Un giorno l’occupazione finirà, perché regimi come questo sono insostenibili
Un giorno l’occupazione finirà perché regimi di questo tipo non sono
sostenibili, sono destinati a cadere perché i regimi di repressione, quasi per
definizione, sono instabili.
Il 6 novembre scorso, in collaborazione con la Heinrich Boll Foundation, il
quotidiano israeliano Haaretz ha tenuto a Berlino un’importante conferenza che
ha visto avvicendarsi sul palco i più bei nomi del giornalismo ‘di sinistra’
israeliano, oltre a varie personalità della politica e della società civile,
dall’ex Primo Ministro israeliano Ehud Olmert, a Nasser Al-kidwa (ex Ministro
degli Esteri della Palestina, affiliato al Comitato Centrale Fatah); da Ayman
Odeh (Presidente del Partito Hadash) a Raluca Ganea (Direttrice del movimento
Zazim).
Tra i tanti interventi che potete rivedere nella registrazione integrale qui, mi
ha particolarmente colpito quello di Michael Sfard: ex riservista convertito
all’obiezione di coscienza, nipote del sociologo Zygmunt Bauman e soprattutto
avvocato e attivista politico israeliano specializzato in diritti umani a
livello internazionale e naturalmente locale, spesso chiamato a difendere gli
attivisti delle organizzazioni pacifiste come per esempio Peace Now o Yesh Din,
o anche le comunità beduine in Cisgiordania nelle cause contro l’illegittimità
delle demolizioni o per denunciare l’impunità dei coloni.
Michael Sfard era intervistato dalla giornalista Judy Maltz, esperta di mondo
ebraico in Haaretz.
Ed ecco qui la trascrizione.
JUDY MALTZ:
Benvenuti a tutti in questa conversazione con Michael Sfard, molto noto in
Israele e molto citato anche all’estero, per essersi occupato di numerosi casi
alla Corte Suprema israeliana, sfidando l’occupazione e difendendo il lavoro di
molti gruppi attivi sul fronte dei diritti umani. Vorrei cominciare facendo
riferimento a un pezzo molto forte che hai scritto su Haaretz alcuni mesi fa in
cui dicevi: “noi israeliani siamo parte di una famiglia criminale mafiosa”. Lo
ricordi?
MICHAEL SFARD:
È nel mio sangue.
JM:
In quel pezzo scrivevi che noi tutti israeliani, senza eccezioni, inclusi gli
israeliani di sinistra, gli israeliani che si oppongono al governo, gli
israeliani pro-democrazia, tutti noi siamo complici di crimini di guerra a Gaza.
Mi hai detto che è stato uno dei pezzi più difficili che hai scritto e di pezzi
come questi nei hai scritti parecchi sul nostro giornale.
Michael Sfard inizia ringraziando Haaretz che, in un mondo che ogni giorno che
passa diventa sempre più incomprensibile, gli permette di ritrovare ogni tanto
la bussola. E così prosegue:
Il mio cuore si è spezzato due volte negli ultimi due anni, una volta il 7
ottobre per ovvie ragioni, e poi quando ho capito come il mio paese, come la mia
società si stava vendicando del 7 ottobre e mentre passavano i mesi della guerra
sono arrivato a conclusioni molto dolorose. Una è che noi, lo stato di Israele,
stiamo commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità e verosimilmente
atti di genocidio. E questa non è una intuizione confortevole.
Abbiamo sfollato milioni di persone senza impegnarci di consentire loro di
tornare una volta che le ostilità fossero terminate. Abbiamo affamato
intenzionalmente la popolazione civile. E abbiamo ucciso sproporzionatamente e
indiscriminatamente decine di migliaia di civili, in modi che non possono essere
considerati compatibili con le leggi sulla condotta di guerra e abbiamo fornito
completa impunità ad un’atmosfera di incitamento a commettere crimini di guerra,
crimini contro l’umanità e il genocidio.
Sono coinvolto in molti casi portati alla Corte Suprema e provo a ottenere
almeno in parte che quelle centinaia di figure pubbliche israeliane, politici,
ministri, influencer, artisti, sedicenti giornalisti che incitano a commettere
crimini nella più completa impunità vengano chiamati a risponderne.
Questa è la prima cosa di cui mi sono reso conto, ed ecco la seconda, a partire
da una cosa detta poco fa in questa sala dall’ex Primo Ministro Ehud Olmert a
proposito di quello che sta andando avanti in Cisgiordania: per un attimo ho
pensato che ci fosse qui un nuovo attivista per i diritti umani. (risate dalla
platea) Sono d’accordo con lui per tutto ciò che ha detto, incluso musicalità,
tono e volume. (applausi) Voglio solo aggiungere che la violenza dei coloni è
violenza di stato. La violenza dei coloni riceve il vento in poppa e
l’assistenza dello stato: quante volte coloni e soldati commettono insieme quei
crimini!
E quando arriviamo a parlare di Gaza e delle atrocità che ho capito che la mia
società sta commettendo… ci è voluto un po’ di tempo, ma quando finalmente ho
capito questa cosa è stato come vivere una crisi d’identità. Perché non è solo
Netanyahu o Ben-Gvir o Smotrich o i coloni, che stanno commettendo i crimini che
stanno annientando la striscia di Gaza. L’annientamento di Gaza è un progetto
totalmente israeliano e non abbiamo sentito una parola dai rappresentanti
sindacali degli insegnanti quando tutto il sistema educativo di Gaza è stato
ridotto in macerie.
Non abbiamo sentito niente dall’associazione dei medici quando tutta
l’infrastruttura medica di Gaza è stata annientata. Non abbiamo sentito nulla
dall’associazione degli avvocati quando Israele ha trasformato le sue prigioni
in una catena di strutture di tortura e quando ai prigionieri palestinesi è
stato vietato di ricevere visite dalla Croce Rossa.
Quindi sono arrivato a questa conclusione ed è stata una decisione molto
sofferta. Cosa fa un cittadino per bene quando la sua società è degenerata fino
a questo punto? Scrivere questo pezzo ha coinciso con una profonda crisi
personale perché io non provengo da questi ambiti che vedono in Israele una
grande impresa coloniale che è stata crudele fin dall’inizio, no, io ho una ben
diversa biografia e una visione differente di ciò che è Israele. Così dire in
quel pezzo di opinione che Israele deve essere isolato, che devono essere
attuati boicottaggi mirati in modo che le atrocità vengano impedite… e che i
soldati che si rifiutano la divisa devono essere difesi… per me è stata una cosa
molto dura da scrivere e in effetti mi ci sono volute due settimane prima di
concluderne la stesura, e poi mandarlo in redazione.
[..] JM:
Cosa succede adesso secondo te come giurista dei diritti umani? Poche settimane
fa è stato dichiarato un cessate il fuoco che sta più o meno tenendo ma come sai
l’anno scorso la Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di cattura per
Benjamin Netanyahu e l’allora ministro della difesa Yoav Gallant, per presunti
crimini di guerra e crimini contro l’umanità a Gaza. E contemporaneamente la
Corte Internazionale di Giustizia sta portando avanti un caso sollevato dal Sud
Africa che sostiene che Israele stia commettendo un genocidio a Gaza. Adesso la
guerra è finita o almeno speriamo che lo sia, ma come pensi che andranno a
finire questi casi?
MS:
Mio nonno mi aveva sempre detto di non fare profezie soprattutto riguardo al
futuro (JM sorride), una cosa però è sicura, la giustizia non arriverà
attraverso la giustizia israeliana, non solo per le vittime a Gaza ma nemmeno
per le vittime del 7 ottobre. Siamo a due anni dall’orrendo massacro del 7
ottobre con tutti i crimini commessi in quella data e non una singola persona è
stata incriminata per ciò che è successo, perché questo governo israeliano
intende creare una serie di commissioni nello stile di Guantanamo e introdurre
la pena di morte. Questo non porterà giustizia e sfortunatamente la mia carriera
è stata tentare di assicurare che il sistema di giustizia portasse giustizia ai
palestinesi e a quelli che vengono da comunità che non possono votare.
Ma la mia carriera è un completo fallimento in questo senso e io e i miei
colleghi abbiamo denunciato che Israele sta fallendo di continuo, non garantendo
alcuna giustizia. Nei fatti non sta fallendo, sta facendo esattamente quello che
il governo vuole che faccia quando si tratta dei palestinesi. Quindi abbiamo
tribunali come la Corte Internazionale di Giustizia, la CPI, abbiamo anche la
giurisdizione occidentale che significa processi penali all’interno di tribunali
di paesi stranieri e posso dire che la CPI si trova adesso in una situazione
molto difficile nel momento in cui l’amministrazione americana, il Presidente
Trump, ha imposto sanzioni sulla Corte a causa delle inchieste sui presunti
crimini israeliani ed è molto difficile vedere come questa Corte possa
effettivamente portare avanti il lavoro in un simile contesto.
Non vediamo alcun intervento da parte della comunità internazionale e dei poteri
occidentali e specialmente dalla Germania che è un attore molto importante
quando parliamo di legge internazionale e CPI: non vediamo dare alla CPI il
sostegno che le serve. Ma voglio dire una cosa come avvocato: l’ingiustizia non
evapora, rimane e contamina l’aria fino a che non facciamo qualcosa a riguardo.
Così può volerci del tempo ma prima o poi vedremo tutti quei casi di soldati che
si sono fatto dei selfie mentre facevano esplodere una qualche infrastruttura
civile… prima o poi gli verranno consegnati dei mandati di arresto, in questo o
quel paese.
Ma alla fine, se non ci sarà un serio processo in grado di dare giustizia per le
vittime, non saremo in grado di guarire perché per guarire serve la
ricostruzione, sicuramente a Gaza ma anche nelle comunità devastate della
striscia e del Negev occidentale. Serve l’indipendenza e la libertà che gli
israeliani hanno e i palestinesi no. Serve giustizia e la giustizia può arrivare
in forme diverse. Non deve per forza essere con procedimenti penali e qualcuno
dietro le sbarre; ma senz’altro è parte integrante della guarigione.
JM:
Concludo con una nota positiva e ti ricordo un altro pezzo che hai scritto su
Haaretz, una decina di anni fa. Hai scritto un articolo che è diventato famoso
ed è spesso citato, in quell’articolo avevi scritto: “Un giorno l’occupazione
finirà e probabilmente finirà in un colpo solo” e così proseguivi: “un giorno
l’occupazione finirà perché regimi di questo tipo non sono sostenibili, sono
destinati a cadere perché i regimi di repressione, quasi per definizione, sono
instabili”. Credi ancora in questo?
MS:
Ci credo al 100%. Lo ribadisco e voglio aggiungere due cose a riguardo
quell’articolo di opinione [..]: primo non ho dato una data su quando succederà,
secondo, non ho detto se sarebbe successo pacificamente o dopo una tragedia.
Quello che so è che i regimi di oppressione hanno bisogno costantemente di
aumentare l’oppressione. I regimi di oppressione non possono stare fermi, hanno
bisogno costantemente di mettere più forza, di essere più crudeli, di fare cose
più cattive. E questo è quello che abbiamo visto nei dieci anni che sono
trascorsi da quell’articolo che ho scritto.
Vediamo lo stato, il governo di Israele con la sua società… e a proposito: non
ho detto che gli israeliani sono complici, ho detto che sono responsabili di
tutti questi crimini e quello che stiamo vedendo è che, se non poniamo fine
all’occupazione, avremo bisogno di sempre più energia per mantenerla e ciò
comporta il nostro stesso adeguamento in quel processo. Qualcosa che una volta
era considerata un’aberrazione, diventa normale man mano che ci si abitua.
Quindi sì, resto positivo. Dico che l’occupazione – e aggiungo adesso anche
l’apartheid – finiranno. Tutto questo deve finire e finirà. E il nostro ruolo è
di fare tutto lo sforzo possibile, perchè questa fine avvenga pacificamente
invece che in una tragedia, come quella in cui stiamo già vivendo.
Centro Sereno Regis