Gli occhi di Frontex sul Mediterraneo centrale
1. Da anni le attività di tracciamento di Frontex e la sua collaborazione con la
sedicente Guardia costiera “libica” sono oggetto di aspre
critiche anche all’interno delle istituzioni europee, ma nel frattempo questa
collaborazione nelle intercettazioni continua, e l’agenzia, che opera anche da
basi italiane e maltesi, viene continuamente rinforzata. Anche se dal 2013 sono
note le conseguenze dei respingimenti collettivi illegali verso la Libia operati
su delega delle autorità italiane ed europee, come denunciato da AMNESTY
International.
Un punto di svolta decisivo è stato costituito dal Memorandum d’Intesa tra
Italia e governo di Tripoli, firmato da Gentiloni nel febbraio 2017, nell’ambito
del quale si sono implementate e sviluppate le attività di sorveglianza aerea di
Frontex in collegamento con le autorità italiane, che hanno fornito motovedette
ed addestramento, e con la sedicente Guardia costiera “libica”. Fino al 2020
anzi una centrale di coordinamento libico operava di fatto con il concorso
essenziale degli assetti navali italiani dell’operazione NAURAS, nel porto
militare di Abu Sittah a Tripoli. Anche il governo maltese ha ricevuto il
supporto di assetti aerei Frontex ubicati nell’aeroporto di Luqa. La
missione Themis di Frontex, fortemente voluta da Minniti nel 2017, proseguiva
poi con Salvini, veniva rinnovata anche con il secondo governo Conte e con il
governo Draghi e risulta tuttora operativa.
Secondo un report pubblicato da IRPIMEDIA, nel corso del 2024, “le risorse di
Frontex hanno effettuato oltre 10.800 ore di volo, di cui oltre 6.200 relative a
operazioni con base a Malta e in Italia. La sorveglianza aerea di Frontex ha
rilevato un totale di oltre 33.000 migranti, di cui oltre 30.000 in mare”. La
stessa fonte riporta un articolo del sito Ares Osservatorio Difesa con
riferimento «al comando operazioni aeronavali di Pratica di Mare», ai
nuovi droni V-Bat in dotazione al corpo, e «al reparto di manovra aerea di
Catania del gruppo aeronavale di Messina e al reparto di manovra aerea di
Grottaglie del gruppo di Taranto».
Notizie che confermano la stretta collaborazione tra gli assetti Frontex e la
Guardia di finanza nelle attività di contrasto dell’immigrazione, che si
definisce “illegale”, sulle rotte dalla Libia e dalla Tunisia. Secondo quanto si
legge nel rapporto, “Alla fine del 2024, la sorveglianza aerea di Frontex sul
Mediteraneo era assicurata da dieci velivoli”…, “tra cui diversi Eagles e
Sparrows lanciati da Lamezia e Lampedusa”.
2. La suddivisione dei compiti tra Frontex e le autorità nazionali di controllo
appare chiara. L’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne opera
in stretto collegamento con le unità di coordinamento nazionali, facenti capo al
ministero dell’interno, ed è impegnata in prima linea nella scoperta e nel
tracciamento con droni e aerei delle imbarcazioni in navigazione nel
Mediterraneo centrale, anche in collegamento con le centrali di coordinamento
nei paesi di partenza e di transito, come la Libia e la Tunisia. Mentre spetta
alle autorità nazionali “ospitanti” la classificazione come evento migratorio
“illegale” o evento di ricerca e soccorso (SAR), l’avvio immediato, in
quest’ultimo caso, delle attività di salvataggio, anche con il coinvolgimento di
unità civili, e l’assegnazione del porto di sbarco (POS) in un luogo sicuro, con
l’avvio delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale.
Una ricerca assai ben documentata, del gruppo LIMINAL dell’Università di Bologna
pubblicata da Altreconomia a ottobre dello scorso anno, ha confermato il
coinvolgimento dell’agenzia Frontex nei respingimenti collettivi in mare
delegati ai libici ed ai tunisini, peraltro già rilevato nel 2022 da una
precedente ricerca di Human rights watch (Hrw) dal titolo “Airborne complicity”.
Nel frattempo l’accesso ai dati delle operazioni di tracciamento in mare delle
imbarcazioni salpate dalla Libia e dalla Tunisia veniva sottoposto a crescenti
limitazioni, in quanto la loro diffusione avrebbe potuto compromettere il buon
esito delle attività di contrasto dell’immigrazione “illegale”.
3. Già nel febbraio del 2024 il direttore di Frontex Hans Leijtens ammetteva che
in almeno in 2.200 casi, tra il 2020 e il 2023, la posizione delle imbarcazioni
era stata inviata alla Guardia costiera libica. Come si continua a verificare
ancora oggi, in misura presumibilmente ancora maggiore, se si leggono bene le
dichiarazioni dei rappresentanti di governo che continuano ad individuare nella
collaborazione con le diverse entità libiche la principale ragione del successo
di quello che viene definito impropriamente come “blocco delle partenze”.
Anche se in molti casi questo termine, smentito dai fatti, si traduce nella
intercettazione in acque internazionali e nella riconduzione violenta di persone
vulnerabili nei centri di detenzione variamente ubicati e gestiti in territorio
libico. Intercettazioni altrettanto violente, secondo la stessa dinamica del
sistema internazionale di contrasto dell’immigrazione “illegale” si sono
verificate sulla rotta tunisina, e sono aumentate dopo la stipula nel 2023 del
Memorandum UE-Tunisia. Le partenze non si sono mai fermate, in realtà, ma il
numero delle vittime, in termini percentuali, è aumentato.
La ricerca del gruppo LIMINAL ha dimostrato come “Frontex nasconde
i pullback” classificando le numerose operazioni di intercettazione in mare come
“prevenzione delle partenze”. Un dato che rende del tutto inattendibili i numeri
sul “blocco delle partenze” forniti dal ministero dell’interno anche quest’anno,
in occasione della tradizionale conferenza di Ferragosto.
Un Rapporto di Statewatch dello scorso anno confermava la stretta collaborazione
di Frontex nelle operazioni di respingimento collettivo (pushback) delegate alla
sedicente Guardia costiera libica, chiamata ad intervenire dopo ogni
avvistamento di imbarcazioni cariche di migranti in navigazione verso le coste
italiane. Un attività di polizia internazionale che appare in contrasto con
il Regolamento europeo n.656/2014, che antepone la salvaguardia dei diritti
umani e l’esigenza di garantire lo sbarco in un porto sicuro (POS- Place of
Safety) alle attività di contrasto dell’immigrazione “illegale”, in
collaborazione con autorità che non garantiscono neppure il diritto alla vita e
praticano sistematicamente trattamenti inumani e degradanti e detenzioni
arbitrarie.
4. Piuttosto che subire condanne, malgrado denunce ben circostanziate, Frontex
continua a ricevere un forte supporto politico ed economico dalla Commissione e
dal Consiglio, ed è passata all’attacco di tutti coloro che ne hanno denunciato
l’operato, chiedendo addirittura risarcimenti economici, dopo che la Corte di
Giustizia dell’Unione europea, non riconoscendo alcuna responsabilità per i
respingimenti collettivi illegali su delega operati su segnalazioni diffuse
dall’agenzia, ha offerto una ennesima copertura alle operazioni svolte
dall’Agenzia nel Mediterraneo, in collaborazione, oltre che con le autorità
italiane, con le autorità libiche e tunisine.
Anche la Corte Penale internazionale che sta indagando sui crimini contro
l’umanità commessi in Libia ai danni delle persone migranti non ha ancora
adottato provvedimenti che comportino l’interruzione delle attività di
tracciamento in acque internazionali dei barconi carichi di migranti, non ai
fini del soccorso, ma della collaborazione con libici e tunisini “per bloccare
le partenze”.
Nel 2025, secondo l’OIM Libia, più di 14.000 persone sono state intercettate e
respinte forzatamente in Libia (aggiornamento del 5 agosto 2025). Nel 2024 erano
21.762. Questo numero è stato inferiore nel 2023, quando 17.190 persone sono
state intercettate in mare e respinte in Libia. In questo contesto sono state
bloccate con un provvedimento di fermo amministrativo adottato dall’ENAC, le
attività di monitoraggio aereo dei mezzi del soccorso civile, che in passato
avevano contribuito a salvare migliaia di vite, e si stanno rafforzando i
sistemi di cooperazione con i libici delle diverse fazioni e con la Tunisia per
un ulteriore” blocco delle partenze”. Un “blocco” che si realizza anche
cancellando le tracce delle imbarcazioni segnalate ai libici ed ai tunisini, o
perdute nelle acque del Mediterraneo centrale.
Malgrado questo monitoraggio sempre più assiduo, e malgrado i “successi” nel
blocco delle partenze, le imbarcazioni cariche di migranti continuano ad
affondare, senza che nessuno le veda, magari proprio quando sono al limite delle
nostre acque territoriali, in zona SAR italiana. In questi casi ci sono i corpi
delle vittime, e la disperazione dei parenti, ma in pochi giorni anche questo
dolore, ormai insopportabile per pochi, viene rimosso. E gli occhi di Frontex
continuano a vigilare “a difesa dei nostri confini” e della nostra “sicurezza”.
5. Ormai uomini, donne, bambini che annegano sulla rotta libico-tunisina non
fanno più notizia, anche perchè non devono intaccare la propaganda governativa
secondo cui, con il calo degli “sbarchi”, sarebbero diminuite le vittime . Nel
2024 il rischio di perdere la vita sulla rotta è stato pari a 1 caso ogni 40
arrivi (era stato di 1 ogni 63 nel 2023)
Mentre l’opinione pubblica dominante, con i suoi macabri commenti anche di
fronte a questa ultima tragedia in mare, sembra dare ragione all’azione di
governo, rimane documentato e prova incancellabile di responsabilità, che il
tempo non potrà cancellare, anche se verrà apposto il segreto militare e se
verranno intimiditi gli ultimi giornalisti indipendenti, il coinvolgimento
costante di Frontex nelle attività di sorveglianza aerea nel Mediterraneo
centrale.
Attività che risultano in stretto collegamento con gli apparati militari e di
sicurezza dei paesi ospitanti, e che comportano un intenso flusso di dati verso
paesi che non garantiscono i diritti umani. Fino a quando le persone non
finiscono in acqua, e se non raggiungono il limite delle acque territoriali, per
Frontex e per le autorità italiane si tratta soltanto di eventi di immigrazione
illegale, da monitorare a distanza, senza intervenire immediatamente.
Anche se mancheranno, o verranno occultate, le prove per un accertamento di
responsabilità in sede penale o davanti agli organi della giustizia
internazionale, sono queste le ragioni profonde delle stragi che si continuano a
ripetere sulle rotte dalla Libia e dalla Tunisia. Nessuno, davvero nessuno,
potrà dire “io non sapevo”.
Fulvio Vassallo Paleologo