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La politica della violenza e il futuro di Zohran Mamdani
Il tragico assassinio dell’attivista di destra Charlie Kirk ha scosso il panorama politico americano. Innanzitutto chiariamo una cosa: un atto di violenza del genere è assolutamente orribile e indifendibile. Come persona che crede profondamente nella nonviolenza gandhiana, lo condanno con la massima fermezza. Nessun disaccordo politico, per quanto profondo, dovrebbe mai sfociare in violenza fisica. La violenza non solo ruba una vita, ma danneggia anche la democrazia stessa. Ma una volta superato lo shock iniziale e il dolore, dobbiamo anche porci alcune domande difficili: come viene presentato questo crimine dai potenti mezzi di comunicazione e dai politici dell’establishment? E quale effetto potrebbe avere sul futuro di candidati progressisti come Zohran Mamdani, che ora è sotto i riflettori come serio contendente per la carica di sindaco di New York City? Da vittima a simbolo: la costruzione mediatica di Kirk Alcuni grandi media hanno già iniziato a elevare Kirk a figura simbolica, un martire dell’estrema destra, dipinto come un difensore quasi santo della “libertà” e dei “valori tradizionali”. Per una contorta ironia, coloro che hanno tratto il massimo vantaggio dalla politica divisiva e spesso incendiaria di Kirk ora stanno per ottenere ulteriori vantaggi politici dalla sua morte. Da morto, Kirk diventa più utile per loro di quanto non lo sia mai stato in vita. Il quadro è chiaro: Kirk è presentato come una vittima di una società che, secondo loro, è diventata “troppo radicale”, “troppo violenta” e “troppo intollerante”. Questa narrazione non è casuale, ma ha uno scopo ben preciso: associare l’ascesa della politica progressista al caos e alla violenza, indipendentemente da chi abbia commesso il crimine o quali fossero le reali motivazioni. La legge e l’ordine come arma politica L’establishment usa da tempo la retorica “legge e ordine” come arma politica. Da Nixon negli anni Sessanta a Giuliani negli anni Novanta, il tema è stato sempre lo stesso: la paura vende. Amplificando la criminalità – reale o esagerata – chi detiene il potere crea un senso di insicurezza tra la gente comune, che poi giustifica misure repressive e scoraggia la sperimentazione politica. In questo caso, l’assassinio di Kirk rischia di diventare l’ultimo strumento di questo arsenale. I leader progressisti come Mamdani, che parlano di giustizia economica, uguaglianza razziale e socialismo democratico, potrebbero essere dipinti come parte del problema: troppo “radicali”, troppo “indulgenti nei confronti della criminalità” o addirittura indirettamente responsabili di alimentare un “clima di violenza”. Nessuna di queste accuse avrebbe un fondamento fattuale, ma nel mondo della manipolazione mediatica, la percezione spesso conta più della verità. La sfida di Mamdani: rimanere fedele ai propri valori Zohran Mamdani è emerso come una rara voce di autentico socialismo democratico nella politica cittadina americana. La sua campagna per la carica di sindaco trova riscontro nei newyorkesi stanchi dell’aumento vertiginoso degli affitti, della crescente disuguaglianza e del controllo delle aziende sul governo cittadino. Tuttavia, proprio per questo motivo, l’establishment lo vede come una minaccia. All’indomani dell’assassinio di Kirk, la sfida di Mamdani sarà duplice. In primo luogo, dovrà prendere inequivocabilmente le distanze – insieme all’intero movimento progressista – da qualsiasi associazione con la violenza. Ciò è essenziale non solo dal punto di vista etico, ma anche politico. Deve ricordare ai newyorkesi che la tradizione della sinistra è radicata nella nonviolenza, nella solidarietà e nell’organizzazione di base, non nello spargimento di sangue. In secondo luogo, Mamdani deve smascherare l’ipocrisia dei politici dell’establishment e dei loro alleati nei media. Mentre versano lacrime di coccodrillo per Kirk, rimangono in silenzio sulla violenza sistematica: sfratti di massa, brutalità della polizia, profilazione razziale, detenzione degli immigrati, distruzione dell’ambiente. La violenza della povertà e della disuguaglianza uccide molte più persone di qualsiasi assassinio politico. Eppure quelle vittime raramente vengono trasformate in martiri nei programmi televisivi in prima serata. Questo danneggerà le sue prospettive? La domanda rimane: l’assassinio di Kirk danneggerà le possibilità di Mamdani di diventare sindaco? La risposta dipende in gran parte dall’efficacia con cui lui e i suoi alleati riusciranno a controllare la narrazione. Se prevarrà la visione dell’establishment, che dipinge i progressisti come radicali irresponsabili, allora Mamdani potrebbe davvero trovarsi in difficoltà. La paura, dopotutto, è un potente motivatore in politica. Ma se Mamdani riuscirà a spostare il dibattito sulla violenza strutturale più profonda della disuguaglianza e sui fallimenti della leadership dell’establishment, potrebbe neutralizzare la propaganda e persino uscirne più forte. In effetti, la storia dimostra che quando i progressisti rimangono radicati nella verità e nel potere della base, possono superare tali sfide. La chiave è non ritirarsi per paura, ma parlare con più coraggio del tipo di società che desideriamo costruire: una società basata sulla giustizia, la compassione e la sicurezza reale per tutti. L’assassinio di Charlie Kirk è una tragedia che non deve mai ripetersi, ma è anche un momento che rivela il cinico funzionamento dei media politici. Le forze dell’establishment stanno già utilizzando questo crimine per cercare di delegittimare la politica progressista. Il compito di Zohran Mamdani è quello di superare questa manipolazione, riaffermare il suo impegno per la nonviolenza e connettersi con i newyorkesi comuni sulle loro reali preoccupazioni: alloggi, lavoro, assistenza sanitaria, istruzione e dignità. Se riuscirà a farlo, nessuna manipolazione mediatica potrà far deragliare la sua campagna. Alla fine, saranno le persone a decidere se sarà la paura o la speranza a guidare il futuro di New York City. Riferimenti: ⁠Chomsky, Noam. Media Control: The Spectacular Achievements of Propaganda. Seven Stories Press, 2002. West, Cornel. Democracy Matters: Winning the Fight Against Imperialism. Penguin, 2005. Nixon, Richard. “Law and Order” campaign speeches, 1968 U.S. Presidential Election. Mamdani, Zohran. Campaign speeches and policy statements, 2024–2025. Gitlin, Todd. The Whole World Is Watching: Mass Media in the Making and Unmaking of the New Left. University of California Press, 1980. Herman, Edward S. and Noam Chomsky. Manufacturing Consent: The Political Economy of the Mass Media. Pantheon, 1988. Traduzione dall’inglese di Anna Polo Partha Banerjee
Zohran Mamdani, la violenza e il dibattito su “legge e ordine”
Le recenti sparatorie a Manhattan due settimane fa e a Brooklyn questa settimana hanno riacceso il familiare dibattito su “legge e l’ordine” nella politica newyorkese. Com’era prevedibile, le voci dell’establishment – il sindaco Eric Adams, l’ex governatore Andrew Cuomo e i loro alleati nei grandi media – si sono affrettate a presentare queste tragedie come una giustificazione per espandere i poteri della polizia. Il messaggio è vecchio quanto la politica americana stessa: in tempi di disordini sociali, gli elettori devono voltare le spalle ai riformatori e schierarsi con il pugno di ferro dello Stato di polizia. Per i progressisti come Zohran Mamdani, che ha coraggiosamente chiesto di ripensare il ruolo e il finanziamento della polizia di New York, questa narrativa rappresenta sia una sfida immediata che un’opportunità. L’establishment non perderà l’occasione di strumentalizzare la paura. Sosterrà che un “principiante” come Mamdani non è adatto al ruolo di sindaco in un momento di crescente violenza. Insisterà che ridurre il budget gonfiato della polizia di New York è un invito al caos e non affronterà mai le vere cause sistemiche della violenza: il facile accesso alle armi, l’aggravarsi delle disuguaglianze, la disperazione economica, l’insicurezza abitativa e l’alienazione dei giovani. La sua “ricetta” resterà la stessa: più potere alla polizia, più sorveglianza, più prigioni, più miliardi sottratti alle scuole, alla sanità, all’edilizia popolare e all’occupazione. Questo copione è ben collaudato. Ogni volta che i candidati dell’establishment si sentono con le spalle al muro, agitano lo spettro del disordine pubblico per respingere gli sfidanti progressisti. Lo abbiamo visto negli anni ’90, quando “tolleranza zero” è diventato lo slogan vincente. Lo abbiamo visto dopo l’11 settembre con il Patriot Act, una legge che ha sostanzialmente distrutto le libertà civili degli americani. E lo vediamo ora, con un budget della polizia di New York superiore a quello militare di molti Paesi, mentre le scuole pubbliche lottano per ottenere risorse e la crisi degli alloggi peggiora. L’establishment prospera sulla paura, perché la paura disorienta gli elettori e li spinge verso la falsa promessa di una sicurezza autoritaria. Per Mamdani la posta in gioco è alta. Non è solo un candidato, è anche il simbolo di una visione diversa per New York, una visione in cui le comunità non sono criminalizzate ma responsabilizzate, in cui i soldi pubblici sono investiti nelle persone invece che nella militarizzazione della polizia. Per sopravvivere e vincere, la sua campagna deve contrastare preventivamente la narrativa dell’ordine pubblico dell’establishment prima che questa attecchisca completamente. È una questione urgente. In primo luogo, Mamdani deve affrontare direttamente le sparatorie con empatia, chiarezza e convinzione. Deve riconoscere il dolore delle vittime e delle loro famiglie, insistendo sul fatto che la soluzione non può essere semplicemente “più polizia”. Deve ribadire con forza che la presenza della polizia non ha impedito queste sparatorie a Manhattan o a Brooklyn. Ciò che impedirà la prossima tragedia è frenare il flusso di armi a New York, affrontare la povertà e la disoccupazione e costruire programmi di prevenzione della violenza basati sulla comunità. In secondo luogo, la sua campagna dovrebbe evidenziare esempi in cui l’eccessiva presenza della polizia non è riuscita a garantire la sicurezza e contrapporli a iniziative guidate dalla comunità che hanno avuto successo. Ad esempio, i programmi Cure Violence, il tutoraggio dei giovani, i progetti di edilizia popolare e i servizi di salute mentale hanno tutti dimostrato una riduzione misurabile della violenza, senza i cicli di brutalità e sfiducia generati dalla politica del pugno di ferro. In terzo luogo, Mamdani deve rivendicare il linguaggio della sicurezza. Troppo spesso i progressisti cedono questo argomento ai conservatori, ma la sicurezza non è semplicemente l’assenza di criminalità; è la presenza di stabilità, opportunità e dignità. I quartieri sicuri sono quelli in cui i giovani hanno programmi doposcuola, i genitori hanno un lavoro stabile e le famiglie possono contare sull’assistenza sanitaria e sulla sicurezza abitativa. Riformulando il dibattito, Mamdani può dimostrare che la sua visione non è “morbida con la criminalità”, ma genuinamente dura con le cause profonde della violenza, spiegando alla gente che è così che funzionano oggi i Paesi avanzati di tutto il mondo. Infine, la sua campagna dovrebbe mobilitare gli alleati e le voci della comunità per parlare con coraggio di questo tema. I sopravvissuti, le organizzazioni di base, i leader degli immigrati e i newyorkesi comuni devono essere in prima linea e dire: “Vogliamo sicurezza reale, non esibizioni poliziesche”. Questa coalizione può smorzare la narrativa dell’establishment e ricordare agli elettori che lo status quo li ha più volte delusi. Le prossime settimane metteranno alla prova la campagna di Mamdani. L’establishment ha dalla sua parte il denaro, i media e la paura, ma Mamdani ha la gente, i principi e una visione di giustizia. Se la sua campagna riuscirà a trasformare questo momento di paura in una conversazione sulle soluzioni reali, potrebbe cambiare il dibattito non solo nel suo distretto, ma nella politica newyorkese in generale. E questo avrà un enorme impatto positivo in tutta l’America. Traduzione dall’inglese di Anna Polo, con l’ausilio di un traduttore automatico   Partha Banerjee