Team della Ocean Viking bloccato a bordo per protocolli sanitari inadeguati
Dopo l’attacco armato, il personale della Ocean Viking è ancora bloccato a bordo
a causa di protocolli anti-tubercolosi lunghi e inadeguati.
Lunedì 25 agosto, la Ocean Viking, la nave di ricerca e soccorso di SOS
MEDITERRANEE, noleggiata in collaborazione con la Federazione Internazionale
della Croce Rossa (FICR), ha sbarcato 87 sopravvissuti ad Augusta, in Sicilia.
Da allora, alla nave è stato ordinato di rimanere all’ancora fuori dal porto. 34
persone, tra cui 25 tra personale di SOS MEDITERRANEE e della FICR, nonché 9
membri dell’equipaggio, sono rimaste bloccate a bordo e non è stato ancora loro
permesso di scendere a terra o di ricevere l’assistenza essenziale richiesta.
Durante lo sbarco, un sopravvissuto, un minore non accompagnato, è stato messo
in isolamento dall’USMAF (le autorità sanitarie italiane responsabili della
valutazione sanitaria all’arrivo) e sottoposto a test per la tubercolosi (TBC),
con esito positivo. Il caso era stato precedentemente identificato dal personale
medico di SOS MEDITERRANEE-IFRC a bordo, che aveva attivato la procedura di
isolamento, come previsto dalle nostre linee guida mediche, e aveva indirizzato
il paziente alle autorità sanitarie italiane per il follow-up medico all’arrivo.
Di conseguenza, le autorità sanitarie italiane non hanno concesso la “libera
pratica” alla MV Ocean Viking, una dichiarazione necessaria per consentire
all’equipaggio di sbarcare a seguito della certificazione di esenzione da
malattie infettive della nave da parte delle autorità sanitarie competenti.
Mercoledì 27 agosto, il personale sanitario italiano è salito a bordo della nave
alle 11:19 per sottoporre tutti i membri dell’equipaggio al test di Mantoux
(test cutaneo alla tubercolina). I risultati del test di Mantoux sono
disponibili tra le 48 e le 72 ore e sono attualmente attesi tra venerdì 29
agosto e sabato 30 agosto. I soggetti vaccinati con il vaccino BCG potrebbero
presentare una reazione positiva; in tali casi, l’USMAF ci ha informato che i
soggetti con risultati positivi saranno sottoposti a radiografia del torace per
escludere un’infezione attiva.
Siamo profondamente preoccupati per questa situazione, poiché la logica di una
procedura così prolungata rimane poco chiara e incoerente con gli standard
medici internazionali sulla prevenzione e il trattamento della tubercolosi. Il
sopravvissuto è stato immediatamente isolato a bordo dal nostro equipaggio,
riducendo al minimo le interazioni e utilizzando sempre i DPI, prima di essere
indirizzato all’USMAF come da prassi consolidata.
I test di Mantoux sono stati eseguiti meno di 96 ore dopo il primo contatto, un
lasso di tempo in cui l’infezione non può essere rilevata. Le linee guida
internazionali, come gli Standard dell’Unione Europea per la Cura della
Tubercolosi (ESTC), riconoscono che il test cutaneo eseguito immediatamente dopo
l’esposizione è privo di significato dal punto di vista medico, poiché la
risposta immunitaria diventa rilevabile solo settimane dopo. Inoltre, il test è
stato applicato universalmente piuttosto che in base al rischio effettivo: prove
scientifiche e linee guida della European Respiratory Society (ERS) e dell’ECDC
dimostrano che una trasmissione significativa richiede un’esposizione prolungata
e non protetta, cosa che non si è verificata in questo caso.
Ciononostante, il nostro equipaggio rimane confinato a bordo. Secondo le linee
guida dell’OMS, l’isolamento o la quarantena sono giustificati solo per le
persone con tubercolosi infettiva attiva o con contatti realmente ad alto
rischio, e devono sempre rappresentare la misura meno restrittiva
possibile. L’attuale confinamento manca quindi sia di giustificazione medica che
di fondamento etico.
I nostri sforzi rimangono concentrati sul supporto al nostro team a bordo della
nave, anche da remoto, mentre affrontano questa situazione, insieme al trauma in
corso a causa del recente attacco della Guardia Costiera libica. Ciononostante,
il loro rapido sbarco è fondamentale per consentire di accedere all’assistenza
psicologica e garantire il loro trasferimento in un ambiente estraneo alla loro
recente esperienza traumatica. “Dopo che la Guardia Costiera libica ha sparato
al nostro team domenica scorsa, siamo ora costretti a sopportare questo
isolamento ingiustificato a bordo”, dichiara Angelo Selim, coordinatore delle
operazioni di ricerca e soccorso a bordo dell’Ocean Viking. “Questo sta
accadendo proprio nel luogo in cui si è verificato questo incidente
potenzialmente letale, impedendoci di prendere le distanze fisicamente e
mentalmente dall’evento traumatizzante”, conclude.
Redazione Italia