Anne Tyler / Ti ricordi quando le persone picchiettavano sull’orologio?
Anne Tyler, scrittrice statunitense vincitrice del premio Pulitzer, è ormai una
penna consolidata in casa Guanda, che quest’anno allarga il proprio carosello di
storie pubblicandone l’ultimo romanzo, Tre giorni di giugno, che arriva in
Italia con una traduzione di Elisa Banfi. Anne Tyler scrive una storia dolce e
delicata, che trattiene il profumo di una vita coniugale interrotta, sospesa
nell’aria come la calda luce del tardo pomeriggio estivo, a metà tra la fine del
giorno e l’inizio della sera.
Gail e Max sono i genitori della sposa, Debbie, in quello che si preannuncia un
matrimonio semplice, senza troppi fronzoli, ma in realtà molto più complicato di
quanto non sembri dall’esterno. Tre giorni di giugno si svolge nell’arco di tre,
lunghe, giornate: la giornata del matrimonio come evento centrale, assieme al
giorno prima e a quello successivo. Gail e Max sono divorzianti da diversi anni
e hanno un buon rapporto, senza l’odio e l’astio che caratterizza tante
separazioni; hanno, anzi, un legame bilanciato che ha messo le fondamenta
nell’affetto che provano l’uno per l’altra. I loro scambi di opinioni sono
attraversati da una vena piuttosto umoristica, che rende l’intero romanzo non
solo davvero piacevole e leggero – lo potete leggere in un sol boccone, come la
sottoscritta – ma molto verosimile, se non quasi realistico. Vi sembrerà di
leggere il ritratto di una coppia sessantenne che ha una vita condivisa alle
spalle, che conosce bene le abitudini l’uno dell’altra, che si sente a proprio
agio in compagnia della persona che hanno conosciuto ormai molto tempo addietro
– quasi come se questa coppia la conosceste davvero.
I tre giorni che coprono il matrimonio della figlia sono attraversati, come una
scossa, da un presunto tradimento del futuro genero. Un piccolo errore di
comprensione, sembra, o un inciampo prima del matrimonio, forse: questo piccolo
evento scuote la famiglia della sposa, anche se in modi diversi. Mentre Max si
mostra paziente, comprensivo e razionale nei confronti dei confusi sentimenti
della figlia, Gail piomba in uno stato di agitazione e di perentorietà. Il
tradimento non può essere perdonato. O forse le cose possono andare in molti
altri modi, le situazioni avere diverse sfaccettature, le persone reagire
diversamente? Gail e Max sanno bene cosa significa vedere un tradimento
intrufolarsi in una vita coniugale: per loro, questo ha portato verso la strada
del divorzio. Tuttavia, la vita a volte compie giri immensi, prende diverse
svolte, solo per condurre dritti al punto di partenza: invecchiati, con diversi
anni vissuti alle spalle, ma a quel punto di partenza che ha dato il via a
qualcosa che in quei tre giorni Gail e Max si trovano a rivivere, seppur in modo
diverso dall’inizio della loro storia. I legami sanno essere testardi ma non
tutti si arrugginiscono, al massimo allentano la presa.
“Ti ricordi quando le persone picchiettavano sull’orologio, una volta?” chiede
Gail a Max, seduti al tavolo di un ristorante, il giorno dopo del matrimonio, in
quello che doveva essere l’ultimo pasto assieme prima di tornare alle loro vite
separate. Inizia, così, una conversazione sul tempo: picchiettare sull’orologio
per mostrare il ritardo; oppure per vedere se davvero funziona ancora, perché il
tempo sembra non passare mai; oppure, come per magia, picchiettare sull’orologio
per far fermare il tempo, cristallizzato in un momento. Oppure per tornare
indietro nel tempo, come sembra essere successo in quei giorni a Gail e Max,
solo con più consapevolezza di sé.
Tre giorni di giugno è scritto con dolcezza e delicatezza, accompagnato da una
scrittura fluida che empatizza con i personaggi di una storia fatta di
semplicità, come sa essere semplice e tranquilla la quotidianità di due vite,
che forse si sono appena ritrovate dopo le molteplici svolte dell’esistenza.
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sull’orologio? proviene da Pulp Magazine.