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10 dicembre: testimonianze e flash-mob in tutta Italia
In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Umani le reti di operatrici e operatori della sanità #DigiunoGaza e Sanitari per Gaza lanciano la mobilitazione nazionale per chiedere la liberazione degli oltre 90 sanitari palestinesi detenuti illegalmente nelle carceri israeliane. Le iniziative verranno svolte mercoledì 10 dicembre tra le ore 10 e 19 davanti a e all’interno di ospedali e strutture sanitarie di tutta Italia. LA SANITÀ NON SI IMPRIGIONA I sanitari palestinesi ancora detenuti nelle prigioni israeliane sono circa 94, lo scorso ottobre Israele ne ha liberati 55 in seguito all’accordo di cessate il fuoco. La loro età media è 38 anni, 80 provengono da Gaza e il resto dalla Cisgiordania e sono 17 medici, 30 infermieri, 14 paramedici, 15 dirigenti e impiegati amministrativi, 2 farmacisti e 1 tecnico sanitario. Nell’ultimo report di Healthcare Workers Watch sono riportati i loro nomi e informazioni su di loro e sulla loro detenzione. Ricordiamo che il personale sanitario palestinese ha pagato un costo altissimo nel genocidio compiuto dall’esercito israeliano: sono oltre 1.700 i sanitari palestinesi uccisi in questi due anni (qui l’elenco). La più grande strage di personale sanitario mai registrata in questo secolo. Chiediamo al personale sanitario di tutta Italia di mobilitarsi mercoledì 10 dicembre per manifestare la propria solidarietà ai colleghi palestinesi illegalmente imprigionati e chiedere al governo, alle istituzioni sanitarie e scientifiche italiane che si attivino al più presto per ottenere da Israele la liberazione immediata dei sanitari palestinesi illegalmente imprigionati dal governo israeliano. Tra loro il pediatra Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan nella Striscia di Gaza, arrestato nel dicembre 2024 dall’esercito israeliano, ancora detenuto senza nessuna accusa formale e sottoposto a “condizioni estreme di fame, tortura e isolamento”, come tutti i sanitari palestinesi incarcerati. Ecco le azioni previste per mercoledì 10 dicembre a cui sono invitati a partecipare tutti gli operatori e le operatrici del sistema sanitario, e non solo: * indossare su camici e divise i cartellini con i nomi e le foto dei sanitari palestinesi detenuti (scarica i cartellini, stampali a colori e distribuiscili tra colleghe e colleghi) e continuiamo ad indossarli fino a che non saranno liberati; * all’interno o all’esterno degli ospedali esporre i poster per tutta la giornata; * postare foto e video sui social-media, sempre con la ‘parola chiave’ #LiberiTutti; * tra le 10 e le 19 organizzare flash mob davanti a ospedali e strutture sanitarie di tutta Italia con i poster (scarica i poster e stampali a colori) e con cartelli che chiedono il rilascio dei sanitari palestinesi  detenuti; * scattare foto del flash mob e pubblicarle sui social-media con la ‘parola chiave’ #LiberiTutti; * partecipare alla maratona online “Una giornata di lavoro e solidarietà per Gaza” che si svolgerà dalle ore 17 sul canale Youtube @digiunogaza con collegamenti dagli ospedali di tutta Italia e durante la quale verrà lanciata la raccolta fondi a sostegno dell’ospedale Emergency di Al-Qarara, nella striscia di Gaza. Sono già 31 gli ospedali che parteciperanno alla mobilitazione: Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio le regioni con il numero più alto di ospedali coinvolti, ospedali in Lombardia, Campania, Liguria, Umbria, Puglia, Trentino-Alto Adige e altri potrebbero aggiungersi nei prossimi giorni. In alcuni la mobilitazione si estenderà per tutta o parte della giornata e vedrà, oltre ai flash mob, altre iniziative. Ad esempio, a Trento, oltre a due flash mob alle 13 e alle 17, è prevista all’interno dell’ospedale S. Chiara una mostra sui sanitari palestinesi detenuti e la doppia proiezione del film Gaza: doctors under attack alle ore 17.30 e alle 19.30 presso l’Auditorium dell’ospedale. Promossa da personale sanitario delle reti #DigiunoGaza e Sanitari per Gaza la giornata “La sanità non si imprigiona” è aperta alla partecipazione di cittadine, cittadini, associazioni e movimenti. Chiunque voglia organizzare presso il proprio ospedale un flash mob o altre iniziative per i sanitari palestinesi detenuti trova indicazioni e materiali utili a questo link (è importante comunicare sede e orario scrivendo a digiunogaza@gmail.com). Redazione Italia
Luci per Gaza davanti all’ospedale San Michele di Cagliari
Ieri sera, davanti all’Ospedale San Michele di Cagliari, le luci hanno brillato per Gaza. Alla stessa ora, anche al Policlinico universitario di Monserrrato nella città metropolitana. Uno dei tanti flashmob davanti ai 21 ospedali della Sardegna. Sono le ore 20:00 del 2 ottobre 2025 e in tanti ci siamo incontrati qua, davanti all’ingresso del più grande ospedale della Sardegna, ci  apprestiamo ad una sera molto particolare. Tra pochi minuti leggeremo i nomi di 1677 operatori sanitari assassinati a Gaza, nella striscia omonima in Palestina, ci siamo organizzati seguendo la richiesta avanzata in tutta l’Italia da #digiunoGaza che fa parte della rete creata da BDS Italia che da anni informa e invita a boicottare le aziende che alimentano lo Stato d’Israele, oltre alle navi anche italiane caricano merci ed  armi sempre per i porti israeliani. C’e da aggiungere che il triste elenco degli ammazzati è stato preparato a luglio e si dovrebbero aggiungere almeno altre cinquanta persone che hanno perso la vita mentre cercavano salvare la vita di tanti palestinesi, feriti, mutilati, destinati ormai lo sappiamo troppe volte a morire assieme ai tanti normali ammalati che continuano ad essere presenti in una popolazione di quasi 7 milioni di abitanti di questa terra martoriata, a causa del blocco quasi totale di farmaci, anche salvavita ed oncologici che circonda la Striscia di Gaza. Introduce Giancarlo Nonis, del gruppo che ha promosso questo evento: «Buonasera a tutte e tutti, e grazie di essere qui stasera. Stasera siamo di fronte a questo Ospedale, e siamo insieme a migliaia di altri colleghe e colleghi, cittadine e cittadini, in tantissimi altri Ospedali d’Italia (circa 230). Siamo dove è giusto essere in questo momento tragico della storia, uniti da un filo che attraversa il dolore e la distanza, per chiedere che si fermi il genocidio del popolo palestinese. Siamo accanto alle donne ed agli uomini della Global Sumud Flottilla, e diciamo loro grazie, grazie per la vostra impresa coraggiosa, disarmata, umanitaria e politica, capace tra le altre cose di mettere a nudo le ipocrisie e le complicità dei governi – come il nostro Governo – che sostengono i crimini di Israele. Come sanitarie e sanitari, sappiamo che non esiste neutralità davanti alla distruzione deliberata di ospedali e vite. Difendere la salute significa difendere l’umanità. Il nostro dovere è “prendere parte”: la nostra parte è quella della cura, del diritto alla vita e della difesa dell’umanità. Sappiamo che le palestinesi e i palestinesi sanno di noi, e nelle nostre mobilitazioni trovano forza e speranza. Siamo visibili ai loro occhi e siamo la loro voce che li libera dall’isolamento imposto da Israele. Sanno che qui, a molti chilometri di distanza, c’è chi non si arrende all’indifferenza. Conoscono tutte le nostre proteste, anche quelle che i media silenziano. Noi non accettiamo di “normalizzare” un genocidio. Non saremo mai complici in questo. E non ci fermeremo. Siamo un movimento pacifico, intrecciato e solidale con tutte le altre mobilitazioni che dalle scuole ai porti, dalle università agli ospedali, per terra e per mare, ha un unico obiettivo: pace e giustizia per la Palestina. A Gaza se sei una operatrice od operatore del sistema sanitario sei preso di mira deliberatamente: mentre parliamo, 361 sanitarie e sanitari palestinesi sono detenute senza processo nelle carceri israeliane. Le testimonianze raccolte parlano di torture, violenze, uccisioni. Li ricordiamo, tutte e tutti, e premiamo perché vengano liberati alpiù presto. Questa sera, con la lettura dei nomi delle nostre colleghe e dei nostri colleghi uccisi a Gaza, illumineremo questa notte e faremo luce sulla Palestina. Li porteremo con noi, come parte viva della nostra coscienza collettiva e motivo del nostro impegno per una pace giusta in Palestina. A questo punto si chiede alle persone presenti, almeno un migliao, di accendere le luci. Si dà lettura dei nomi delle operatrici e degli operatori sanitari uccisi sulla Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023 fino ai nostri giorni; ogni nome è seguito dalla data di morte e dalla mansione (medico/a, infermiere/a, tecnico, ausiliario, ecc.). L’ascolto è profondo e commosso. Segue la lettura di alcune testimonianza da Gaza: «A Gaza non è più raro incontrare qualcuno che è l’unico sopravvissuto della propria famiglia. Intere famiglie spazzate via, lasciandosi alle spalle un madre sola senza i suoi figli o un bambino senza genitori, fratelli o casa. E cosa si può dire di quel dolore? Non si può misurare, non si può paragonare, il grido di una madre è insopportabile quanto il silenzio di un bambino. Il dolore è infinito e appartiene a tutti qui» (Dr. Victoria Rose, chirurga britannica). «I palestinesi vivono nella condizione eterna in cui l’oggi è pericoloso e il domani non esiste. Non sanno neppure se riusciranno a passare la notte, le loro case sono tende precarie, sporcizia, caldo e freddo. Magari sono già sfollati e scappati più volte da altre città. Ci chiedono di parlare, ne hanno bisogno. Ci dicono: come posso io raccontare la mia storia a un altro palestinese che magari ha il mio stesso vissuto o anche peggio? Tutti hanno bisogno di parlare» (Davide Musardo, Medici Senza Frontiere). «Con tutti i miei anni di esperienza, a vivere e lavorare nelle guerre di gaza non avevo mai visto nulla di simile. I pazienti muoiono in attesa, muoiono di infezioni, muoiono per complicazioni che sarebbero facilmente curabili in qualsiasi altro posto. Medici e infermieri crollano a terra durante i turni a causa della fame e della mancanza di cibo. Stiamo assistendo al fallimento della medicina non perché non possa aiutare ma perché le viene tolto il respiro». (Mohammed Abu Mughaisib, Medici senza frontiere). «Non credo di aver mai provato una tale sensazione di disperazione, sapendo che potremmo salvare vite umane se solo avessimo abbastanza rifornimenti. L’unica cosa che ci permette di andare avanti è sapere che i nostri pazienti hanno bisogno di noi, e che se smettessimo di lavorare, morirebbero. È più sofferenza che resilienza, ma come operatori sanitari abbiamo ignorato i nostri stessi traumi. Quando la guerra finirà, dovremo tutti affrontare la realtà di ciò che abbiamo visto e perso, e di ciò che non può essere cancellato» (Sohaib Safi, vice consulente medico del progetto di MSF a Gaza). Foto di Giancarlo Nonis Infine, si sono succeduti interventi spontanei di operatrici e operatori sanitari e di altre persone che hanno accolto la chiamata a riunirsi davanti a un ospedale e far brillare delle luci per Gaza, a tenere accesa l’attenzione sul genocidio che si sta compiendo e chiedere a gran voce di porre fine allo sterminio di un intero popolo. Redazione Sardigna
La Rete Nazionale Sanitari per Gaza appoggia da remoto la Global Sumud Flotilla
Anche la Rete Nazionale Sanitari per Gaza, una realtà che esiste e resiste ormai da 21 mesi,  per prestare la propria voce ai colleghi di Gaza, vuole dare il suo contributo col supporto da remoto, alla Global Sumud Flotilla. Tanti specialisti a disposizione per consulenze 24 ore su 24,  una gara di solidarietà nei confronti della flotilla e del popolo palestinese che dovrebbe far riflettere i governi tutti. È proprio vero che hanno cercato di nascondere quello che succede a Gaza, e la prova è data dell’impossibilità per i giornalisti internazionali di avere i permessi (da Israele) di entrare o avvicinarsi alla Striscia; invece tutto il mondo, o meglio tutti i popoli del mondo sono diventati palestinesi e nessuno permetterà che la Palestina scompaia. Con questo sostegno globale, nonché coi portuali di Genova che hanno annunciato  il blocco dei  porti e degli scambi commerciali, a cui si aggiungeranno altri lavoratori, sarebbe opportuno che Israele e tutti i governi complici si diano una regolata. Minacciare di arrestare e trattare come terroristi gli equipaggi della Global Sumud Flotilla non è stata una buona mossa. Anzi, gli si sta ritorcendo contro, come è giusto che sia. Noi come sanitari abbiamo il dovere di stare dalla parte giusta della storia e quando ormai 80 anni fa si era detto mai più,  ancora di più oggi ribadiamo mai più per nessuno. Rete Nazionale Sanitari per Gaza Redazione Italia