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“Uccidere giornalisti è assassinare la libertà”. Quarant’anni dopo Siani, Napoli e il mondo chiedono verità
Cerimonia al Vomero per ricordare Giancarlo Siani. Le parole di Mattarella e i dati internazionali sui giornalisti uccisi mostrano quanto la sua eredità resti urgente oggi. Sono trascorsi quarant’anni dall’omicidio di Giancarlo Siani, giovane cronista de Il Mattino ucciso dalla camorra la sera del 23 settembre 1985 sotto casa, al Vomero, a soli ventisei anni. A Napoli questa mattina si è svolta una cerimonia davanti al murale che lo raffigura sorridente, in via Romaniello. Studenti, colleghi, associazioni e semplici cittadini hanno voluto ricordare quel volto giovane e quel sorriso che restano oggi simbolo di un giornalismo che non si è piegato al silenzio. La memoria di Siani continua a essere una bussola civile per chi crede nella libertà di informazione come bene comune. Dal Quirinale è arrivato il messaggio più forte. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato che “l’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà, di una parte di noi a cui la comunità non intende rinunciare”. Un’affermazione che supera il confine della memoria italiana e parla al mondo intero, là dove il diritto di raccontare viene messo a tacere con la violenza. Anche le istituzioni parlamentari hanno reso omaggio a Siani. Il Presidente del Senato Ignazio La Russa ha sottolineato che il suo sacrificio resta testimonianza di libertà, verità e impegno civile, mentre l’ex Presidente della Camera Roberto Fico ha parlato di memoria attiva nelle scuole e tra i ragazzi, una memoria che non si limita al rito annuale ma diventa educazione quotidiana e partecipazione civica. Chi era Giancarlo Siani lo sappiamo bene. Era un giornalista precario, pagato a pezzo, ma con il coraggio e la passione di un cronista di razza. Seguiva le vicende di Torre Annunziata e dei clan locali, raccontando le collusioni con la politica ei meccanismi di potere che opprimevano il territorio. I suoi articoli avevano acceso i riflettori su dinamiche che la camorra avrebbe voluto tenere nell’ombra. Per questo fu condannato a morte. La sua penna era diventata più pericolosa delle armi. Ricordare oggi Siani non significa solo rievocare una tragedia italiana, ma riflettere su una condizione che riguarda molti giornalisti anche nel presente. Secondo i dati raccolti da Ossigeno per l’Informazione, ogni anno in Italia centinaia di cronisti subiscono minacce e intimidazioni. La Campania, insieme alla Calabria e alla Sicilia, resta tra i territori più colpiti, a conferma di quanto il giornalismo che tocca gli interessi criminali continua ad essere bersaglio di ritorsioni. Il quadro internazionale è ancora più drammatico. La Federazione internazionale dei giornalisti ha denunciato che nel 2024 sono stati uccisi oltre cento operatori dei media in tutto il mondo, un numero che non si registrava da anni. Più della metà hanno perso la vita a Gaza, nel tentativo di documentare un conflitto che non risparmia nessuno, nemmeno chi ha scelto di raccontare. L’UNESCO parla di almeno 68 giornalisti uccisi in un solo anno e segnala che molti di questi omicidi restano impuniti. L’Ucraina, il Messico, le Filippine e il Sudan completano la mappa delle aree ad altissimo rischio, dove essere reporter significa convivere quotidianamente con la possibilità di non tornare a casa. Il legame tra la memoria di Siani e questi numeri è evidente. Così come la camorra vuole mettere a tacere un giovane cronista che raccontava la verità, oggi tanti governi, eserciti e gruppi armati cercano di eliminare chi porta testimonianza di violazioni e crimini. Ogni giornalista ucciso non è solo una vita spezzata, ma un pezzo di libertà sottratto alla collettività. Napoli, con la sua cerimonia di oggi, ha ricordato un figlio che ha pagato con la vita la fedeltà al mestiere. Ma quel sorriso sul murale del Vomero parla anche a Gaza, a Kiev, a Città del Messico, a Manila. È il volto universale di chi crede che la verità, anche quando è scomoda, vada raccontata. E ricordarlo significa scegliere di stare dalla parte di chi usa le parole come strumento di libertà e non come arma di potere. Lucia Montanaro
Venezia per Gaza, presidio davanti alla Rai
Il 24 agosto a Venezia di fronte alla sede RAI regionale, in campo San Geremia, si è svolto il presidio per esigere da un’istituzione pubblica come la televisione Italiana un’informazione corretta. Specialmente riguardo il genocidio in corsa a Gaza è stato denunciato quanto le notizie offerte dal servizio pubblico siano faziose e censurate. Un giornalismo che chiama operazione militare il genocidio in atto, piano di ricollocamento la pulizia etnica e crisi alimentare la fame usata come arma di guerra. A Gaza sono stati uccisi più di 200 giornalisti, ma ai loro colleghi italiani (a parte rare eccezioni) questa non sembra una notizia degna di nota, anzi essi si allineano alla narrativa israeliana che giustifica tali omicidi accusando gli operatori palestinesi dell’informazione di essere terroristi e in quanto tali passibili di esecuzione extragiudiziale. Israele sta insegnando al mondo intero come si uccide la legge e il diritto. Nei numerosi interventi delle sigle aderenti al presidio si è ribadito come la lotta per la libertà del popolo palestinese sia la lotta per la libertà di tutti, e la guerra contro la Palestina sia la guerra contro gli oppressi di tutto il mondo. Al presidio sono state esposte foto dei crimini israeliani a Gaza, cartelli con i prodotti israeliani da boicottare secondo le indicazioni del movimento BDS, inviti alla lotta e all’azione. La partecipazione è stata vivace e sentita e molti passanti si sono fermati e hanno dimostrato solidarietà con il popolo palestinese. In chiusura sono stati lanciati appelli per le prossime iniziative: – Sostenere in ogni modo la Global Sumud Flotilla in partenza a breve per rompere l’assedio di Gaza, – Partecipare sabato 30 agosto alla manifestazione al Lido di Venezia in occasione della Mostra del Cinema. – Prepararsi per la manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma – a due anni dal genocidio Sigle aderenti: Rete No Bavaglio, Comitato 23 settembre, GPI (Giovani palestinesi d’Italia), Tendenza internazionalista rivoluzionaria, Cinema senza diritti, Docenti per Gaza, Sanitari per Gaza, Gruppo Bella Ciao – Cittadini non indifferenti di Quarto d’Altino, Verona per la Palestina, Donne per la Palestina di Vicenza, Ultima generazione, il sindacato SGB, il Coordinamento veneto Sanità Pubblica (CoVeSaP), Gruppo antifascista contro ogni greenpass, Comunità palestinese nel Veneto, Anpi Marcon, Anpi Quarto d’Altino, Global Movement to Gaza – Italia, Rete Internazionale Ebraica Anti-Sionista (IJAN) di Londra e Payday men’s network UK/US), Rete Solidale per la casa. Maria Grazia Gagliardi