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Euromissili 2026, la Germania riceverà i nuovissimi Dark Eagle americani e saranno ipersonici
Ritorna in forma nuova lo spettro che Reagan e Gorbaciov cancellarono alla fine degli anni Ottanta. Fra pochi mesi infatti potrebbe essere compiuto un passo verso l’abisso, con il dispiegamento in Germania dei missili ipersonici Dark Eagle e simmetrica dislocazione degli Oreshnik russi. Durante un incontro con i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa presieduto da Vladimir Putin, il Ministro della Difesa russo Andrei Belousov ha pubblicamente richiamato l’attenzione sul possibile schieramento, da parte degli Stati Uniti, di sistemi missilistici a medio raggio come il Dark Eagle sia in Europa che nella regione Asia-Pacifico. Belousov ha manifestato la convinzione che gli Stati Uniti intendano rendere operativo il missile ipersonico Dark Eagle entro la fine del 2025, con successivo dispiegamento in Germania nel corso del 2026. Secondo le sue dichiarazioni pubbliche, riportate anche dalla stampa e dall’agenzia Tass, il missile Dark Eagle, grazie a una velocità superiore a Mach 5 e una gittata di oltre 5.000 km, potrebbe colpire obiettivi nella Russia centrale in sei-sette minuti dal territorio tedesco. La Russia interpreta la possibile presenza permanente di questi sistemi sul suolo tedesco come una minaccia diretta, assimilabile a una nuova corsa agli armamenti a medio e corto raggio. Di conseguenza, il governo russo ha annunciato di aver sospeso la moratoria sul dispiegamento di missili a medio e corto raggio sul proprio territorio. Queste informazioni sono state riportate da testate nazionali e agenzie specializzate. L’eventuale schieramento del Dark Eagle in Germania è dunque attualmente un tema dibattuto e ritenuto credibile dai media russi e occidentali, anche se la decisione definitiva e la tempistica operativa potrebbero dipendere da evoluzioni politiche e militari tra la fine del 2025 e il 2026. Ritorna in forma nuova lo spettro che Reagan e Gorbaciov cancellarono con il loro storico accordo sugli euromissili alla fine degli anni Ottanta. Oggi con i missili ipersonici (che in pochi minuti possono colpire qualunque città europea o russa) la situazione appare molto più grave di quella di allora. Una crisi non sarebbe gestibile in una manciata di minuti e aumenta esponenzialmente il rischio di una guerra per errore, per un malfunzionamento tecnico o per un malinteso. Il dispiegamento dei Dark Eagle avrebbe un simmetrico dispiegamento degli Oreshnik, i nuovissimi missili ipersonici russi. In un primo tempo gli euromissili che gli USA avevano annunciato per il dispiegamento in Germania nel 2026 erano del tipo cruise (Tomahawk con velocità di 880 km/h). Ora cambia completamente lo scenario. E’ urgente che il movimento pacifista sia informato e si mobiliti. Già da tempo è stata lanciata una raccolta di adesioni a un appello firmato, fra gli altri, da Alex Zanotelli: https://www.peacelink.it/euromissili, ma oggi la situazione sta rapidamente cambiando e il 2026 si sta avvicinando pericolosamente. Ogni passo verso la “sicurezza” europea con i missili ipersonici è un azzardo verso l’abisso. Mai come ora la sicurezza militare deve essere costruita in modo condiviso e concordato, come seppero fare Reagan e Gorbaciov. Note: Il Dark Eagle è progettato e annunciato come sistema per testate convenzionali, non come vettore nucleare. Non ci sono indicazioni pubbliche che il Dark Eagle sia stato progettato e certificato o come vettore di armi nucleari. Le autorità USA lo presentano esplicitamente come arma convenzionale. Tuttavia dal punto di vista tecnico, un vettore per testate convenzionali in teoria potrebbe essere adattato per testate nucleari. Va tuttavia aggiunto che velocità ipersonica, accelerazioni, vibrazioni, riscaldamento aerodinamico, decelerazioni al rilascio — tutto questo influisce su sicurezza e funzionamento della testata. Pertanto l’introduzione di una capacità nucleare su un nuovo vettore richiederebbe test estensivi (che coinvolgono prove e infrastrutture) e la dimostrazione della sicurezza.   Anna Polo
«Valentina, mi vergogno del mio Paese!» – Lettera di un tedesco a una babushka ottantaquattrenne russa
A 80 anni dalla fine della guerra, la Germania si sta nuovamente preparando alla guerra. E ancora una volta l’obiettivo è la Russia. Ho colto questa occasione per scrivere a una mia amica russa anziana – i nomi e i luoghi sono stati resi anonimi – nata poche settimane dopo l’invasione tedesca. Ci conosciamo da oltre un quarto di secolo e in questo periodo ci siamo visitati spesso, in Russia e in Germania. Lei rappresenta tutti i miei amici in Russia, anzi, in tutta l’area post-sovietica, compresa l’Ucraina, l’ovest e il Donbass. Valentina, amata babushka (significa nonna o donna anziana in russo, Ndt) al quarto piano del complesso residenziale sovietico in una città di mezzo milione di abitanti nella provincia russa! Ti scrivo con grande preoccupazione e infinita tristezza. 84 anni fa sei venuta al mondo nel momento più sbagliato possibile! Nel bel mezzo della più terribile delle guerre. E siamo stati noi tedeschi a scatenarla. È costata la vita a quasi 27 milioni di cittadini sovietici. Non hai mai conosciuto tuo padre. Era uno dei giovani uomini che sono stati mandati al fronte fin dall’inizio e lì sacrificati. Una tua sorella è morta poco dopo, ancora bambina, di fame e malattie. LA GUERRA Lascio che sia tu a raccontarlo. Quando ci siamo conosciuti alla fine degli anni Novanta, mi hai scritto: > Quando sento la parola “Germania”, la prima cosa che mi viene in mente è “la > guerra”. Ci sono due ragioni per questo. La prima l’ho vissuta in prima > persona. Sono nata nell’agosto del 1941, due mesi dopo l’inizio della guerra. > Avevo tre giorni quando mio padre partì per il fronte, dove morì dopo quattro > mesi. Non ho mai visto mio padre in vita mia, e ho sempre desiderato averne > uno. Era una situazione tipica per tutti i bambini del dopoguerra. Solo pochi > uomini tornarono dal fronte. > > Mia madre mi raccontò degli anni della guerra: nel villaggio dove vivevamo non > c’erano truppe tedesche; rimasero sull’altra sponda del fiume. A 13 chilometri > dal nostro villaggio c’era, e c’è ancora oggi, una stazione ferroviaria molto > grande – direi una delle più grandi del nostro Paese – che i tedeschi > bombardarono. > > Mia madre fu evacuata dal villaggio insieme a tre dei suoi cinque figli (di 6 > e 4 anni e io) a circa 100 chilometri più a est. Viaggiammo in treno, > ovviamente senza comfort né riscaldamento, ma era già inverno. Avevo pochi > mesi e quando i miei pannolini erano bagnati, mia madre se li avvolgeva > intorno al corpo per asciugarli un po’ con il calore del suo corpo. A volte > eravamo costretti a scendere dal treno perché gli aerei tedeschi ci > bombardavano. Ci sedevamo da qualche parte non lontano dal treno, a volte > nella neve, mia madre con noi bambini. Una volta l’aereo volava così basso che > si poteva vedere il volto del pilota. Mia madre raccontava che rideva; > ricordava ancora il suo volto dopo 50 anni. Pensava che fosse un aereo da > ricognizione. Le donne si chinavano sui loro bambini, anche se tutte sapevano > che così facendo non potevano salvarli dalle bombe. Ma tutte le madri sono > così. > > Durante l’evacuazione abbiamo vissuto in un altro villaggio. In quella casa > c’era anche una donna con dei bambini. Non avevano molto da mangiare e poi > siamo arrivati anche noi! Ma il cibo, di solito patate e pane, veniva sempre > distribuito tra tutti quelli che erano in casa. In primo luogo lo ricevevano i > bambini. Siamo rimasti evacuati per alcuni mesi. Avevo altri due fratelli, di > 14 e 16 anni. Sono rimasti nel nostro villaggio e, come tutti i loro coetanei, > hanno dovuto scavare trincee. Durante la guerra, una delle mie sorelle è morta > di fame e malattie all’età di quasi cinque anni. > > Anche dopo la guerra la vita è stata molto difficile. Di giorno mia madre > lavorava nel kolchoz (azienda agraria collettiva sovietica, Ndt.), per lo più > nei campi, a sette chilometri da casa nostra. Di solito faceva il tragitto a > piedi. E di notte cucinava il pane per il kolchoz, potendo tenere > gratuitamente un decimo della produzione. È così che ci ha sfamati tutti. Non > ho quasi mai visto mia madre dormire. A volte, quando ci ripenso, non riesco a > capirlo: come può un essere umano sopportare una cosa del genere? Doveva > essere molto forte. Io, per esempio, non posso dire con certezza se sarei > altrettanto forte. Ricordo ancora che tutti i bambini, nonostante la fame e le > devastazioni, volevano andare a scuola e per lo più studiavano con piacere. E Gennadij, il tuo defunto marito, mi scrisse allora di quel periodo: > Anche dopo la guerra la vita era complicata, soprattutto alla fine degli anni > Quaranta. C’era fame. Mia madre era costretta a macinare la farina dai gusci > dei semi di girasole. Oggi per me è inconcepibile, ma allora mangiavamo > quello. Poiché mia madre non riusciva a frantumare completamente i gusci, > nella farina spesso rimanevano piccoli pezzetti. Tutto ciò che mia madre > cucinava lo mangiavamo con il sangue in bocca, perché questi pezzetti ci > laceravano le gengive. > > Non so perché, ma oggi non associo più la Germania alla guerra. La Germania di > oggi è un paese diverso con una generazione diversa. Ma tutti noi, tedeschi e > russi, dobbiamo trarne le conseguenze e non dimenticarlo. So che gli studenti > tedeschi imparano molto poco sulla guerra durante le lezioni di storia e > alcuni credono fermamente che siano stati solo gli inglesi e gli americani a > vincere la guerra. Non è la strategia migliore nascondere proprio uno dei > fatti più importanti della storia. E ora ancora una volta tu: > Il secondo motivo per cui associo la Germania alla guerra sono i film > dell’epoca sovietica. C’erano sempre film sulla guerra in cui i tedeschi > apparivano disgustosi, rozzi e brutali. Ma direi che ora non odio questo Paese > e i tedeschi. Ora in questo Paese, come in Russia, vive un’altra generazione. > Ci sono ancora persone che hanno vissuto la guerra. Ma non dovrebbero > insegnare l’odio alle generazioni più giovani, bensì raccontare com’era, > affinché i giovani possano trarne le proprie conclusioni. “NON PROVIAMO ODIO” “Non proviamo odio.” – “Oggi in Germania vive una generazione diversa.” – “Non abbiamo combattuto contro i tedeschi, ma contro i fascisti.” – “Non dobbiamo dimenticare; dobbiamo raccontarlo alle giovani generazioni, affinché non si ripeta!” Quante volte ho sentito queste frasi dal 1996! Durante i miei corsi di formazione interculturale per il Goethe Institut e altre organizzazioni tedesche nell’ex Unione Sovietica. A Mosca, a Jelez (regione della Terra Nera), a Kazan sul Volga, a Ufa sugli Urali, a Novosibirsk e a Irkutsk, non lontano dal Baikal. A Minsk e nella provincia bielorussa. Ad Almaty e nella steppa kazaka. A Kiev, a Donetsk e nelle piccole città del Donbass orientale. E sono sempre stato io ad affrontare questo argomento. Mai le mie partecipanti russe, bielorusse, kazake o ucraine. Mai e in nessun luogo sono stato guardato in modo strano perché sono tedesco. Che dono prezioso ci avete fatto. Che grandioso contributo alla civiltà per un mondo più pacifico! (Da noi questo contributo è ancora più sconosciuto dei crimini che i nostri padri e nonni hanno commesso da voi nell’Unione Sovietica). Se solo molte più persone qui in Germania potessero vederlo e apprezzarlo! LA FINE DELLA GUERRA FREDDA Valentina, tu sei una bambina russa della guerra, io sono un bambino tedesco occidentale della Guerra Fredda. Ho assorbito il timore dei russi fin dalla nascita. Per metà della mia vita ho avuto paura della guerra. Una guerra che avrebbe distrutto completamente entrambi gli Stati tedeschi! Quanto ero felice dopo la fine della Guerra Fredda, così positiva per noi tedeschi. (Per voi, per te non lo è stata. È iniziato un periodo difficile, lo so.) Che grandi opportunità politiche si sono aperte per un breve e meraviglioso battito di ciglia della storia mondiale per il nostro comune continente eurasiatico! Si profilava già all’orizzonte un continente di pace e cooperazione per i prossimi cento anni. Michail Gorbaciov, che io ammiro e che tu non apprezzi, nel 1990 a Bonn parlò addirittura di “pace eterna”… Poco più di un decennio fa, noi tedeschi eravamo il secondo popolo più amato in Russia dopo quello bielorusso. E adesso? Noi, “l’Occidente”, abbiamo rovinato tutto! Non abbiamo mostrato abbastanza rispetto nei confronti vostri e del vostro Paese, al quale dobbiamo essenzialmente la fine pacifica della Guerra Fredda e la riunificazione. Negli Stati Uniti hanno subito esultato con sfacciato trionfalismo: “Per grazia di Dio l’America ha vinto la Guerra Fredda!” E poi l’Occidente, ubriaco di vittoria e accecato dall’arroganza, ha sistematicamente ignorato per decenni il vostro bisogno di sicurezza. La colpa principale – la maggior parte del mio Paese non è d’accordo con me su questo – di ciò che sta accadendo ora in Ucraina e di ciò che potrebbe ancora accadere è quindi nostra! (So che preferiresti che non ne parlassi. Non vuoi avere nulla a che fare con la politica. Ma purtroppo la politica si “interessa” a noi! Non possiamo sfuggirle). SI RICOMINCIA… Valentina, ora sei anziana e malata, e tutto sta per ricominciare! I politici e i media stanno letteralmente scatenando una guerra contro il tuo Paese, la Russia. Eppure nessuno di loro ha idea di cosa stia parlando: non sanno più cosa significhi la guerra, ammesso che lo abbiano mai saputo. Hanno perso ogni contatto con la realtà e giocano pericolosamente con i pesi. Il tono diventa ogni giorno più stridente, la data viene continuamente anticipata: 2030, 2029… ora dovremmo aver già alle spalle l’ultima estate di pace… Secondo il nostro Cancelliere federale, che non ne ha mai abbastanza, non siamo già più “in pace” e il nostro Ministro degli Esteri promette che la Russia rimarrà “sempre un nemico”. (La nostra ex ministra degli Esteri, femminista convinta, voleva già “rovinarvi” tre anni e mezzo fa). Ogni giorno ci sono nuove notizie terrificanti sulla cosiddetta guerra ‘grigia’ e “ibrida” che il vostro Paese starebbe già da tempo conducendo contro di noi. Una guerra contro la Russia sarebbe “inevitabile”, “Potrebbe essere stasera”, titolano i media. Farneticano di “capacità bellica” e “potenza di combattimento”. I genitori sono invitati a “sacrificare” i propri figli. Diplomazia e comprensione sono ormai parole offensive! Chiunque sostenga una politica di distensione, chiunque ricordi Willy Brandt ed Egon Bahr, viene sommerso da scherno e derisione. Con il vostro presidente, che per molto tempo ha voluto collaborare con noi, «non si può parlare». Secondo loro, egli capisce solo il «linguaggio della forza». E così hanno avviato – “non importa quanto costa” – un programma di riarmo da miliardi di euro finanziato dal debito pubblico, che porterà noi e i nostri figli alla rovina anche senza una guerra. L’anno prossimo qui saranno nuovamente dispiegati missili a medio raggio che potrebbero colpire anche la tua città. Valentina, mi sento male! E mi vergogno da morire. Non riconosco più il mio Paese. Mai nella mia vita avrei creduto possibile ciò che sta accadendo qui ora! No, la gente qui in Germania non vuole la guerra. Non vuole un’escalation, ma non fa nulla per impedirla! Invece si affanna su mille questioni secondarie. I nostri politici, che non ho votato, e i nostri media mainstream, che scrivono tutti la stessa cosa, glielo hanno martellato nella testa per anni e ha funzionato: ora hanno più paura del vostro presidente che di una guerra che, nel peggiore dei casi, potrebbe trasformarsi in una guerra nucleare. Valentina, 84 anni fa sei venuta al mondo nel bel mezzo della più terribile delle guerre – e in che modo raccapricciante la tua vita sta ora volgendo al termine! NON VI CONSIDERERÒ MAI NEMICI! Ci può essere solo una conseguenza: noi, le cosiddette persone comuni di tutti i paesi, dobbiamo ora restare uniti. Non dobbiamo permettere che ci rendano nuovamente nemici e ci mettano gli uni contro gli altri. Valentina, oltre 35 anni fa, nell’autunno del 1988, ho organizzato con alcuni amici un viaggio di pace e riconciliazione nell’Unione Sovietica: a Minsk, Mosca e Leningrado. Volevamo vedere con i nostri occhi e sentire con le nostre orecchie quali crimini i tedeschi avevano commesso contro la popolazione locale durante la seconda guerra mondiale. A Chatyn, in Bielorussia, nel cimitero che ospita 186 villaggi bielorussi dati alle fiamme, abbiamo incontrato spontaneamente persone provenienti dalla Siberia e abbiamo chiesto loro perdono a nome di tutti i cittadini sovietici. E lì, noi tedeschi e russi, abbiamo potuto solo piangere insieme in modo straziante! Noi, perfetti sconosciuti, ci siamo abbracciati. Da allora, e forse anche prima, ho impresso nel mio DNA che questo non deve mai più ripetersi! Noi esseri umani, che viviamo in Russia, Germania o Ucraina (occidentale e Donbass), apparteniamo tutti allo stesso mondo. Non siamo sulla terra per ucciderci a vicenda e distruggere il nostro prezioso e unico pianeta. Mai, cara babushka della provincia russa, considererò te e i tuoi connazionali dei nemici! La guerra deve finire, la corsa verso l’abisso deve essere fermata il più rapidamente possibile. Dobbiamo tutti imparare di nuovo a rispettarci, ad ascoltarci, a perdonarci. Prima o poi, in un futuro che speriamo non troppo lontano, i nostri paesi dovranno tornare ad essere amici. Per i nostri figli e nipoti. Abbiamo solo questa opzione per il futuro! Farò tutto il possibile per questo. Ogni giorno. Finché ci sarò. Te lo prometto. -------------------------------------------------------------------------------- Questo articolo è stato ripreso da Pressenza per gentile concessione di Globalbridge. La sua diffusione è consentita solo con l’esplicito consenso di globalbridge.ch. -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dal tedesco di Thomas Schmid con l’ausilio di traduttore automatico. Pressenza Berlin
Violenza brutale della polizia tedesca contro la manifestazione “Disarmare Rheinmetall”
> Dopo giorni di proteste resistenti, fantasiose e illuminanti da parte dei > campi di protesta di Colonia “Rheinmetall Entwaffnen”(Disarmare Rheinmetall) > contro la politica bellica tedesca, la manifestazione conclusiva con oltre > 3000 partecipanti è stata attaccata dalla polizia fin dall’inizio. > (Rheinmetall è la maggiore industria bellica tedesca produttrice di armi da > fuoco, N.d.t). Tutto è iniziato con provocazioni come il blocco ripetuto e immotivato del corteo. Già all’inizio la polizia ha impedito al corteo di partire per circa un’ora. Le provocazioni sono proseguite con azioni violente contro singole persone che, a causa del loro abbigliamento, sono state accusate di essere mascherate. Inoltre, c’è stato il tentativo di separare il blocco rivoluzionario anticapitalista. “Poco prima delle 18, la polizia ha nuovamente fermato la manifestazione e ha attaccato il blocco rivoluzionario posteriore con pugni e spray al peperoncino per separarlo dal resto del corteo. Ci sono diverse decine di feriti”. Alla fine, il blocco è stato illegalmente circondato per ore. Il camion con l’altoparlante è stato preso d’assalto e perquisito. Nel frattempo sono state chiamate sempre più unità di polizia. Anche un idrante e un carro armato sono stati portati sul posto. Le squadre d’assalto della polizia hanno continuato ad avvicinarsi con la forza alle persone circondate trascinando via arbitrariamente singoli individui. Hanno letteralmente condotto una “guerra contro gli oppositori della guerra”! Questi ultimi però hanno resistito e non si sono lasciati dividere. Gli abitanti di Colonia sono arrivati e hanno mostrato la loro solidarietà. È stato negato l’accesso all’osservatrice parlamentare. Anche i passanti e i residenti che volevano fornire acqua alle persone intrappolate sono stati molestati dalla polizia. L’assistenza medica a persone gravemente ferite è stata ostacolata in modo mirato. Non è solo una violazione dei doveri, ma semplicemente un disastro. Il servizio medico di emergenza è stato in servizio senza sosta fino alle prime ore del mattino. Il numero totale dei feriti è “nell’ordine delle centinaia”. Alcuni hanno dovuto essere ricoverati in ospedale. L’accerchiamento è durato per 8 ore. E questo nonostante numerose sentenze dei tribunali che dichiarano illegale l’accerchiamento dei manifestanti. In tarda serata e fino a dopo mezzanotte si sono svolte delle manifestazioni di solidarietà. Ma anche queste sono state ostacolate e disperse dalla polizia. L’identità delle persone circondate è stata sistematicamente registrata. Già durante il giorno la polizia aveva filmato l’intero corteo. La manifestazione era e rimaneva pacifica. Non c’era nulla – se non futili motivi e misure di protezione per la propria incolumità fisica – che potesse giustificare anche solo lontanamente una tale violenza da parte della polizia. La polizia di Colonia aveva cercato in precedenza di vietare l’intera protesta contro la guerra organizzata da “Rheinmetall Entwaffnen”, ma ha dovuto revocare il divieto a causa di una sentenza del tribunale. Volevano ora dimostrare, attraverso le loro provocazioni, che questa protesta non era pacifica? Secondo questa narrativa, non sono i guerrafondai ad essere violenti, ma coloro che si oppongono con la disobbedienza civile alle politiche di morte e distruzione. Oppure, su incarico indiretto e “non dichiarato” dell’industria bellica tedesca e dei sostenitori della guerra, si vuole scoraggiare definitivamente gli oppositori di queste politiche – in particolare gli anticapitalisti tra loro – dal protestare? Si può anche dirlo in modo più esplicito: “Agli oppositori della guerra, soprattutto a quelli che prendono di mira il potere e il profitto delle grandi aziende, deve essere spezzata la spina dorsale”, con totale disprezzo dei diritti fondamentali come il diritto alla libertà di riunione o all’integrità fisica. Molti dei partecipanti ritengono che entrambe le ragioni abbiano un ruolo. Gli oppositori della guerra si sono dimostrati più resistenti del previsto, “non così codardi e depravati come i poliziotti che li maltrattano”. “Germania, stai scivolando sempre più a destra. In prima linea, la polizia!” Protestate e dichiarate la vostra solidarietà! Condanniamo con indignazione il comportamento della polizia di Colonia. I manifestanti hanno reagito con assoluta disciplina agli attacchi brutali, che non possono essere giustificati in alcun modo. Hanno difeso con coraggio il diritto di lottare per un mondo senza egemonia e senza guerre! Forum Gewerkschaftliche Linke Berlin (Forum della sinistra sindacale di Berlino) di Peter Vlatten La polizia interviene con estrema violenza contro le persone intrappolate nel cordone. Pugni e calci anche a chi giace a terra. #RheinmetallEntwaffnen -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dal tedesco di Thomas Schmid. Forum Gewerkschaftliche Linke Berlin