bere birra tunisina e a mangiare qualcosa in posti diversi. Il primo era un
locale gestito da italiani ai tempi di suo padre. Si mangia bene. Con noi c’è
anche una capitana che accompagna gruppi familiari in gite. Sempre con Majid
giriamo a cercare pezzi di ricambio, mentre un suo amico, vecchio lupo di mare,
è partito a prendere un’altra barca a Monastir. Fa impressione pensare che a
Tunisi non abbiano preparato le imbarcazioni per tempo, mentre qui ci sono oltre
40 gradi e lo scirocco è davvero cattivo.
Avete iniziato il training?
Sì, finalmente. Si è svolto in un salone del sindacato dei lavoratori tunisini.
Ho subito chiesto la provenienza dei partecipanti ed è stata una sorpresa: oltre
agli americani e agli europei, c’erano attivisti dalle Maldive, Sudafrica,
Indonesia, Oman, Mauritania, Iraq, Kuwait, Iran, Turchia, Algeria. Tutti si
ringraziavano a vicenda per esserci, come in una gara a chi fosse più vicino ai
palestinesi. Non è un’illusione: la partecipazione di 44 paesi è realtà.
Quali sono stati i contenuti principali del training?
Ci aspettavano in 130, siamo il doppio. Due giorni intensi di raccomandazioni,
soprattutto sulla nonviolenza, ricordando i successi della resistenza
nonviolenta: Sudafrica, afroamericani, le marce delle donne. Ma anche la
tragedia della Mavi Marmara, con la dura reazione degli attivisti turchi.
Ci sono stati momenti particolarmente emozionanti per te?
Sì. Al secondo giorno, in video da Berlino, è comparso il mio amico Karam. Nel
2011, a Nabi Saleh, correvamo insieme per sfuggire ai soldati. Lui era
paramedico, poi ha lasciato quel lavoro per diventare attivista. È bravissimo,
ha fatto anche training per l’ISM in Italia. Con lui abbiamo simulato un assalto
dei commando israeliani: molto efficace. Poi ho rivisto Ann Wright, ex
colonnello dell’esercito americano, diventata pacifista dopo l’esperienza in
Somalia negli anni Novanta. Con lei avevo già condiviso la Flotilla del 2015:
grandi abbracci.
E adesso cosa vi aspetta?
Sembra che i due velieri arrivati dall’Italia verranno presi in consegna dal
gruppo turco, che almeno ha skipper esperti di vela. Intanto è ufficiale:
partiremo domenica 7. Finalmente ci sarà qualche barca in più!
Laura Tussi