Massimo Carnevale / L’incubo di un tempo di mezzo
In una metropoli futura dove la pioggia martella costantemente l’asfalto dei
palazzi che chiudono il cielo in una presa asfissiante, il senzatetto Thomas
Frears viene investito da due criminali in fuga. Un’ambulanza lo raccoglie in
tempo ma ciò non significa per lui buone notizie. Non è il pronto soccorso la
sua destinazione, ma un laboratorio in cui il suo corpo sarà impiegato per
ospitare il dottor Saroyan, uno degli scienziati più brillanti al mondo,
attualmente in fin di vita. Peccato che il dottore, per rimandare la sua morte
fino a quel momento, si iniettasse un composto a base di DNA di topo. Ciò fa sì
che il corpo di Frears, che contiene la sua coscienza insieme a quella di
Saroyan, si trasformi in un ibrido umano-animale che si lancia in una fuga
disperata inseguito da vigilantes e polizia. I due dovranno sopravvivere
nonostante tutto in un mondo dove per loro sembra non esserci posto.
Massimo Carnevale e Lorenzo Bartoli sono due nomi illustri del fumetto italiano.
Il primo, dopo una carriera su riviste storiche come Skorpio, Lanciostory e
Martin Hel, si è fatto un nome oltre oceano lavorando per marchi come Vertigo e
Darkhorse disegnando per Y: L’ultimo uomo, Northlanders e tanto altro. Il
compianto Lorenzo Bartoli, dal canto suo, ha creato serie di successo come
Arthur King, Detective Dante e John Doe.
L’arte di Massimo Carnevale vol.1 – Uomini e Topi, è un corposo volume che
raccoglie, insieme alla serie che gli dà il titolo, la miniserie Il dono di
Eric, la storia di un homeless (e qui cominciamo a vedere una certa ricorsività)
con un dono che lui chiama shining, una forma di psicometria che gli permette di
vedere il passato e talvolta il futuro delle persone collegate agli oggetti che
tocca. Chiudono il volume un gruppo di racconti autoconclusivi.
Le due miniserie presentano una forte unità in termini sia tematici sia
stilistici. Entrambe hanno come protagonisti persone emarginate, in qualche modo
rifiutate dalla società che viene rappresentata con una critica tagliente,
frontale e senza sconti. La città futuribile di Uomini e Topi è il classico
incubo cyberpunk costantemente annegato dalla pioggia e dal cemento in cui gli
interessi dei più forti vengono perseguiti con ogni mezzo a disposizione e il
solo fatto di manifestare un minimo di umanità è un atto di ribellione.
La scrittura di Bartoli è struggente senza esser mai melodrammatica, restituisce
al lettore tutto il dolore della vita senza perdersi in esagerazioni teatrali di
cui non ce n’è bisogno perché basta mescolare un po’ di lucidità all’immaginario
per rendere perfettamente tutta la crudeltà di cui la vita è capace. Anche
l’amore, la cura e l’umanità come forma di resistenza vengono raccontate senza
nulla di smielato, solo come il rifiuto che tutto possa essere semplicemente
freddo e senza pietà, come unica plausibile via se non di salvezza quanto meno
di sopravvivenza insieme.
Visivamente il volume è impressionante e non si fa fatica a capire perché
Massimo Carnevale ora lavori negli USA. Le sue tavole prendono le mosse da
grandi maestri e ne mettono a frutto le lezioni. Ricordano il tratto graffiato
di Bill Sienkiewicz, la tridimensionalità materica di Dave McKean e l’uso della
luce violento e realistico di John J. Muth. Il risultato è il contraltare
visuale dei testi di Bartoli, un mondo narrativo cupo in cui la vita prova a
trovare la sua strada e lo fa con un vigore violento, fatto di strappi
rappresentati dai tagli netti di luce che rischiarano di colpo gli ambienti bui
dipinti da Carnevale che utilizza il colore in maniera complementare alla
sceneggiatura, in ottemperanza a una concezione di fumetto come arte sinergica e
totale in cui diverse discipline concorrono alla realizzazione di una fusione
che è maggiore della semplice somma delle parti.
Uomini e Topi è il fumetto di un tempo di mezzo, che aveva già cassato le
speranze in una società futura giusta ma ancora aveva gli strumenti per
esprimere quella rabbia nichilista tutta cyberpunk che piano piano, nel
presente, sembra scemare ogni giorno che passa.
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