Pisa, 2 agosto 2025: Intervento Osservatorio tavolo sulla guerra alla Festa Nazionale CARC
In pochi minuti non riusciremo a costruire un intervento esaustivo e il rischio
di toccare innumerevoli punti in maniera generica ci spinge alla sintesi scritta
e forse un po’ schematica del nostro intervento.
* Veniamo da un anno di mobilitazioni diffuse contro la guerra? Si e no,
veniamo da un anno in cui il tema della guerra è particolarmente gettonato
anche per fini elettorali. Non sta a noi esprimere giudizi trancianti, ma è
innegabile che siamo arrivati a tanti appuntamenti con anni di ritardo,
mentre decine di migliaia di civili morivano sotto i bombardamenti
israeliani, vittime di un genocidio sostenuto da una parte dell’occidente che
nasconde l’evidenza dei fatti e scambia l’antisionismo con l’antisemitismo.
Ci dovremmo chiedere perché settori politici con una storia documentata di
antisemitismo oggi difendano invece, a livello mondiale, l’operato del
Governo di Israele. La nostra impressione è che sul tema della guerra si
giochino innumerevoli equilibri politici e anche in questa festa abbiamo
toccato con mano come alcuni schieramenti ampi a livello nazionale finiscano
con il predisporre in fieri un cartello elettorale che alla fine svilirà la
mobilitazione stessa contro la guerra. Per queste ragioni pensiamo di debba
guardare alla realtà in maniera oggettiva e non pensare che esistano
coscienze, sensibilità e mobilitazioni, quelle realizzate non sono
all’altezza della situazione sempre che si voglia perseguire l’obiettivo
della uscita della guerra dall’Italia inclusa la partecipazione attiva al
riarmo, alla riconversione dell’industria, il sostegno ad Israele, l’impulso
dato dal Governo e dalle parti datoriali allo sviluppo di tecnologie duali.
* Il problema non è rappresentato dalle piazze, ma soprattutto dalla reiterata
volontà di piegare la mobilitazione ai classici interessi di bottega. Ci
verrebbe da chiedere all’area di USB la ragione per la quale separare le
piazze a Roma o a Camp Darby, ma poi ritrovarsi d’amore e d’accordo con molti
dei soggetti politici dai quali si erano divisi. Il problema non è l’unità ad
ogni costo, ma lo diventano i contenuti e le prospettive ed è su queste che
urge misurarci evitando di riproporre dinamiche da social forum che dopo il
G8 di Genova hanno palesato innumerevoli contraddizioni travisando quello
spirito unitario che su alcuni argomenti, come insegna la mobilitazione negli
anni ottanta, dovrebbe essere il nostro faro guida
* Per noi ci sono alcuni argomenti dirimenti, il primo riguarda la
riconversione della ricerca e della produzione da fini civili e militari. Per
decenni abbiamo abbandonato il tema e oggi, con i venti militaristi che
soffiano impetuosamente, in ogni paese UE alcune aziende dell’indotto
meccanico sono già ristrutturate per la produzione militare con l’assenso del
sindacato. E quanto è accaduto in questi giorni con la Iveco dovrebbe indurci
a considerare il problema come dirimente
* Le mobilitazioni sindacali contro la guerra hanno raccolto pochissimi
consensi, per mero realismo guardiamoci i dati delle adesioni agli scioperi e
una volta tanto riflettiamoci perché la stragrande maggioranza del popolo
italiano sarà anche contrario alla guerra ma fa ben poco per contrastarla a
parte manifestazioni, lo stesso ragionamento vale per il boicottaggio dei
prodotti israeliani e per la cultura di guerra che ritroviamo invece
onnipresente nelle scuole di ogni ordine e grado
* Ci sono fin troppe realtà che eludono la questione della NATO, anche in
settori antagonisti si può essere contrari alla guerra, alla costruzione di
nuove basi ma di fatto evitare ogni riferimento all’ampliamento delle basi e
infrastrutture militari all’ombra della NATO e degli USA. Il caso Toscano è
emblematico e per noi rappresenta non solo una contraddizione ma un limite
oggettivo come dimostra alla fine il sostegno di tanti cittadini accordato
alle opere di compensazione
* Per il giorno 4 novembre l’Osservatorio contro la militarizzazione delle
scuole e delle università ha avanzato la proposta di sciopero perché questa
data non è solo simbolica, ma emblematica della strisciante e perdurante
presenza del militarismo nelle scuole, nell’università, di un coacervo di
interessi scientifici ed economici a ruotare attorno a guerra, tecnologie
duali, alla cultura della prontezza e della resilienza con cui ormai
sviluppano quotidiane narrazioni unidirezionali. Il giorno 11 agosto una
assemblea aperta con le realtà del sindacalismo di base affronterà il tema
della mobilitazione del giorno 4 novembre noi siamo consapevoli che questo
anno servirà una mobilitazione diffusa e non solo uno sciopero contro quella
che si preannuncia la Finanziaria contro la guerra, abbiamo appreso che ci
sarà anche una manifestazione nazionale il giorno 8 novembre promossa al
campeggio in Valle. Poi avremo lo sciopero nazionale a cui il sindacalismo di
base ha iniziato a lavorare. Ma sia ben chiaro, almeno per noi, che il
problema non è rappresentato dalla fuga in avanti di date ma da un percorso,
le realtà contro la militarizzazione di porti, aeroporti e ferrovie sono
ancora troppo deboli, subiranno anche gli interventi legislativi atti a
limitare, se non proprio ad impedire, il diritto di sciopero, hanno già
risuscitato l’obbligo di segretezza attorno a tutto ciò che sia
identificabile come militare obbligando i lavoratori e le lavoratrici alla
riservatezza. Qui entrano in gioco i codici di fedeltà aziendali contro i
quali poco è stato fatto nel recente passato. Eppure questi codici dovrebbero
aiutarci a capire il loro legame con il pacchetto sicurezza contro il quale
intere aree si sono mobilitate a poche settimane dalla approvazione in
Parlamento dello stesso. E se la storia qualcosa insegna dovrebbe indurci a
non ripetere gli stessi errori e a cercare sui temi reali una convergenza a
partire dalla lettura che diamo della realtà con iniziative reali atte ad
allargare la mobilitazione contro la guerra e a quella logica del nemico
interno ed esterno che accompagna i processi di militarizzazione con un
effettivo restringimento degli spazi di libertà, di democrazia e di
partecipazione. Ed è con questo auspicio che vi salutiamo.
Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università