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“Le armi o la vita”. A Roma assemblea dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale
“La crisi climatica è una questione sociale, globale e morale. È una minaccia per la vita umana e per il pianeta”. Con queste parole, Papa Francesco ha più volte denunciato l’urgenza di un cambiamento radicale, chiamando i governi e le società civili a una responsabilità condivisa. In questo spirito, lunedì 8 settembre, la Casa della Solidarietà “Stefano Rodotà” di San Lorenzo ospiterà l’assemblea “Le armi o la vita”, promossa dalla Rete dei Numeri Pari e da numerosi movimenti italiani e internazionali. L’iniziativa si inserisce nel percorso di convergenza verso la COP30, che si terrà a Belém, in Amazzonia, nel 2025. Un appuntamento cruciale per i movimenti climatici e sociali del Sud globale e non solo, in un contesto segnato da guerre, disuguaglianze e devastazione ambientale. Sharon Lavigne: la lotta contro il razzismo ambientale Ospite d’eccezione dell’assemblea sarà Sharon Lavigne, attivista afroamericana e fondatrice di RISE St. James, organizzazione nata per contrastare l’espansione dell’industria petrolchimica nella “Cancer Alley” della Louisiana, una delle aree più inquinate degli Stati Uniti. Ex insegnante di educazione speciale, Lavigne ha fondato RISE nel 2018 nel salotto di casa sua. Da allora ha guidato una mobilitazione che ha portato alla cancellazione di un impianto da 1,25 miliardi di dollari della Wanhua Chemical Group. Oggi è impegnata contro il progetto da 9,4 miliardi della Formosa Plastics, che minaccia di aggravare l’inquinamento e profanare cimiteri di schiavi afroamericani. Per il suo impegno ha ricevuto il Goldman Environmental Prize nel 2021, la Laetare Medal nel 2022 ed è stata inserita tra le TIME100 nel 2024. “Mi dicevano: ‘È una battaglia persa’. Ma questo mi ha dato la forza di combattere”, ha raccontato. Madre di sei figli e nonna di dodici nipoti, Lavigne è oggi una delle voci più autorevoli contro il razzismo ambientale e per la giustizia climatica. Un’assemblea per costruire convergenze L’assemblea vedrà la partecipazione di attivisti, reti territoriali, comitati e realtà sociali impegnate in Italia e nel mondo. Sarà un momento di confronto e proposta, per rilanciare un’agenda comune che metta al centro la difesa della vita, della terra e dei diritti. “Le armi o la vita” non è solo uno slogan, ma una scelta politica e morale. In vista della COP30, Belém diventa il simbolo di una sfida globale: quella di costruire un futuro giusto, libero dalla violenza e dalla devastazione ambientale. A parlare saranno anche gli attivisti italiani, impegnati nelle lotte contro le grandi opere inutili, l’estrattivismo, la militarizzazione dei territori e la negazione dei diritti sociali. “Non possiamo parlare di transizione ecologica senza giustizia sociale”, ha più volte denunciato Stop Rearm Europe. “La COP30 deve essere un’occasione per dare voce ai territori, alle comunità resistenti, a chi ogni giorno difende la vita contro gli interessi delle multinazionali e dei governi complici. “L’incontro con Sharon Lavigne ci ricorda che la giustizia climatica è anche giustizia razziale, storica e culturale: dalla Louisiana a Gaza, dalla Sicilia all’Amazzonia, le lotte sono interconnesse. E Roma deve essere parte di questa convergenza globale” Rete #NOBAVAGLIO